IL REGALO DI CASERTACE. Ecco la nostra stima dei voti e dei seggi, partito per partito
18 Settembre 2020 - 21:45
Completiamo stasera, a poche ore dalla chiusura della campagna elettorale, un lungo lavoro di studio e di analisi dei dati, iniziato negli ultimi giorni del mese di giugno
CASERTA (a cura di Gianluigi Guarino, Luigi Repola e Maria Concetta Varletta) – Dalla teoria alla pratica: eravamo debitori, con i nostri lettori, di un’applicazione concreta delle tante cose che abbiamo spiegato nelle 4 puntate del lungo focus dedicato, tra luglio e agosto, alla complicatissima illustrazione della legge elettorale con la quale i prossimi domenica e lunedì saranno eletti il nuovo governatore e 50 consiglieri regionali.
Dunque, bando alle premesse.
I candidati, gli addetti ai lavori, i vari collaboratori, tirassero un bel sospiro e attrezzassero la propria mente a un ragionamento ordinato, perché altrimenti matureranno convinzioni erronee.
LE PRIME MOSSE PER CALCOLARE BENE VOTI E SEGGI E LA BASE DELLE NOSTRE STIME PERCENTUALI PER OGNI LISTA – Il parametro numerico da cui partiamo è quello delle elezioni regionali 2015.
Non è improbabile che stavolta l’affluenza sarà minore, causa Covid, ma in un ragionamento serio da qualche parte si dovrà pur partire, e quello del 2015 è un numero concreto, reale, autentico.
Il nostro ragionamento parte, dunque, solo e solamente dalla cifra di 2.277.154, che sono i voti espressi validamente, cioè al netto delle circa 70mila
Stiamo parlando dei voti validi relativi alle liste, perché poi ce ne erano altri che riguardavano solo il consenso attribuito singolarmente ai candidati presidenti. Ma siccome il governatore si elegge con il sistema maggioritario puro, cioè vince chi prende un voto in più dei suoi concorrenti, ce ne possiamo benissimo fregare anche della cifra dei voti validi computati per i candidati governatori.
A noi gli occhi, please, avrebbe detto Gigi Proietti.
Il primo strumento di lavoro è il cosiddetto quoziente regionale, che si ricava dal rapporto tra i 2.277.154 voti validi e i 50 consiglieri regionali eletti.
In verità, i consiglieri sono 51, ma l’ultimo seggio va al presidente vincente per diritto maggioritario e dunque non per effetto del proporzionale. Ve l’abbiamo scritto adesso e non lo ripeteremo più.
Ipotizziamo che, come nel 2015, il quoziente regionale sia pari a 45.543,08.
Il secondo passaggio è rappresentato dall’indicazione del numero di voti che ogni lista, presa singolarmente, conquista sul piano regionale. Stavolta, modifichiamo e attualizziamo l’ipotesi, magari andando a pescare qualche previsione realizzata nelle scorse settimane dalla statistica istituzionale, non pronunciando quella parolina che la più demenziale legge del mondo impedisce di pronunciare (ci riferiamo alla cosiddetta par condicio, buona per un popolo di dementi quali siamo stati considerati e veniamo considerati dai nostri governanti), negli ultimi 15 giorni della campagna elettorale, unico caso sul pianeta Terra.
Attenzione, però, quelle previsioni sono una base di valutazione, perché interrogano le campionature riferendosi al nome della lista.
Ora, può essere anche che, a tre settimane dal voto, cioè nel momento in cui queste stime sono state realizzate, la composizione di tutte le citate liste abbia cominciato af incidere sulle risposte della stima, ma non completamente. Per cui, nella nostra valutazione, non saremo tanto fessi da accreditare Italia Viva dell’1,5%, indicato dalla stima, semplicemente perché, se mettiamo insieme Santangelo, la Martino, candidata di Nicola Caputo, la Zagaria, Smarrazzo, Adriano Telese, “li fanno” già loro i voti che valgono più della metà di quei 39mila che, secondo queste stime, vengono attribuiti nell’intera Regione al partito di Renzi.
Siccome noi non siamo nati ieri e, avrebbe detto Totò, abbiamo fatto il militare a Cuneo, e dunque sappiamo come si fanno i voti di preferenza alle elezioni regionali, Renzi lo valutiamo tra il 4,5 e il 5%, pari a 113.857 voti.
