Interdittiva antimafia a NESTORE, ma nelle gare ASL comanda sempre la CAMORRA. Decine e decine di dipendenti senza stipendio. Se lasciati soli, andranno (giustamente) a chiedere lavoro ad altre imprese vicine al clan

11 Ottobre 2022 - 12:30

Dalla fine di agosto non vedono più un euro, ma soprattutto non vedono un futuro. Se le istituzioni, a partire dai quei tre signori che comanda la struttura sanitaria di Caserta, non si faranno carico del problema, recuperandoli con un’occupazione nitida, trasparente, non potranno fare altro che bussare alla porta delle molte cooperative, ancora sopravvissute alle interdittive antimafia, a partire da quelle dei signori Gennaro Bortone e Maurizio Zippo, che hanno preso il testimone da Capriglione nelle Rsa e negli ospedali, cioè personaggi pesantemente indagati per gli identici motivi per cui lo sono Pasquale Capriglione, Luigi Lagravanese e co.

CASERTA (g.g.) – Come sempre, ci rimetteranno sempre i più deboli, stretti in una morsa tra un’impresa che per anni è rimasta a galla, nonostante fosse chiacchieratissima e avesse già in passato vissuto momenti di grande tensione dentro alle procedure finalizzate ad interdittiva antimafia, e l’indifferenza di alti burocrati (alti nel senso del loro stipendio, non certo in quello dell’efficienza e della dedizione nei confronti di doveri professionali che sono scritti solo sulla carta) dell’Asl di Caserta.

Per i pochi che non conoscono l’argomento, ricordiamo, anche in quest’articolo, ci muoviamo dentro alla cornice definita dall’interdittiva antimafia tombale di Nestore.

Sancita definitivamente dal Consiglio di Stato a fine agosto

style="background-color:#fcb900" class="has-inline-color"> (CLICCA E LEGGI), dopo che l’organismo amministrativo ha preso atto della decisione, assunta dalla sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la quale ha respinto l’istanza presentata dal consorzio per usufruire di quella sorta di stato di “interdittiva sospesa” che gli avrebbe permesso, ai sensi dall’articolo 34 della legge Antimafia, riformata nel 2017, di continuare ad esercitare la propria attività sotto il controllo dell’autorità giudiziaria, specificatamente del tribunale.

Subito dopo quella sentenza, l’Asl, reduce da uno snervante palleggio di revoche e di riammissioni legate alle determinazioni della giurisdizione amministrativa, ha proceduto alla risoluzione definitiva – e altro non poteva fare – dei contratti relativi ai rapporti in essere con il consorzio Nestore di Pasquale Capriglione.

Parliamo di quello molto lucroso e al centro di un’indagine ancora in corso da parte della Dda di Napoli, che ha delegato la prima sezione della Squadra Mobile della questura di Caserta, relativo alla gestione della Rsa e centro diurno per disabili di via De Falco, a Caserta, e l’altro affidamento che l’Asl aveva assegnato a Nestore riguardante i servizi socio sanitari negli ospedali che operano sotto l’egida della stessa Asl, dunque i nosocomi di Aversa, Marcianise, Maddaloni, Sessa Aurunca, Piedimonte Matese e Santa Maria Capua Vetere.

Questa è la descrizione della morsa, intesa come attrezzatura. Ora dobbiamo rivelare l’identità di chi al suo interno viene stretto e rischia di rimanerne stritolato.

Agevole identificarli: l’anello debole, ovvero i dipendenti della cooperativa di Capriglione, i quali non è che godessero di stipendi faraonici, tutt’altro, ma che, dalla fine del mese di agosto, non vedono più un euro perché non sono più pagati.

Al posto di Capriglione, come abbiamo scritto nei giorni scorsi (CLICCA E LEGGI), dalla padella alla brace, è arrivato il suo collega, nonché amico e soprattutto anche lui stra-indagato nell’inchiesta della Dda, Maurizio Zippo.

Il quale, a dimostrazione che il sistema delle cooperative controllate dalla camorra e in rapporto con la camorra del clan dei Casalesi è totalizzante, monopolizzante (ricordate la famosa telefonata di Capriglione ad una sua dipendente amministrativa, in cui scherza per l’esito imprevisto della Rsa di Caserta che non avrebbe dovuto vincere e che invece aveva vinto a scapito del suo amico Bortone?), assume oggi la titolarità di erogare i servizi socio sanitari nei sei ospedali sopra citati, in quanto si classificò a suo tempo al terzo posto e in prima battuta nella gara bandita dall’Asl.

