IL FOCUS AVERSA. La “gentil farfalletta” Federica Turco vola di lista in lista, con il buon Luciano Sagliocco ad inseguirla non con il retino ma brandendo un bancomat. Vispa Teresa aiutaci tu
17 Luglio 2020 - 23:04
AVERSA (Gianluigi Guarino) – inVincenzo De Luca, in una delle sue tante esternazioni cabarettare, incontenibili e incontinenti al punto che ormai non si capisce realmente chi sia il comico e chi il politico, l’uomo di governo tra lui e Maurizio Crozza, ha rispolverato un’antica, quanto celeberrima filastrocca per bambini, scritta più di un secolo e mezzo fa da Luigi Sailer, uno che potremmo paragonare ad uno di quei cantanti meteora dei giorni nostri, che imbroccano un pezzo da super hit, salvo scomparire totalmente nell’oblio.
Nella sua similitudine immaginifica di tipo evocativo, il governatore ha cambiato i connotati alla leader di Fratelli D’Italia Giorgia Meloni, definendola “La vispa Teresa”.
Una battuta che non ha completato percorso com’è dalla famelica frenesia di farne subito un’altra, in questa sorta di orgia onnivora delle parole e delle immagini offerte in pasto al popolino, in modo che questo.conservi, di lui, sempre l’idea di un gran macho e dunque di un gran leader.
Per rispetto della storia di questo Paese, infatti, se uno scomoda la vispa Teresa che, con rispetto parlando della “poesia maggiore”, si è guadagnata un posto nel Pantheon della letteratura italiana, insidiando finanche la reputazione della Donzelletta leopardiana, avrebbe dovuto chiarire l’identità della gentil farfalletta. Anche perché in questo modo, completando la filastrocca, avrebbe sdoganato la matrice fascista, trinariciuta della Meloni che, da vispa Teresa avrebbe liberato la farfalletta, guadagnandosi il premio della bontà, della gentilezza e della tenerezza, con buona pace dei “boia che mollano”, di quelli “che se ne fregano” e via così con gli slogan che il fascismo ha mutuato e non certo inventato.
Ma se l’ossesso salernitano ha disertato, noi, allora, che ci stiamo a fare? Ormai esiste una filologia di Vincenzo De Luca che ci piace sviluppare e coltivare ogni giorno. Immersi in questa frequentazione, abbiamo finito per assomigliare al personaggio di “sindrome di Stoccolma” e ora rischiamo di trasformare le critiche, il disprezzo per le tante parole vacue pronunciate dal governatore in questi ultimi mesi, in una sorta di affetto tipico di chi abita dentro ad una storia conflittuale e si accorge, dopo un po’ di tempo, di aver vissuto tanto assieme alla persone a cui si oppone , da costruire con essa una sorta di empatia.
E allora gliela diamo noi una mano a De Luca a colmare l’evidente lacuna della sua citazione. Ce l’abbiamo proprio in stiva una farfalletta a portata di mano. Ha i leggiadri tratti di Federica Turco, tanto stimata e sostenuta da Luciano Sagliocco, finito in una sorta di bolla incantata che lo induce a credere a una sorta di miraggio che lo definisce come un determinatore di strategie quando, in realtà, lui, le strategie, le subisce, le avalla e forse le finanzia pure, diventando una sorta di bancomat messo a disposizione delle ambizioni immorigerate dell’ex vicesindaca, che fu tale grazie ai molti voti di preferenza raccolti alle elezioni vinte di Enrico De Cristofaro, frutto fondamentalmente della mobilitazion attivata di Luciano “bancomat” Sagliocco.
Nelle ultime settimane, altro che gentil farfaletta, la Turco ha volato con il ritmo di una rapsodia da un petalo all’altro, da un partito all’altro, da una lista all’altra. Siccome i sondaggi danno vincente De Luca, la prima cosa che ha fatto è stata quella di mollare Alfonso Piscitelli, il quale ha fatto una cosa da specie in via di estinzione, da vera e propria foca monaca, nel momento in cui ha abbandonato il sicuro, cioè l’uomo che probabilmente vincerà le elezioni, per abbracciare quella che per lui è, evidentemente, la sostenibile leggerezza del rischio, visto e considerato che per essere eletti nel centrodestra, qualora questa coalizione dovesse soccombere, occorreranno molti voti di preferenza e anche un significativo contributo dato dal consenso di opinione a favore del partito della vispa Teresa, al secolo Giorgia Meloni.