Ipotizziamo che il PD raggiunga il 15% a livello regionale, il che equivale precisamente a 364.344 voti. Qualcosa in meno rispetto a cinque anni fa, tenendo conto che le liste a sostegno di De Luca sono sensibilmente aumentate di numero.
Sempre guardando a queste stime statistiche, attribuiamo a De Luca un boom, quindi un 8%, pari a 250.486 voti.
Discutendo in questi giorni con Giosy Romano, uomo navigato, giustamente ottimista ma non un fanfarone, ci diceva che lui e i De Mita, con la lista Fare Democratico-Partito Popolare, puntano a raggiungere la cifra di circa 80mila voti, cioè il 3%.
Questa struttura numerica rappresentativa di un’ipotesi di consenso, assegna molto presumibilmente, la vittoria al centrosinistra. Questo non avverrebbe solo se De Luca fosse colpito improvvisamente da quei portaseccia che lui evoca qualche volta, al punto da riportare un voto personale inferiore del 10% rispetto a quello delle sue liste.
E non andiamo avanti perché è inverosimile. Con queste percentuali, dunque, vince De Luca, ma si può anche dire che il medesimo non maramaldeggia, cioè non prende quei voti (ma la nostra per il momento è solo una deduzione empirica di esperienza) che consentono alla sua maggioranza di conquistare un numero di seggi superiore a 30.
Dunque, qual è il problema? Bisogna attribuire queste 30 poltrone. Si applica il cosiddetto metodo D’Hondt e qui fanno irruzione sulla scena i cosiddetti divisori fissi, che poi non sono altro che l’indicazione singola di ognuno dei seggi attribuiti alla maggioranza.
LA FONDAMENTALE DETERMINAZIONE DELLA “CIFRA DI MAGGIORANZA” E IL METODO D’HONDT – Prima cosa da fare è sommare i voti assoluti, quindi non percentuali, della coalizione vincente. Lo abbiamo fatto noi: sono 1.079.371. E qui inizia la filastrocca nota agli addetti ai lavori di questa diavoleria del metodo D’Hondt: 1.079.371 diviso 1. Ancora, 1.079.371 diviso 2, 1.079.371 diviso 3 e così via. La determinazione dei quozienti può portare le liste collegate al presidente eletto, anche ad una cifra superiore al minimo previsto di 30 eletti. La legge infatti stabilisce che alla maggioranza andranno seggi pari a una cifra tra il 60 e il 65% di tutti i consiglieri regionali. Ma affinchè questo capiti, il governatore vincente dovrà aver raggiunto quantomeno la percentuale del 65%.
In poche parole, se ricorrerà questa coalizione, i consiglieri di maggioranza eletti non saranno 30, ma 31 o addirittura 32, più il presidente, 33. Beninteso, questo sistema di applicazione del D’Hondt vale per la coalizione vincente, che estrae il suo dividendo dalla somma dei voti raccolti su scala regionale da tutti i partiti (o liste) che la compongono.
Diverso è il ragionamento per le liste dei candidati presidente perdenti ma che comunque hanno i requisiti per partecipare alla ripartizione, cioè l’essere collegati ad un aspirante governatore che ha superato quota 3% nel caso di una sola lista a sostegno del candidato presidente.
Anche le opposizioni vengono definite attraverso l’applicazione del metodo D’Hondt, ma in questo caso (e abbiamo capito che sono state migliaia le versioni differenti nella determinazione del dividendo nella storia di questo sistema, dal 1877 ad oggi) la cantilena diviso 1,2,3… si fa per ogni singola lista, diversamente per come funziona con chi ha vinto. Siccome non possiamo scrivere la Summa Theologica, ci portiamo un passo in avanti rispetto a calcoli effettuati da noi con il metodo D’Hondt sulle percentuali che vi abbiamo presentato e tenendo conto del quoziente elettorale regionale fissato a 34.818 voti.
