La Domenica di Don Galeone. La generosità, per guarire la piccolezza del cuore

25 Luglio 2021 - 11:04

Domenica XVII del T.O. (B) – 25 luglio 2021

La solidarietà: un test per la nostra fede!

Prima lettura: Mangiarono e ne avanzò (2Re 4,42). Seconda lettura: Un solo Dio Padre di tutti (Ef 4,1). Terza lettura: Distribuì pane e pesce, quanto ne vollero (Gv 6,1).

 Con questa domenica si interrompe la lettura del vangelo di Marco, e per cinque domeniche rifletteremo sul capitolo sesto di Giovanni; il motivo, ci dicono gli studiosi, è che Giovanni spiega molto meglio questa “sezione dei pani”, ricca di simboli eucaristici.In tutte le religioni, il banchetto è un simbolo, un rito, una profezia; anche Gesù paragona la vita eterna ad un banchetto. Il fatto della sazietà, dell’abbondanza, viene sottolineato nel vangelo (“riempirono 12 canestri con i pezzi avanzati”),
e nella I lettura (“quelli mangiarono e ne avanzò”). Nel vangelo di Giovanni, il racconto ha chiare allusioni eucaristiche: troviamo, infatti, gli stessi verbi usati (“prese il pane, rese grazie, lo distribuì”). Gesù sazia concretamente la fame dei poveri; se rivela il pane celeste, lo fa partendo dal pane terreno.

Come vincere la fame?   Argomento della prima e della terza lettura è come vincere la fame: cosa sono “venti pani di orzo e grano” per cento persone? Cosa sono “cinque pani di orzo e due pesci” per circa cinquemila persone? Sul piano dei valori, il primato spetta certo al bisogno spirituale, ma sul piano dell’esistenza il primato spetta al bisogno materiale: “primum vivere!”. Anche nel Padre nostro: le prime tre invocazioni riguardano Dio, ma nella seconda parte lo preghiamo di darci ogni giorno il pane necessario. Il problema della fame è uno dei più terribili, e la sua soluzione è ancora lontana, perché lo squilibrio tra nazioni ricche e nazioni povere aumenta a forbice; l’aiuto/elemosina dei Paesi opulenti è del tutto insufficiente. La chiesa ha qualcosa da fare, oltre al solito ufficio di ricordare e di pregare? Ma siamo convinti che la chiesa in concreto siamo noi? Gesù prima dà il pane vero, abbondante, con companatico, e solo dopo affronta il tema duro dell’eucaristia. Particolare importante! Non è possibile rivelare il pane del cielo, senza impegnarsi per il pane della terra! L’amore per i poveri è un test del nostro essere cristiani. Scrivere queste cose non vuol dire fare politica o essere di sinistra; significa solo difendere la dignità della persona: se lo Stato e i politici non arrivano, la Chiesa “esperta in umanità” farà opera di animazione e di supplenza. Il problema della fame nel mondo è facile e difficile insieme, e consiste tutto nel fatto che una lobby di egoisti tiene il cibo necessario per sfamare milioni di persone, e non vuole mollare neppure gli avanzi; si preferisce buttare, sprecare, essere obesi … anziché condividere il pane, la gioia, la vita. E’ vero che nel mondo si muore di fame, ma è più vero che si muore di indigestione altrui; si muore per l’ingordigia di pochi, non per l’indigenza dei più!

“Date loro voi stessi da mangiare!”   Ecco un esempio di fede adulta: La distribuzione dei pani e dei pesci (Mt 14,13; Mc 8,1; Lc 9,10; Gv 6,1). Gesù con una barca raggiunge l’altra sponda del lago di Tiberiade. Ma tanta gente lo segue, egli si commuove e ritorna tra la folla. Che fare? Gridare alla folla: “Andate nei villaggi vicini e ognuno si arrangi!”, come suggerivano i discepoli? No, “sento compassione di questa folla!”. I vangeli utilizzano il verbo greco σπλαγχνίζομαι: Gesù non reagiva come reagisce chiunque di fronte a un mendicante o a uno straccione. Gesù sentiva crampi di dolore allo stomaco, non sopportava il dolore degli altri! Allora, cerchiamo di decifrare quest’episodio scritto in codice, perché possiamo crescere nella fede. Secondo una lettura semplicistica, è Gesù che “moltiplica” il pane; ma questo segno (σημείον) non è uno spettacolo di magìa sacra. È per tutti un monito alla responsabilità, un appello alla generosità. Occorre “attualizzare e interiorizzare”: oggi, qui, cosa suggerisce quest’episodio del vangelo alla mia coscienza? Allora, come è avvenuto il miracolo? Un ragazzo (Gv 6,9) ha due pesci e cinque pani d’orzo, il pane nuovo, fatto con il primo cereale che matura; nessuno gli chiede nulla e lui mette tutto a disposizione, perché è rimasto colpito dalle parole di Gesù. È stato un gesto contagioso: come un effetto domino o una reazione a catena, ognuno ha messo in comune le sue cose. È avvenuta una poderosa invasione di grazia! Il mio pane diventa il nostro pane. Il poco pane condiviso fra tutti diventa sufficiente. A questo punto Gesù è intervenuto. Gesù, per operare il miracolo, non crea il pane dal nulla. Non trasforma, come gli aveva suggerito Satana nel deserto, le pietre in pane. Sarebbe comodo lasciare fare tutto a Dio, e noi restare artigliati rabbiosamente al nostro pane, preferire magari di buttarlo ammuffito nel cassonetto, anziché condividerlo nella fraternità. Poche ultime osservazioni per comprendere meglio questo vangelo di Giovanni, che sappiamo altamente simbolico:

