Il Club Vai! e la rivoluzione della Sgambettata: quando correre divenne un fatto popolare
7 Settembre 2025 - 09:00

Dal piccolo gruppo di ragazzi degli anni settanta al boom dei cinquemila partecipanti: Santa Maria Capua Vetere capitale del podismo amatoriale
SANTA MARIA CAPUA VETERE (Pietro De Biasio) – Ci sono rivoluzioni che nascono lontano dai riflettori, quasi per caso. Così accadde a Santa Maria Capua Vetere, nella primavera del 1976, quando un manipolo di ragazzi iniziò a correre per le strade all’alba. All’epoca sembravano figure eccentriche: chi correva era visto con sospetto, se non con ironia. Eppure da quelle uscite improvvisate nacque il Club «Vai!», un’avventura che avrebbe cambiato la città e segnato un’intera stagione dello sport popolare casertano.
Il 9 maggio 1976, festa della mamma, la prima edizione della «Sgambettata»: 911 iscritti, un fiume umano che nessuno aveva previsto. Un numero che già conteneva il seme della rivoluzione. Bastarono pochi anni perché l’iniziativa diventasse una festa di popolo. Nel 1981, il record: cinquemila partecipanti da tutta Italia, con Santa Maria Capua Vetere trasformata, per un giorno, nella capitale nazionale del podismo amatoriale. Il Mattino scrisse di «un evento capace di abbattere barriere sociali e generazionali, una corsa che univa la città».
Dietro quei numeri c’era una visione precisa. Gli slogan del Club erano già un manifesto: «Sport per amore dello sport», «Occasione di impegno per l’ecologia». Correre non era solo allenare il corpo: significava riscoprire i luoghi, educarsi al rispetto dell’ambiente, fare cultura. Non a caso i premi non erano coppe anonime, ma riproduzioni di reperti archeologici, come le celebri «Giocatrici di dadi», ottenute con fatica dal prestigioso British Museum. Il Club «Vai!» non fu mai solo corsa.
Le prime riunioni si tenevano nel salotto di casa Iodice, poi la sede si spostò al palazzo Morelli in corso Garibaldi. Da lì partivano idee, iniziative, battaglie civili. Nacque la sezione «Storia e Cultura Locale», che organizzò mostre fotografiche e raccolse oltre 10.000 firme per l’apertura del Museo Archeologico cittadino.
Ogni evento intrecciava sport, turismo e tradizioni popolari, creando una rete sociale che anticipava di decenni la moderna idea dello sport come motore di comunità. Nel 1983 arrivò la sfida più visionaria: la «100 km dei Gladiatori». Partenza a mezzanotte, venti ore per completare il percorso. Una gara estrema, che trasformava la città in una piccola Olimpia. Le cronache raccontano di un’atmosfera suggestiva: «Alle 23, tra torce accese e applausi, Santa Maria Capua Vetere sembrava vivere un rito antico, uomini e donne lanciati nella notte verso un viaggio senza certezze». Non era solo sport, era un modello sociale.
Dopo 48 ore di lavoro no-stop per allestire la «100 km» e la «Sgambettata», erano gli stessi soci a ripulire le strade, con scope e buste, restituendo la città in ordine. Un gesto semplice ma eloquente: lo sport come educazione civica. Chi c’era ricorda ancora quello che veniva chiamato lo «stile Vai!»: amicizia, passione, organizzazione meticolosa e tanta goliardia. Al centro di tutto c’era lui, Giovanni Iodice, il «Prof», l’uomo che non aveva bisogno di medaglie per lasciare il segno.
La sua storia parte proprio da Santa Maria Capua Vetere a metà anni settanta, quando correre per strada era visto quasi come un vezzo da sognatori. La sua visione, allora, sembrava un’utopia: «Riusciremo a cambiare la mentalità della gente?» scriveva nel 1976, in occasione della prima «Sgambettata». Eppure da quella domanda è nata una rivoluzione silenziosa. Con il Club «Vai!», il Professore seppe trasformare un piccolo gruppo di ragazzi che sgambettava alle prime luci dell’alba in un movimento che contagiò intere generazioni.
Ma la grandezza di Iodice non stava nei numeri. Stava nella capacità di dare alla corsa un valore educativo e sociale. «Sport per amore dello sport, recitava lo slogan, piacere di camminare, marciare o correre, occasione di impegno per l’ecologia». Dietro c’era un’idea semplice e rivoluzionaria: lo sport come strumento di cittadinanza, di rispetto per l’ambiente, di riscoperta della storia locale. Già nel 1976 si chiedeva: «Riusciremo a cambiare la mentalità della gente?».
La risposta arrivò dai fatti: da quella domanda nacque una rivoluzione silenziosa che trasformò il podismo in un fenomeno popolare, ben oltre i confini della città. La prima puntata della nostra storia si chiude qui: con una Santa Maria Capua Vetere che, nel giro di pochi anni, seppe passare dallo scetticismo alla consacrazione come capitale del podismo amatoriale. Ma, come accade nelle grandi avventure, il meglio doveva ancora venire.