LA DOMENICA DI DON FRANCO. “Così devono essere i credenti…notati per la loro maniera di vivere, le loro convinzioni, i loro costumi, il loro stile di vita…”

9 Febbraio 2020 - 20:00

9 febbraio 2020 – V Domenica del T.O. (A)

IL SALE PUÒ DIVENTARE SCIPITO … E LA LUCE SPEGNERSI!

gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים

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Spezza il tuo pane con l’affamato … I profeti di Israele hanno denunziato con parole di fuoco quanti commettevano ingiustizia, eppure celebravano il culto. Anche le prime comunità cristiane, come ci racconta Giovanni (Ap 2,1), aveva ridotto la fede a vuoto ritualismo o a compiaciuta segregazione dal mondo. Anche noi ci troviamo nello stesso rischio: la contraddizione tra le parole nobili e i fatti ignobili, tra il messaggio creduto e la vita vissuta; lo iato è così profondo che quasi ci prende un senso di scoramento. Ma la fede è anche resistere contro la tentazione di perdersi d’animo, di gettare la spugna, o di ripiegarsi nelle rasserenanti liturgie, di ritirarci in qualche pacifica Tebaide. Il messaggio dei profeti non è un invito alla “fuga mundi”.

Ci hanno insegnato a stare attenti al mondo, a dare importanza alla preghiera, a non omettere le pratiche di pietà… E’ vero, ma solo in parte, perché, se non siamo giusti, le nostre preghiere e liturgie sono presunzioni e alienazioni: “Deus non vocis, sed cordis auditor est” (Tertulliano). Se non spezziamo il pane con l’affamato, se non eliminiamo di mezzo a noi l’oppressione, noi viviamo in situazione di mistificazione (Is 58,7). Ogni volta che ripensiamo la nostra fede in termini meramente culturali o cultuali o spirituali, in quel momento abbiamo ridotto il cristianesimo a ideologia per intelligenti o per aristocratici; abbiamo stabilito dentro la Chiesa gli “specialisti di Dio”, che devono insegnare (docentes), e i discepoli che devono solo obbedire (docibiles).

Voi siete la luce … I rabbini solevano ripetere che la Toràh, data da Dio al popolo, era come il sale e il mondo non può stare senza sale. Gesù fa propria questa immagine ma l’applica ai suoi discepoli. La cosa può riuscire provocatoria. Come, in concreto, il discepolo può diventare “luce del mondo”? Lo dice chiaramente il Vangelo: “Vedano le vostre opere buone”. Non si tratta di parlare, ma di fare. Il discepolo dissolversi come la luce nelle tenebre o come il sale nel mondo. Nel rito del battesimo, il sacerdote consegna una candela, accesa dal cero pasquale: “Abbiate cura che il vostro bambino, illuminato da Cristo, viva sempre come figlio della luce”. Cristo è la luce, e il battezzato è l’illuminato. Il Vangelo però ci avverte: la luce può essere nascosta sotto il tavolo. Gesù ha una grande fiducia negli uomini. “Voi siete la luce del mondo”. Lo possiamo essere solo nella misura in cui viviamo secondo Dio. Le luci schermate, i paralumi, non sono di nessuna utilità dove occorre vedere chiaro. Una delle grandezze del Vangelo è che non è mai unilaterale; il Vangelo predica con forte insistenza la necessità di una spiritualità tutta interiore, senza spettacolarità; ma, nel contempo, Gesù vuole che i suoi discepoli siano coraggiosi, pubblici, visibili.

… Voi siete il sale  Sono molte le funzioni del sale: La prima è quella di dare sapore ai cibi. Perciò fin dai tempi antichi il sale è divenuto il simbolo della sapienza. Anche oggi si dice che una persona ha “sale in testa” quando si comporta da saggio. Anche Paolo raccomanda ai Colossesi: “La vostra conversazione sia sempre gradevole, condita con sale” (Col 4,6). Un noto proverbio popolare dice che “chi ha più sale, condisca la minestra”: il sale è evidentemente il giudizio, la minestra è la vita. Sempre a proposito di sale, mia madre diceva che non sempre quelli che ne hanno di più lo sanno usare: in Medio Oriente ci sono montagne di sale; in Sicilia il sale è stato sempre libero dai vincoli di monopolio dello Stato, eppure il minestrone della vita viene spesso condito assai peggio che altrove. Non basta tutto il sale della terra, non bastano tutte le luci di questo mondo, se manca il sale del cuore e della ragione, la luce della grazia e della sapienza.