Noi ancora titoliamo questo racconto con la parola moltiplicazione: la traduzione è poco felice. Il vangelo parla solo di pani e pesci messi in comune e distribuiti; non moltiplicazione, ma distribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo distribuivano non veniva a mancare, e mentre passava di mano in mano, restava in ogni mano. Come avvengano certi miracoli non lo sapremo mai! Ci sono e basta! Ci sono, quando a vincere è la legge della generosità. 

“Date loro voi stessi da mangiare”: ecco la fede adulta! Anche in questo i ragazzi sono un esempio per noi adulti, forse incalliti nel male, induriti nell’egoismo. Dobbiamo convincercene: Gesù non ha mani, ha soltanto le nostre mani per continuare oggi a sfamare. Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi, la nostra voce, il nostro cuore per continuare ad andare, annunciare, amare gli uomini di oggi, come ha scritto M. Pomilio in Quinto evangelio. Ricordiamolo quel ragazzo generoso, e diventiamo anche noi generosi!

Notare la coincidenza: la radice ebraica da cui deriva il termine pane è la stessa del verbo combattere (לחם), quasi a indicare che la lotta per il pane è quella che provoca la guerra. Morale: solo quando è condiviso, il pane cessa di provocare lotte e diviene segno di comunione. Ecco il sogno: un giorno tutti gli uomini, quali virgulti d’ulivo, attorno a unica mensa, benedetta da Dio (Sal 128,3).

Il termine fame ricorre, solo nell’Antico Testamento, 134 volte, tante, perché il terreno del Medio Oriente, per la scarsità delle piogge, era spesso colpito da questa calamità. Oggi le cose sono invariate, anzi, peggiorate. Per risolvere il problema occorre moderare il nostro consumismo sfrenato.

Giovanni è l’unico evangelista che parla di un bambino e di pane d’orzo. L’orzo cresce su terreni poveri, ha un valore inferiore al grano (Ap 6,6); perciò i ricchi mangiavano pane di frumento, mentre i poveri si accontentavano di quello d’orzo. Ma anche il pane d’orzo è nutriente. Il pane è un dono del Signore e va condiviso con chi non ne ha (Prv 22,9) 

Il dettaglio del bambino è poco realistico perché i bambini sono i primi a consumare il panino, non sono portati a condividere con il compagno. E allora attenzione al valore simbolico del dettaglio: nel vangelo il bambino è il modello del discepolo; chi vuole entrare nel regno deve diventare come un bambino (Mc 10,15). Ricordiamolo quel ragazzo generoso, e diventiamo anche noi generosi! Questa è la grande proposta di Gesù, questa è la chiave del miracolo/segno.

In quel tempo Gesù raccontò questa parabola   

Un uomo aveva l’abitudine di dire ogni dome­nica mattina a sua moglie: «Va’ in sinagoga tu e prega per tutti e due!». Una notte quell’uomo fece un sogno. Si tro­vava con sua moglie davanti alla porta del Para­diso e aspettava per entrare. Lentamente la porta si aprì e udì una voce che diceva a sua moglie: «Tu puoi entrare per tutti e due!». La donna entrò e la porta si richiuse. L’uomo ci rimase così male che si svegliò. La più sorpresa fu sua moglie, il sabato do­po, quando all’ora della preghiera si trovò accanto il marito che le disse: «Oggi vengo in sinagoga con te!» (dai racconti di Bruno Ferrero).