La Domenica di Don Galeone. L’ipocrisia: un virus sempre in agguato
5 Novembre 2023 - 09:55
Il maestro non è colui che siede in cattedra |
5 Novembre 2023 – XXXI Domenica del TO (A)
L’ipocrisia: un virus antico e sempre in agguato!
Il brano evangelico di oggi si ferma prima che Gesù inizi la sua invettiva: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!” (vv.13-29). La tensione tra Gesù e i capi del popolo diventa sempre più violenta; le invettive sono tanto gravi che suscitano stupore: è come se Gesù appartenesse ad un altro popolo “nemico” e parlasse una lingua straniera. Leggendo meglio, però, si comprende che le minacce di Gesù sono come quelle scenate di casa, scenate di una grande famiglia come quella ebraica, litigiosa certo, ma in fondo tenacemente unita. Guai a fraintendere quei momenti di collera familiare! Gesù amava la sua gente. Le sue fraterne sferzate mirano non al ripudio e al rifiuto, ma alla comprensione e alla conversione. Gesù soffriva della cattiveria degli altri, e dei suoi in particolare.
Sono rimproveri ma sempre con finalità pedagogica, educativa! Nessuna condanna eterna!
Malachia e Matteo lanciano accuse che risultano persino brutali. Malachia rimprovera apertamente i sacerdoti, perché sono ipocriti; le sue parole sono persino volgari: “Spanderò sulla vostra faccia gli escrementi”. Mai trovato minacce così umilianti! Davvero l’ipocrisia ripugna tanto a Dio! Ricordiamole queste parole: anch’esse fanno parte dei Libri Santi! Matteo riporta questo scontro di Gesù con i farisei, perché era un’efficace catechesi contro l’ipocrisia; per ben sette volte risuona il terribile “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti”, con la chiusura terribile: “Serpenti, razze di vipere” (v.33). Queste invettive di Gesù sono le più forti nel Nuovo Testamento. Sembrano rimproveri rivolti solo ai sacerdoti, ma a ben riflettere riguardano anche noi. Quello che Gesù rimprovera è l’ipocrisia. E questa è un vizio non solo clericale ma anche laicale, non solo ebraico ma anche cristiano!
È vero? Difficile rispondere; forse è vero, per il fatto che l’ideale cristiano è molto elevato, e non riuscendo a viverlo in pienezza, facilmente noi cristiani scendiamo a compromessi. Gesù non vuole tanto regolare i conti con i suoi nemici, gridando in faccia verità graffianti, ma vuole denunciare le deformazioni, le maschere che i credenti possono portare sul viso. Tutti! Più che colpire i “farisei”, Gesù vuole colpire il “fariseismo”. Le parole di Gesù non vanno scaraventate sulla faccia del vicino, degli altri insomma. È sul nostro viso che devono lasciare il segno! È quel “fariseo”, nascosto nel nostro profondo, che va stanato!
Non chiamate nessuno Maestro, Padre.
Questo comando di Gesù sembra che nella Chiesa sia sempre stato violato. Quanti ecclesiastici si fanno chiamare maestro, monsignore, padre… Tutti questi titoli spesso non facilitano una comunicazione diretta, fraterna. Gesù, sia ben chiaro, non propone semplicemente di abolire i titoli o di inventarne di nuovi; se bastasse questo, sarebbe una nuova forma d’ipocrisia. Il vero senso delle parole di Gesù è nelle parole finali del brano ascoltato: “Il più grande tra voi sia il vostro servo”. A questa condizione di “servizio”, ogni titolo può ancora restare, perché ha riacquistato il suo giusto significato. Se la nostra comunità cristiana dev’essere fraterna, allora quante sovrastrutture devono cadere. Non è accaduto: l’Annuario Pontificio contempla ancora tutta una serie di privilegi, di titoli, di lustrini, delizia e tormento di quanti ambiscono fare carriera. Dobbiamo essere predicatori di fraternità, non solo nello spirito invisibile, ma anche nella storia visibile. Oggi, firmare i documenti con il bel titolo di “servus servorum Dei” non basta più; occorre esserlo davvero agli occhi dei popoli, La vera Chiesa? Quella dove c’è più verità? No, è quella dove c’è più amore!
Buona vita!