La Turco disegna la sceneggiatura, fa credere a Luciano Sagliocco che il capo sia lui, ma in realtà quest’ultimo si adegua. Certi meccanismi e certe idee si vanno affinando con il trascorrere dei giorni. Si è passati dalla stravagante idea di candidare la Turco in coppia con Francesco Sagliocco, consigliere comunale e figlio di Luciano, nella strana lista di Campania Popolare, quella del pluri-indagato e pluri -imputato Pasquale Sommese, anche lui passato dal carro del centrodestra, in cui ha svolto per anni il ruolo di assessore regionale, a quello del centrosinistra, che oggi può garantire quanto meno la conservazione di un brandello di potere che sempre meglio di niente è. Pasquale Sommese non sarà candidato ma schiererà suo figlio. Luciano Sagliocco è stato portato alla sua corte da mister Enzo Marrazzo, un nome ed un cognome che apparentemente non dicono nulla ma ben conosciuti dai professionisti del corridoio regionale. Oggi ricopre un incarico in un ente di sottogoverno a Salerno e la famiglia Sagliocco la conosce dai tempi in cui in Regione c’era l’ottimo Peppino.
Con il passare delle settimane, persino il buon Lucky ha capito che quel seggio sicuro a Campania Popolare in provincia di Caserta era una balla posta al servizio delle necessità elettorali coltivate dal figlio di Sommerse nella circoscrizione di Napoli..
E allora, sempre motorizzato gentil farfallina, Lucky ha cominciato a battere pure lui le ali, andando un giorno da Nicola Caputo, un altro giorno da Masturzi, un altro giorno ancora da qualche altro capo-bastone deluchiano. L’ultima, proprio fresca di svolazzo, racconta di un febbrile stormir di ali verso il fiore più accattivante, più generoso e più prodigo di munifiche promesse di doni agognati. Ieri sera, fonti bene informate raccontavano, infatti, di una Federica Turco candidata nella lista di De Luca, quella che le consentirebbe di far campagna elettorale, di militare nientepopodimenoche nella stessa squadra di Olga Diana e di Giovanni Innocenti. UInsimma, il coronamento di una carriera, una prospettiva esaltante che sicuramente onorerebbe la storia di Peppino Sagliocco rispetto alla quale, sin dal primo giorno, sin dal patto scellerato stretto con Enrico De Cristofaro, il fratello Luciano si è posto in maniera anticiclica. E così, del lascito politico di Peppino Sagliocco non c’è più traccia visibile, ma solo qualche rimasuglio, che non ha però nulla a che vedere con un’elaborazione politica degna di quella che è stata la sua storia.
La maggior parte di questa eredità si è volatilizzata in occasione delle già citate elezioni comunali 2916, che si conclusero con la vittoria del centro destra e di Enrico De Cristofaro e con il movimento di Noi Aversani, fondato proprio dallallora sindaco, ottenne una lusinghiera affermazione elettorale. In quel caso, l’eredità di Peppino Sagliocco consentì al movimento Noi Aversani, che aveva fondato qualche anno prima di morire, di raccogliere un lusinghiero risultato.
Lusinghiero per gli altri ma non per il sottoscritto, che, con il corpo di Peppino, di cui aveva raccolto le ultime confidenze , seppellito da pochissimo tempo, colse nella decisione del fratello Luciano di allearsi con l’allora presidente dell’ordine degli Architetti, un tradimento materiale, ma soprattutto morale, visto e considerato che, ad esequie fatte, le ragioni di un pragmatismo quasi pornografico, da sempre uno dei tratti dominanti della genetica politica nostrana, sopravanzarono e poi annullarono, ripetiamo a pochi mesi di distanza, dalla morte di Peppino Sagliocco, quella che era una ragione forte, ancora potentissima, che a pochi mesi da quella morte avrebbe dovuto indurre Noi Aversani ad allearsi persino con il diavolo, ma non con colui che aveva attaccato, ma soprattutto, fatto attaccare personalmente l’allora sindaco creando un clima velenoso attorno a un sindaco già molto malato, amareggiandogli non poco gli ultimi mesi di vita.
Torniamo alla gaiezza del campo in fiore e alla gentil farfallina, la sua candidatura la proietterebbe in una campagna elettorale, che le servirebbe a costruire una posizione che poi dovrebbe, in teoria, mettere a disposizione di Francesco e Luciano Sagliocco.
Dalla morte di Peppino sono trascorsi 54 mesi. Le azioni, le decisioni che oggi Luciano Sagliocco può assumere sul posizionamento politico di Noi Aversani, movimento che da un paio d’anni non dà, in tutta franchezza grandi segnali di vitalità, possono benissimo non dipendere più da quelle ragioni poco politiche, ma possente mente morali, che Luciano Sagliocco avrebbe dovuto difendere nel frangente nelle elezioni del 2016 dato che del fratello si piangeva la scomparsa da pochissimo tempo, lo ripetiamo per l’ennesima volta. Ogg, dopo ,54 mesi è giusto valutare il radicamento alla memoria in termini esclusivamente politici. In questa chiave osserviamo il dinamismo (ok facciamo i bravi e chiamiamolo dinamismo) della Turco, di cui già si era vista traccia al tempo delle Universiadi. Noi scrivemmo un articolo franco, esprimendo il nostro punto di vista su quella nomina di sottogoverno, molto significativamente remunerata, ricevuta dalla Turco.