UNA PRIMA ATTRIBUZIONE DEI SEGGI A OGNUNO DEI PARTITI IN LIZZA – Lo schema di ripartizione dei seggi a livello regionale è il seguente: il 15% del Pd si esprime attraverso 341.573 voti, che valgono 9 seggi pieni. E se moltiplicate il quoziente elettorale per 9, vedrete che la cifra intera è proprio 9, in una sorta di contro prova aritmetica.
La nostra simulazione assegna un 8% alla lista di De Luca, pari a 182.172 voti. Questo produce 5 seggi pieni. Il 4% di Campania Libera dà 91.086 voti, ovvero 2 seggi pieni. Il 5% di Italia Viva equivale a 113.857 voti, ovvero 3 seggi. Fare Democratico-Popolari, col suo 3%, esprime 68.314 voti, cioè 1 seggio pieno. Noi Campani, col suo 3,5% ha 79.700 voti, pari a 2 seggi. Nel computo dei seggi pieni abbiamo già attribuito 22 seggi su 30. Altri 8 vanno quindi attribuiti con i resti.
L’1,2% attribuito ai Socialisti equivale a 27.326 voti, con un quoziente di 0,785. Più Europa, attestato all’1,1%, arriva a quota 24.498 voti, pari a un quoziente di 0,719. Leu, col suo 1,5%, produce 34.157 voti, 0,981. Centro Democratico, anch’egli con il 1,5%, produce 34.157 voti, 0,981.
Un attimo di attenzione. Noi abbiamo attribuito un 3,6% a tutte le altre liste del centrosinistra che andrebbero però, esaminate una per una, per capire se all’interno del gruppo ci siano una o due liste in grado di essere competitive per partecipare alla fase di ripartizione dei seggi residui, fino ad arrivare a 30 (stiamo parlando sempre della maggioranza), con il metodo dei Migliori Resti. Ad esempio, si parla molto della lista di Sommese, alla quale stime del centrosinistra accreditano un seggio. Ma andiamo per ordine, perchè questa cosa di Sommese la riprenderemo in una fase successiva del nostro focus.
I PRIMI PASSI PER IL CALCOLO DEI RESTI – E’ fondamentale a questo punto introdurre anche la parte decimale dei numeri i quali, nella loro parte intera esprimono invece, come abbiamo appena scritto, i seggi pieni. Il PD, da un punto di vista aritmetico, non ha infatti 9 seggi bensì 9,810; De Luca 5,232; Italia Viva 3,270, Noi Campani 2,289; Fare Democratico 1,962 e Campania Libera 2,612. Questi millesimi, (9),810 eccetera, vanno messi in concorrenza con i millesimi espressi dalle liste non in grado di raggiungere l’unità e quindi non in grado di esprimere un seggio pieno.
Seconda e definitiva struttura del riparto dei seggi: il migliore dei resti calcolati è quello di LeU con 0,981. Stesso numero per Fare Democratico-Popolari. Il terzo resto più grande lo esprime Fare Democratico, 1,962. E ancora, il quarto miglior resto è del PD, 9,810; seguono i Socialisti con 0,785; poi c’è +Europa con 0,719. Segue Campania Libera con 2,612 e chiude Noi Campani con 2,289.
Sarebbero questi gli 8 resti che si andrebbero ad aggiungere ai 22 seggi pieni che si riscontrano nella tabella dei quozienti venuta fuori dall’applicazione del metodo D’Hondt di coalizione per quanto riguarda la maggioranza e rispetto ad ogni singola lista per quanto riguarda le compagini sconfitte ma comunque abilitate a partecipare al riparto.
Abbiamo scritto prima che stime del centrosinistra, assegnano a Campania Popolare (ma a noi questa cifra non quadra granchè), che per il momento abbiamo inglobato nel computo complessivo delle “Altre Liste” date al 3,6%, con l’1,7%, che equivale a 38.711 voti vale a dire un quoziente di 1,112. Quindi, Campania Popolare prenderebbe il 23esimo seggio pieno della coalizione di De Luca, riducendo a 7 quelli da attribuire con i resti. Va da sé che ciò, nella nostra simulazione, equivarrebbe a tagliare un seggio a Noi Campani, che passerebbe da 3 (2 pieni + 1 resti) a 2, conquistati con il numero intero. Però, ripetiamo, sulla questione Sommese non possiamo mettere la mano sul fuoco.