Seconda funzione: il sale era, in antico, il conservante usato per preservare le vivande dalla decomposizione, come oggi i frigoriferi; un frigorifero rotto o con la spina staccata non serve. Il sale richiama anche le forze negative, gli spiriti maligni; contro di loro gli antichi orientali si premunivano usando il sale; a questa convinzione si collega ancora oggi il fatto di spargere il sale per allontanare le iettature.

Terza funzione: Il sale era usato anche quando si facevano patti: i contraenti compivano il rito di consumare insieme pane e sale. Questo accordo solenne era detto “alleanza del sale”. E’ chiamata con questo nome l’alleanza eterna stipulata da Dio con la dinastia di Davide (2Cr 13,5). La parabola del sale si chiude con un richiamo ai discepoli a non divenire “insipidi” e la cosa riesce strana: i chimici assicurano che il sale non si corrompe, eppure Gesù mette in guardia i discepoli dal perdere il proprio sapore, la propria identità. Sì, perché c’è sempre la tentazione di aggiungerci un po’ di “buon senso”: non si deve esagerare, bisogna pensare anche a se stessi, se si perdona troppo poi ne approfittano, non si deve essere violenti a meno che non sia necessario… E così il Vangelo viene addolcito. Non più sale ma camomilla!

Una città sopra il monteI discepoli di Gesù devono essere visibili, come “città posta sul monte” (v.14). Ancora oggi chi percorre la Galilea è attratto dai numerosi villaggi posti sulle cime delle montagne. Impossibile non notarli! Gesù, cresciuto nel villaggio di Nazaret, posta in alto (Lc 4,29), li ha indicati come immagine della loro missione. Non è l’invito a farsi notare. Se avranno il coraggio di vivere secondo le beatitudini, se si ameranno sinceramente, allora saranno guardati con ammirazione: “Guardate come si amano!”. “Che la gente veda le vostre opere buone!”. Cioè: non occultate nulla della vostra vita, non fate una doppia vita nella quale ci siano cose da nascondere, che tutto sia trasparente, in maniera tale che la gente si senta motivata a credere in Dio. Non è la forza degli argomenti ma la forza della vita che convince e seduce. I rabbini dicevano: “Come l’olio porta la luce al mondo, così Israele è luce per il mondo”. Si riferivano al fatto che Israele era depositario della sapienza della Legge, data da Dio a Mosè. Qualche rabbino aveva però intuito che non basta la parola di Dio; anche le opere di bontà erano luce e sosteneva che il primo ordine dato da Dio alla creazione “Sia la luce!” si riferiva non solo alla luce materiale ma anche alle opere dei giusti.

A null’altro serve che ad essere gettato via… Subito dopo la proclamazione delle Beatitudini (Mt 5,1), il Vangelo di Matteo presenta due metafore semplici ed eloquenti di Gesù: come noi cristiani dobbiamo farci presenti nella società. Non attraverso la presenza stupefacente dei nostri templi, dei nostri monasteri e delle nostre cattedrali. O per mezzo dei nostri rituali o delle nostre cerimonie religiose. O per mezzo delle immagini che portiamo in strada durante feste e pellegrinaggi popolari. O attraverso le concentrazioni di massa di gente davanti a vescovi e cardinali, in attesa di non so quali oracoli celesti. Gesù non allude a nulla di tutto ciò. Noi cristiani siamo sale e siamo luce. Un cibo insipido, un’abitazione al buio diventano sgradevoli. Così devono essere i credenti in Gesù: devono essere notati per quello che sono, non per quello che dicono, o per i gruppi o i luoghi che frequentano. Devono essere notati per la loro maniera di vivere, per le loro convinzioni, per i loro costumi, per le loro preferenze, per il loro stile di vita 24 ore al giorno. Mi piace concludere con questa pagina famosa tratta dalla Lettera a Diogneto, un testo cristiano in greco antico di autore anonimo, risalente probabilmente alla seconda metà del II secolo.

“I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini… Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono ingiuriati e benedicono. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani”.  BUONA VITA!