LA NOTA. Ecco il sistema escogitato per pagare gli stipendi ai dipendenti Ecocar. Il Prefetto è nervoso ma la democrazia chiede che lui risponda alle questioni che noi poniamo
30 Gennaio 2019 - 08:36
CASERTA (Gianluigi Guarino) – A noi non dispiace che sia stata trovata una soluzione per pagare gli emolumenti ai dipendenti di Ecocar. Ci dispiace, invece, che questa soluzione sia stata trovata dalla Repubblica Italiana che, smentendo sé stessa, dà un cattivo esempio ai cittadini, i quali sono autorizzati a pensare che la legge, intesa come struttura portante dell’ordinamento nazionale, non conta, non vale, per come è definita dalla Costituzione, ma sia uno strumento emendabile al di fuori dei procedimenti previsti dalla Carta fondamentale.
Ci dicono che il Prefetto sia arrabbiato con CasertaCe per gli articoli critici pubblicati ultimamente. Ed anche questo ci dispiace. Per due motivi: il primo è che la minaccia di una querela rappresenta sempre un atto di debolezza; il secondo è che, come mai è successo in passato, questo giornale ha pesato le parole una per una, rendendosi perfettamente conto di quale fosse la serietà, la delicatezza dell’argomento e la forma di responsabilità da adottare nel momento in cui i fatti ci costringevano a criticare la massima autorità di Governo della Provincia di Caserta.
Mai abbiamo mancato di rispetto a Raffaele
Ribadendo il rispetto sincero per il Prefetto Ruberto rivendichiamo il diritto democratico sancito dalla sacralità indiscutibile della libertà di espressione e di critica. A meno che il Prefetto Ruberto non ritenga che ci siano cittadini, a partire dal Presidente della Repubblica e continuando con i Prefetti, al di sopra delle critiche. Ed allora ce lo dica perché così noi capiremo di non vivere in una Repubblica democratica ma come sudditi di Re Sole o come pupazzi coartati dai totalitarismi di Mussolini, Hitler e Stalin.
Da un titolare dell’ordinamento dello Stato, di uno Stato democratico e liberale, ci si aspetterebbe una maggiore apertura mentale e soprattutto ci si aspetterebbe la debita attenzione utile ad evitare ogni forma di arroganza di un potere costituito che non può essere mai, mai signor Prefetto, se non vuol precipitare in un burrone eversivo, al di sopra delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione.
Ma ritorniamo al punto. Lei ha ritenuto di concentrarsi esclusivamente sulla questione degli stipendi dei dipendenti Ecocar. Atteggiamento umanamente comprensibile, collegato ad una emotività non infondata, non scapestrata, bensì frutto di una legittima preoccupazione per lo stato di centinaia di famiglie che dallo stipendio di Ecocar dipendono.
Ma allo stesso tempo, scartando ed annichilendo ogni valutazione sulla struttura normativa che impedisce allo Stato ed agli Enti derivati di corrispondere soldi a imprese colpite, peraltro in questo caso definitivamente, da interdittive antimafia, Lei ha scelto una scorciatoia che a nostro sommesso avviso (magari ci sbagliamo, ma è il nostro punto di vista) connota la sua funzione di una struttura di discrezionalità rispetto alla norma che non c’azzecca nulla con quello che un Prefetto dovrebbe fare come notaio dell’ordinamento, come interprete rigoroso dello stesso.
Se abbiamo capito bene, il Comune di Caserta farà un bonifico ad una banca, la quale pagherà direttamente i dipendenti sotto egida dei due commissari nominati dalla Prefettura di Latina e che oggi, da lontano ed un po’ distrattamente, rappresentano Ecocar.
Un altro bonifico, invece, verrà inoltrato ad una seconda banca. Quei soldi costituiranno il pagamento delle spettanze residue rivendicate da Ecocar che, a suo tempo, ha pensato bene di cedere i propri crediti e le obbligazioni contrattuali economiche assunte dal Comune di Caserta ad un istituto di credito.
In poche parole l’Ecocar sarà pagata regolarmente.
Ripetiamo, questa non è una cosa che ci dispiace perché riguarda la carne viva dei dipendenti. Ma un discorso è la considerazione emotiva di un giornalista, di un cittadino, altro fatto è l’impostazione illogica, contraddittoria, del rappresentante di Governo, il quale avendo davanti una legge della Repubblica, peraltro chiaramente interpretata dal più volte citato pronunciamento del Consiglio di Stato, la disattende per raggiungere un obiettivo non peregrino, condivisibile nel suo contenuto sociale, ma che si potrebbe realizzare solo attraverso un intervento normativo. Magari veloce, magari rappresentato da un decreto legge rapido del Governo che vada a neutralizzare, creando peraltro un pericoloso precedente, ciò che il d. lgs. 159 del 6 Settembre 2011 ha graniticamente sancito. Anche perché, se si è arrivati a questa situazione di oggi, è perché chi di dovere non si è posto il problema, a tempo debito, di una società interdetta definitivamente per mafia da un TAR e dal Consiglio di Stato e che continuava disinvoltamente ad incassare proroghe non dal Comune di Rocchetta e Croce, ma dal Comune capoluogo.
Ora se queste tesi meritano di essere liquidate con un’indignazione cieca, bolsa, attraverso la quale il potere si esprime mediante un’arroganza illogica, che trova, con la minaccia di una querela, una sua unica modalità indiscutibilmente e desolatamente antidemocratica, siamo anche pronti a pagarne il fio.
Ma ci dichiareremmo immediatamente prigionieri politici.