Partiamo con le montagne russe: le “iniezioni” di maggioritario nel metodo proporzionale D’Hondt, ovvero chi guagagna e chi perde seggi. Come si diceva, il metodo D’Hondt sfila una vera e propria corona di quozienti.
CON IL PROPORZIONALE PURO FINIREBBE CON UN 25 AL CENTROSINISTRA E 25 TRA CENTRODESTRA E GRILLINI, MA… – Se ti scordi per un attimo che nella legge elettorale c’è anche una significativa iniezione di Maggioritario verranno fuori, dalla divisione tra il risultato di maggioranza, cioè la somma dei voti della coalizione vincente, e i vari divisori fissi, 25 quozienti seggi da attribuire alle liste dalla coalizione vincente. Che per quello che abbiamo visto sono i 22/23 pieni più 3/2 frazionali, frutto dei migliori resti nel tabellone complessivo dei quozienti del dato aggregato, di coalizione dei vincenti e del calcolo su ogni singola lista per quanto riguarda i perdenti.
Gli altri 25 se li dividerebbero la minoranza di centrodestra e quella di 5 Stelle. Quindi, in consiglio ci sarebbero 25 voti per il centrosinistra più quello del presidente, 26 e 25 voti delle opposizioni. Però, siccome c’è il premio di maggioranza e la base costitutiva dello stesso è rappresentata dal fatto che il candidato presidente che raccoglie anche un solo voto in più dei suoi concorrenti conquista sicuramente almeno il 60% dei consiglieri regionali, avviene la compensazione.
Pur non essendo tra i primi 50 nella classifica dei quozienti, frutto, da un lato, della divisione tra il risultato della maggioranza e i divisori fissi e, dall’altra, dalla divisione, nel caso delle coalizioni perdenti, tra il risultato di ogni singola lista e i divisori fissi, vengono ripescati. In poche parole, si vanno a prendere i 5 migliori quozienti della coalizione vincente, al di là del 50esimo, e si aggiungono al 25. Dall’altra parte, i peggiori 5 quozienti delle minoranze all’interno dei 50 vengono depennati. Detto così, non diciamo che sembra semplice, ma insomma forse si capisce. Ma questa legge elettorale in salsa napoletana, non ha fatto prigionieri, come si suol dire e allora vedrete che questo è solo il primo metodo di recupero dei seggi nel premio di maggioranza perchè ce ne possono essere, se ricorrono talune eventualità, anche altre.
Nel caso della nostra stima, i 5 seggi in più da aggiungere al centrosinistra (non attribuibili in questa fase ad alcun partito, proprio perché il D’Hondt per la maggioranza usa il numero complessivo della coalizione) saranno frutto del sacrificio di 5 candidati che sul piano della pura applicazione del metodo Proporzionale risultavano eletti. Nel nostro caso, 2 li perderebbero i 5 Stelle, 1 a testa per Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, in modo da arrivare ad una rappresentanza di 20 consiglieri regionali di minoranza.
Dopo aver formulato l’ipotesi di ripartizione dei seggi su scala regionale del centrosinistra, non dando però certezze sulla parte da attribuire con il premio di maggioranza e dunque con un ulteriore utilizzo dei resti, veniamo alla simulazione di ripartizione riguardante le coalizioni perdenti.
LA NOSTRA STIMA SUI SEGGI CHE CONQUISTERANNO LE LISTE DEL CENTRODESTRA E QUELLA DI 5 STELLE – Alla luce di questo, nella nostra simulazione la Lega conquisterebbe 3 seggi pieni ed 1 grazie ai resti, dunque 4 complessivamente. Fratelli d’Italia 5 seggi pieni, Forza Italia 2 seggi pieni, più uno con i resti e fanno 3. La lista Caldoro, con questi voti stimati, non conquisterebbe nessun seggio pieno ma avrebbe un resto molto alto, vicinissimo all’unità, in grado di garantirgliene uno. Per quanto riguarda 5 Stelle, il suo 16,8% produce 6 seggi pieni e con molto probabilità un altro con i resti, quindi 7. Il totale fa 20.