Apriti cielo: lei piantò un casino celebrando il classico rito casertano dell’intercessione e dunque girando, come si dice, “torno torno” affinché la posizione di Casertace nei suoi confronti si modificasse, come se questa fosse stata offensiva e non già plasmata dal valore democratico dellai critica politica, ancorché arcigna, come se quel nostro articolo fisse stato determinato da umoru personali e non dal merito tutto politico di un episodio, che al tempo ritenevamo giornalisticamente interessante.
Non continuammo ad occuparci di quel argomento, ma rimanemmo con il dubbio sulla matrice d’origine della nomina.
La Turco, dall’autunno scorso, è andata a lavorare fuori, ci dicono in Toscana. Ma non ha mai abbandonato l’idea di occuparsi di politica attiva. L’ ha fatto sfoggiando una carta di identità di una giovane donna, che si esprime però con una mentalità tipica di certi giovani casertani e aversani che si cimentano in politica, somigliante a quella di un ottantenne scafato e rotto a tutte e esperienze. Dopo quei giorni, pensammo molto di meno a quella vicenda, anche se ogni tanto frullò nella testa del sottoscritto, l’idea che Federica Turco cercasse strutturalmente, sistemicamente di conquistare un posto al sole utilizzando lo stesso metodo che le aveva permesso, sin dal momento in cui riuscì a farsi votare compattamente da tutto il movimento di Noi Aversani, al tempo molto più cospicuo nei numeri e nella partecipazione, di puntare alla carica di vicesindaco di De Cristofaro.
Quando Luciano Sagliocco è andato a parlare con Mastuzzi (un po’ chiacchierato ma uno di cui De Luca si fida ciecamente), vi si è recato, probabilmente, con l’incoraggiamento, forse addirittura con l’imprimatur o forse ancor di più “addirittura” insieme, in presenza, come si usa dire in questi tempi di coronavirus, di Nicola Caputo.
Lì si è discusso di una sola cosa: la candidatura, in una delle liste del centrosinistra, in quota Noi Aversani. Nel discorso con Mastuzzi come in quello più ampio con la coppia improbabilissima Enzo Marrazzo-Sommese, è esistita, in proposito, sempre una costante, mentre il figlio Francesco è stata sempre solo una variabile. Insomma non c’è mai stata un’ipotesi diversa da quella di Federica Turco, comunque da candidare e che oggi, evidentemente, riesce ad essere molto più determinante nella definizione delle scelte di Luciano Sagliocco rispetto a quanto lo fu con Giuseppe Sagliocco che, dopo una buona accoglienza iniziale, si raffreddò nei suoi confronti, valutandola in pratica, troppo vecchia più che esprrts e troppo scaltra per l’età che aveva e dalla quale si attendevano ben altri slanci, soprattutto in termini di contenuti.
Se oggi Peppino Sagliocco fosse stato vivo, la Turco avrebbe potuto candidarsi solo con i suoi voti e i suoi soldi.
Peppino Sagliocco possedeva una grande intelligenza. Un’intelligenza di corteccia cerebrale, sulla quale poi ha innestato tante altre qualità. La corteccia ti permette di leggere al di là delle parole scritte e di vedere al di là dei comportamenti esteriori.
Chissà se nella testa di Luciano Sagliocco e del figlio Francesco alberghi ancora qualche pensiero che li porti a ragionare un attimo su quello che avrebbe fatto il fratello, lo zio Peppino in una situazione del genere. Non perché a ciò Luciano Sagliocco sia obbligato, ma semplicemente perché quello lì era il fratello e aveva una testa importante che anche da morto potrebbe continuare a dargli una mano, a fornirgli un sentiero da percorrere.
E la farfalletta dov’è finita? E qui dobbiamo cambiare il finale, rispolverando per la Meloni stivaloni e camicia nera. Non ce ne vogliail buon Luigi Sailer, che una cosa nella vita ha scritto e noi ce la “stroppiamo” pure, ma qui la vispa Teresa Meloni deve ridiventare fascistissima mente spietata e risolvere diversamente lat sua riflessione, deve riformare la decisione di conservare in vita l’implorante farfallina.
La vispa Teresa e la “fu” farfalletta