In graduatoria venne preceduta dalla seconda, Nestore – che ha fatto la fine che ha fatto – e dalla prima classificata Legami Sociali, che, però, per motivi che nella massa enorme di cose successe e da noi raccontate nei servizi socio sanitari, non abbiamo avuto ancora la possibilità di approfondire, viene esclusa dopo l’aggiudicazione definitiva, con contestuale riposizionamento di Nestore, che dal secondo posto passa al primo, e della coop. Serena di Maurizio Zippo, che dalla terza posizione passa in seconda.

Questa vicenda racconta di un fatto positivo, cioè della partita definitivamente chiusa tra lo Stato e il consorzio di cooperative Nestore, che da 15 anni era dentro mani e piedi oppure attorno ad indagini legate al clan dei Casalesi e al suo referente nel terzo settore, Luigi Lagravanese, sin dall’anno 2000 socio e partner strettissimo di Pasquale Capriglione, così come emerge dalle puntualissime informative della Squadra Mobile di Caserta; il fatto negativo, invece, è rappresentato dalla prospettiva di vita di questi lavoratori, che si lega, secondo noi, alla prospettiva delle indagini dell’autorità giudiziaria.

Se queste, infatti, dovessero sviluppare solo un risultato parziale, cioè la messa al bando di Nestore e in parte di Pasquale Capriglione, senza ripulire tutto il marcio che c’è ancora oggi tra i fornitori d’opera, tra i fornitori di servizi socio sanitari dell’Asl di Caserta, allora i lavoratori di Nestore capiranno solamente che sono stati sfortunati, essendosi ritrovati a lavorare nel momento sbagliato con l’impresa che, relazionata a questo momento, era divenuta a sua volta sbagliata.

Si gireranno intorno e cercheranno giustamente di portare il pane a casa, chiedendo asilo alle altre entità imprenditoriali sopravvissute, la cui origine e le cui fortune sono state determinate, specularmente a ciò che è successo a Nestore, dalle autostrade aperte dai condizionamenti, dai soldi del clan dei Casalesi, che hanno consentito di determinare un vantaggio competitivo illegale che ha ridotto la platea dei potenziali fornitori di servizi remunerati per milioni e milioni di euro a un cartello di soggetti che si muovevano sotto l’egida del Lagravanese e dunque dei Casalesi, facendo finta anche di litigare durante le gare di appalto, ma che in realtà si sono spartiti negli ultimi 20 anni centinaia di milioni di euro.

Ecco qual è il rischio.

I dipendenti di Nestore non vanno lasciati soli. A farsi carico di questa situazione, a farsi carico di un’azione etica, parola pressoché sconosciuta nel vocabolario dei manager della sanità casertana ora e in passata, dovrebbero essere – a nostro avviso – il signor Amedeo Blasotti, il direttore generale dell’ASL Caserta, il signor Giuseppe Tarantino, che Blasotti ha messo sulla poltrona di direttore amministrativo che lui stesso ha occupato per circa dieci anni, considerandolo evidentemente un suo pupillo, un suo epigono affidabilissimo, e infine il signor Enzo Iodice, divenuto direttore sanitario, dice lui – ma noi non ci crediamo fino in fondo – per rapporti e meriti acquisiti all’interno dell’Asl grazie alla sua attività professionale e non, invece, grazie al suo amico Stefano Graziano.

Farsi carico significa trovare il modo per andare anche al di là degli strumenti normativi in vigore, sforzandosi a cercandone altri o comunque trovando una strada per far sì che i dipendenti di Nestore non restino senza lavoro.

Una strada di qualità, una strada illuminata e nitida, cioè con caratteristiche capaci di convincere questi lavoratori, oggi spaesati, sfiduciati e che pagano per colpe che non sono certo le loro, che esista – anche se fino a oggi tutti i fatti raccontavano una verità opposta – la possibilità di lavorare, in questa provincia, nei servizi sociali, nei servizi socio sanitari, ma anche in tanti altri campi, senza genuflettersi, accettando paghe al di sotto di quelle che vengono erogate in contesti diversi, davanti al politico di turno o, peggio ancora, davanti al rappresentante di turno degli interessi di un potentato economico, ma anche politico, in grado di condizionare gli esiti delle gare, di corrompere dirigenti e funzionari. Il potentato dei potentati che si chiama clan dei Casalesi.