IL DESTINO DEL “MIGLIOR PERDENTE” – Ma se il discorso del maggioritario, per quanto riguarda il governatore vincente, è forte ed evidente, qualcosa di esso entra anche nel discorso riguardante la minoranza. La legge elettorale, infatti, come abbiamo scritto mille volte, individua tra tutti i candidati alla massima carica, “il miglior perdente”, che è il secondo classificato nella sfida elettorale per l’elezione diretta del governatore. E il miglior perdente ha lo stesso privilegio del nuovo presidente di regione.
Solo che il governatore aggiunge il suo seggio, che diventa il 31esimo, ai 30 già attribuiti con il Proporzionale corretto con il Maggioritario, mentre il miglior perdente lo ruba, integrandolo alla quota di 20 consiglieri, ma sostituendolo all’ultimo quoziente buono della sua coalizione. alla lista che esprime l’ultimo quoziente valido, cioè il 20esimo che viene scalzato dal presidente miglior perdente. Da questo punto di vista, la situazione è un po’ più nebulosa, anche se in linea di massima, guardando un po’ i quozienti dei presumibili seggi della coalizione, questa poltrona di diritto al migliore dei perdenti dovrà essere concessa dalla Lega, oppure da Forza Italia oppure dalla stessa lista Caldoro. Non da Fratelli d’Italia che avendo conquistato 5 seggi pieni e un resto millesimale basso, non partecipa, secondo i numeri della nostra stima, alla ripartizione in consiglio regionale attraverso la conta dei Migliori Resti. Per capirci, se il miglior perdente dovesse essere CAldoro, lui andrebbe ad occupare, tenendo conto dei numeri che abbiamo fornito, il 13esimo ed ultimo seggio dela coalizione di centrodestra. Se dovesse esere invece la Ciarambino, lei andrebbe a togliere il seggio al settimo ed ultimo eletto della lista del suo Movimento, compensando però in qualche modo la cosa cedendo il seggio che presumibilmente conquisterà da semplic candidata al consiglio regionale, essendosi riservata la postazione di capolista nella circoscrizione di Napoli, proprio perchè, temendo di non poter essere la miglior perdente, vuole garantirsi comunque un posto in consiglio.
Fin qui arriva la stima verosimile, visto che queste percentuali sono la media di tante cose viste e lette nell’ultimo mese. Saremmo perfettamente in grado di svolgere una simulazione anche per ripartire provincia per provincia i seggi assegnati grazie al metodo D’Hondt corretto con il maggioritario su scala regionale. Perché una cosa sia chiara: inutile che vi avventuriate a far calcoli partendo direttamente dai voti provinciali, isolandoli dal contesto complessivo dell’aggregato regionale e dal confronto con i numeri usciti nelle altre circoscrizioni, perché perdete assolutamente tempo.
LE CIRCOSCRIZIONI PROVINCIALI – Il problema è che queste nostre stime, frutto di numeri realmente venuti fuori nell’ultimo mese, diventano impossibili e anche poco serie se queste cifre regionali le traduciamo in cifre provinciali. Si potrebbe anche fare il giochino di 5 numeri, la cui somma diviso 5, ti dà esattamente, ad esempio, il 15% che abbiamo attribuito al PD.
E allora, istruzioni per l’uso: lo facciamo solo per comprendere come si ripartiscono i seggi e utilizziamo convenzionalmente le stesse percentuali complessive regionali adattandole, su scala provinciale, ai singoli partiti e alla coalizione vincente. Il punto fondamentale è il seguente: nel computo dei resti va riapplicato lo stesso concetto che vale per quelli regionali. Ma in questo caso conta di più, perché in pratica neutralizza il vantaggio demografico di una provincia sull’altra. Dunque, il confronto dei resti, che avviene rapportando quelli di ciascun partito nelle province, sarà di tipo percentuale e questa verrà effettuata fino al millesimo.
