Il RETROSCENA. Pasquale Zagaria scarcerato per una vocale in più di un indirizzo mail. Altro che complotto, è uscito a causa del solito burocrate demente

1 Maggio 2020 - 10:13

Ricostruiamo analiticamente i diversi momenti delle due settimane che hanno sputtanato ancor di più, qualora questo risultasse possibile, il funzionamento degli uffici del Ministero di Grazia e Giustizia

CASAPESENNA(g.g. e m.v.) In tutta onestà, qui di complotto o di manine più o meno invisibili oppure ancora di interventi sotto traccia da parte di servizi più o meno segreti legali o deviati, noi, che pure un pò di esperienza in queste cose l’abbiamo maturata, non ne vediamo.

Studiando meglio la cronologia degli eventi verificatisi, o meglio, non verificatisi, tra il 9 aprile e il 23 aprile, data in cui il tribunale della sorveglianza di Sassari ha deciso di scarcerare Pasquale Zagaria “Bin Laden”, fratello di Michele Zagaria e mente economica del clan dei casalesi, siamo arrivati ad una conclusione che non emozionerà i cuori dei tanti appassionati del complottismo, del deviazionismo, delle verità nascoste all’italiana, ma che, a nostro avviso, non rappresenta un fatto meno grave, con una gravità attutita dall’inafferrabile, felpata, silenziosa presenza di un altro virus, questo sì, cronico ed inguaribile: il burosauro è un mostro che saccheggia l’esistenza di milioni e milioni di italiani e che fiacca anche le motivazioni vive e più tenaci. Il mostro non ha fatto una piega e, del covid-19, se n’è mostruosamente infischiato.

Anzi, mentre il virus mangiava la vita e la salute di centinaia di migliaia di persone, lui, il burosauro si è addirittura tonificato, rafforzato. Tutto il paese si è fermato, il covid ha bloccato il mondo fuorchè la burocrazia italiana che ha continuato il lavoro di strage, che ha assunto una sadica e originalissima configurazione in quanto consumato sulla scia di quello messo in opera dal covid-19.

Di casi da citare, che dimostrano questa evidenza, ce ne sarebbero tanti. Forse, però, quello di Pasquale Zagaria, per l’impatto emotivo che ha generato in considerazione dello spessore criminale del personaggio coinvolto, assume una cifra di emblematicità tale da rappresentare l’esempio degli esempi.

E allora, rimettiamo insieme gli anelli della catena di quelle due settimane e vi renderete conto anche voi che Massimo Giletti non ha ragione quando fa balenare lo scenario torvo di una trattativa larvatissima tra lo Stato e le alte gerarchie criminali che delinerebbero le carceri (LEGGI QUI).

Al contrrario, secondo noi, qui siamo di fronte ad una maladettissima, stupidissima, consuetissima storia di mala burocrazia.

9 aprile – Nel tribunale di Sorveglianza di Sassari si tiene l’udienza sull’istanza di scarcerazione di Pasquale Zagaira e i giudici chiedono al Dap di segnalare gli istituti penitenziari che possano garantire il proseguimento delle cure;
11 aprile – I giudici di Sassari inviano questa richiesta al Dap;
14 aprile – L’ufficio del Dap contatta il carcere di Sasari e chiede la cartella clinica del detenuto;

16 aprile – Nuova udienza sulla scarcerazione di Zagaria, rinviata al 23 aprile;

22 aprile – Il Dap sta cercando di capire se Zagaria possa essere curato nell’ospedale di Cagliari o nel carcere di quella città o a Parma, Roma o Viterbo, dove si trovano penitenziari attrezzati sanitariamente;
23 aprile – Il Dap chiede al carcere di Sassari di cercare un posto a Viterbo o Roma. E’ troppo tardi, Pasquale Zagaria, quello stesso giorno, esce dal carcere.

Come potete notare, il Dap che è un organismo ministeriale anzi un pezzo importante del Ministero di Grazia e Giustizia, si è comportato, allineandosi allo standard medio di un ufficio pubblico di quello che viene, con ambigua ironia, chiamato il Belpaese.

Ed è sbagliato prendersela con il giudice di Sorveglianza, il quale, un rinvio, finalizzato allo scopo di facilitare l’arrivo di quella documentazione che lui aveva chiesto al Dap e che dal Dap non arrivava ancora, l’ha fatto. E’ successo il giorno 16 aprile. In quella giornata, la Sorveglianza di Sassari ha rinviato l’udienza al 23, ritenendo impossibile che in una settimana il Dap potesse ancora ritardare l’attivazione della procedura per individuare la struttura carceraria munita di una area sanitaria in grado di curare la grave patologia di cui soffre Pasquale Zagaria.

E invece, no. Solo il 23 aprile ed essendo, riteniamo, il Dap all’oscuro che quello era il giorno in cui il giudice di Sorveglianza avrebbe dovuto per forza decidere senza poter ricorrere ad un altro rinvio, che avrebbe leso i diritti umani di Pasquale Zagaria ed il diritto alla difesa dei suoi interessi da parte degli avvocati, ripetiamo, solo il giorno 23, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria ha formalizzato la richiesta al carcere di Sassari di cercare, per Pasquale Zagaria, un posto nel carcere di Rebibbia a Roma o in quello di Viterbo. Penitenziari sanitariamente attrezzati come nuovi luoghi di detenzione  per Pasquale Zagaria e su cui era ricaduta la scelta del ministero.

Emerge poi un particolare, che pure potrebbe essere utilizzato dal partito dei complottisti: le mail spedite dal Dap sono finite in un binario morto. Non sono arrivate da nessuna parte, perchè sono state inviate ad un indirizzo sbagliato. C’era, infatti, una vocale in più.

Certo, i complottisti sono tali perchè ritengono che esistono menti superiori, luciferine, in grado di muoversi in questa maniera, con il pieno controllo dei tempi e dei fatti, cavalcati e dominati attraverso furbizie non compromettenti.

Ma noi, sapendo bene come funzionano gli uffici pubblici in questo paese e sapendo ugualmente bene quanta impreparazione, quanta indolenza abiti al loro interno, riteniamo che un coglione qualsiasi, cioè il solito burocrate demente, abbia mandato quelle mail senza porsi il problema di effettuare un coscienzioso riscontro sul fatto che queste fossero realmente arrivate a destinazione. Perchè, per il burocrate demente e, dato che ci troviamo, anche ignorante, non c’è alcuna differenza tra il signor criminale Mario Rossi e il signor Pasquale Zagaria “Bin Laden”, l’uomo di punta del clan dei casalesi, cioè dell’organizzazione criminale che negli anni 80, 90 e nei primi 2000, ha occupato una delle 5 prime posizioni tra le organizzazione mafiose più temibili al mondo.

Per cui, la faccenda poteva essere affrontata con una certa calma, con molta calma dal burocrate demente a cui qualcuno, magari il senatore Lino Banfi del film “Quo vado?“, ha regalato una scrivania. Badate bene, non una scrivania del Ministero delle Attività produttive o delle risorse agricole, ma di quello della Grazia e della Giustizia, nel quale ben dovrebbero conoscere la differenza che passa tra il borseggiatore Mario Rossi e Pasquale Zagaria “Bin Laden”, uomo che ha mosso un miliardo di euro. Un fiume di danaro proveniente dalle infinite pratiche criminali di quella vera e propria holding della malavita chiamata clan dei casalesi.