A livello provinciale, il discorso dei quozienti frutto della divisione tra il numero di maggioranza, cioè dei voti raccolti da tutta la coalizione a livello regionale, per i divisori fissi del metodo D’Hondt, non esiste. Non esiste perché non serve. Sul piano aggregato, infatti, il dividendo era costituito dal voto di coalizione per un semplicissimo motivo: controllare il numero di seggi assegnati ai partiti del governatore vincente per poter fare una sola operazione, cioè correggerli così che il principio del maggioritario fosse rispettato. Dunque, prendendo ad esempio la provincia, si considerano i voti validi complessivi e si dividono per i seggi che per i famosi quozienti demografici (ricordate luglio con il bene che ti voglio e le nostra faticosissime puntate del focus?) a Caserta sono 8, aggiungendovi un’unità. Lo stesso si fa a Napoli, con i 27 seggi da assegnare, +1, 28; a Salerno con 9+1=10; ad Avellino 4+1=5 e a Benevento 2+1 uguale 3. Queste divisioni produrranno altrettanti quozienti provinciali o detti anche circoscrizionali.
IL QUOZIENTE CIRCOSCRIZIONALE DI CASERTA – Tornando su Caserta, prendendo (come abbiamo fatto in questa simulazione) i voti validi di 5 anni fa, 373.920, diviso 9, abbiamo 41.546,6 come quoziente circoscrizionale. Stabilito il numero provinciale, si va a dividere la cifra raccolta a Caserta per il quoziente circoscrizionale e contano i seggi pieni. In campo ci sono 26 liste, ma probabilmente ci accorgeremo che 4 di loro, non potranno concorrere per la storia del limite del 3%, e dunque ne prenderemo 22. Quindi, si faranno 22 divisioni che ci daranno altrettanti quozienti di partito a livello di provincia. Uscirà fuori un numero sicuramente decimale che può contenere, come può anche non contenere, un numero intero. Se ce l’ha, quel numero intero esprime i quozienti pieni ed un eletto sicuro, che sarà il più votato tra i candidati della lista in questione. Se invece il numero inizia con zero virgola, il seggio pieno non si darà. E’ chiaro che se la somma dei numeri interi arriva ad 8, cosa di solito difficile, il discorso dei resti provinciali non si mette in mezzo (una salvezza per chi, come noi, racconta le elezioni). In caso contrario, la cifra di otto sarà raggiunta con i resti.
IL COMPUTO DEI RESTI PROVINCIALI E IL VALORE PERCENTUALE – E qui si applica la seguente formula. Il resto finale, quello che conta, non è in numero assoluto, bensì, per garantire la rappresentanza delle province più piccole, con un numero percentuale, cioè relativo. Si estrapola il resto espresso da ciascuna lista provinciale, frutto della divisione dei voti raccolti dalla stessa lista, per il quoziente circoscrizionale (ripetiamo Caserta 2015: 41.546,6); si moltiplica, poi, questa cifra decimale (perché il pieno non ci serve più) per 100 e si divide per il numero di voti validi complessivamente espressi nella circoscrizione (Caserta 2015: 373.920). Questi saranno i resti percentuali che ogni lista provinciale metterà in gara in un confronto fratricida interno con gli stessi resti percentuali calcolati per la stessa lista in ognuna delle altre 4 province. Naturalmente questo vale anche per le liste che come cifra intera hanno il fatidico 0, quindi senza seggio pieno.
Abbiamo dunque i seggi pieni, abbiamo il metodo con cui riempire la capienza di 8 a Caserta, 27 a Napoli e così via. Esempio: se Forza Italia, al netto dei seggi pieni spettanti, dovesse avere un altro seggio in quella ripartizione dei Migliori Resti a livello regionale, prenderà nel confronto fratricida il resto percentualizzato, contestualizzato demograficamente, il migliore tra i 5 nelle altre province, a condizione che in quella data circoscrizione non sia stato raggiunto il numero massimo di seggi da assegnare che a Caserta, ricordiamo sono 8.
L’INDIVIDUAZIONE DEI RIPESCATI E DEGLI ESCLUSI GRAZIE AL PREMIO DI MAGGIORANZA – Attenzione, però, ricordate quando abbiamo scritto che un calcolo puro proporzionale dà di solito un risultato che dovrà essere corretto con un numero dato fisso tipico del premio di maggioranza? E qui dobbiamo ritornarci, perché questo calcolo provinciale, non può non essere figlio del calcolo a livello regionale del Metodo D’Hondt, per cui è molto probabile che risultino, per un partito, più o meno seggi rispetto a quelli che dovrà prendere per effetto della correzione maggioritaria. Per cui, noi abbiamo scritto che la composizione maggioritaria avviene attribuendo 5 seggi in più alla coalizione vincente, rispetto al calcolo Proporzionale, e specularmente 5 in meno alle perdenti. Ma abbiamo anche stimato che 2 di questi seggi li perderebbero 5 Stelle, uno a testa Lega, FI e Lista Caldoro. Ma come è successo per tutti gli altri numeri a livello regionale, non si è potuto ancora stabilire in quale o in quali delle 5 province, i grillini devono donare il sangue di due eletti tagliati e in quali delle 5 province FI, Lega e Caldoro Presidente dovranno, a loro volta, posare su un tavolo un seggio che il matematico fiammingo gli aveva attribuito.
Qui il sistema è quello raccontato nella quarta puntata del nostro focus, pubblicata a cavallo di Ferragosto. Partiamo, ad esempio, da 5 Stelle che deve cedere due poltrone. La legge elettorale sancisce che il primo da cedere verrà sottratto nella circoscrizione o provincia dove 5 Stelle avrà conquistato più seggi. Inutile dire che già oggi possiamo ritenere che la provincia in questione sarà Napoli. Lì cadrà la testa dell’ultimo degli eletti, attraverso l’applicazione del D’Hondt senza correzione maggioritaria. Il tapino, dal punto di vista aritmetico, rientra nei 50 seggi da assegnare, ma viene cacciato fuori perché quei 50 devono diventare un po’ proporzionali e un po’ maggioritari, attraverso il premio di maggioranza. Il secondo seggio sarà perso dai grillini nella circoscrizione in cui ha preso, a parità di seggi, il numero minore di voti in valore assoluto. E qui l’idea che i 5 Stelle perdano il seggio, eventualmente conquistato a Benevento, è tutt’altro che peregrina. Per quanto riguarda, invece, Forza Italia, Lega e Lista Caldoro, essendo solamente uno il seggio da mollare, si applicherà solo la regola della circoscrizione in cui hanno raccolto più seggi e quindi, con molta probabilità, l’ultimo degli eletti teorici a Napoli, con il Proporzionale Puro, per ognuno di questi tre partiti, dovrà rimanere a casa.
Questi seggi dovranno essere attributi, grazie alla simulata vittoria di De Luca, alla coalizione vincente. E’ ovvio che i 5 ripescati si associno a quozienti residuali inferiori all’unità. Si ricorre alla classifica dei quozienti regionali decrescenti dei resti di ognuna delle liste della coalizione vincente. Sapete quanti quozienti saranno? Settantacinque, essendo 15 liste a supporto di De Luca e 5 le province in Campania. Una volta che questi 75 quozienti residuali si hanno davanti, si devono leggere provincia per provincia. Se a Caserta, ad esempio, sono stati assegnati 7 seggi su 8, l’ottavo sarà rappresentato dal resto, cioè dal quoziente residuale, più alto nella tabella e lo stesso si farà nelle altre circoscrizioni.
Può capitare che nel rapporto dei numeri fissi demografici da assegnare inderogabilmente ad ogni provincia, rimanga qualcosa fuori. Ad esempio, Caserta ha già assegnato l’ottavo seggio e dunque non c’è capienza. Si utilizzerà un ulteriore metodo di ripescaggio, perché sicuramente ci sarà qualche lista che non avrà raggiunto il numero di seggi spettanti, attraverso la ripartizione proporzionale, corretta dal Maggioritario. Per cui, ad esempio, se a Noi Campani va attribuito ancora un seggio che non è stato possibile assegnare, si andrà a vedere in quale circoscrizione la lista da soddisfare avrà riportato il numero di voti più alto in misura assoluta. I consiglieri regionali partenopei, che hanno ispirato questa legge elettorale, avrebbero potuto scrivere “si prende a Napoli” e avremmo fatto prima. Ora, è anche probabile che il numero assoluto non risolva il problema ma per un motivo certo di tipo aritmetico, ci sarà un numero assoluto riportato dalla lista nelle 5 circoscrizioni in cui quel seggio verrà finalmente attribuito.
LEGGE ELETTORALE PARTE 1
LEGGE ELETTORALE PARTE 2
LEGGE ELETTORALE PARTE 3
LEGGE ELETTORALE PARTE 4