L’imprenditore di San Prisco Aniello Stellato ha rilevato la Jabil. Ma 120 ex dipendenti rischiano la fame e non è giusto

31 Marzo 2025 - 18:59

Stamattina un’insignificante riunione alla Regione, con tante parole e vaghe disponibilità. Intanto sta per partire la CIG Cessazione, dopo le angherie subite da questi lavoratori per mano della Softlab, poi divenuta Softlab Tech. Sarà l’ultimo presidio sociale prima dell’assegno di disoccupazione

MARCIANISE – La migrazione, realizzata a suo tempo, dagli organici di Jabil a quelli di Softlab, al tempo ancora una SpA, azienda del pugliese-salentino Giovanni Casto, avvenne sicuramente per effetto della sanzione di un atto volontario da parte dei lavoratori.

Ma siccome la Jabil, dopo una ventina di anni di presenza nell’area industriale di Marcianise, doveva tagliare i suo organici, da qualche parte questi 150 dovevano uscire fuori.

A loro fu raccontato un mondo dorato, quello di Casto, divenuto un vero incubo. L’imprenditore ha preso soldi a palate dallo Stato e molti di questi non si capisce ancora che fine abbiano fatto. D’altronde, Softlab è un’azienda di servizi, erogati anche a clienti importanti e non si capiva in che modo avrebbe ricollocato maestranze formate per lo più ad operatori specializzati, non a caso collegati al CCNL Metalmeccanici.

È andata a finire veramente male, con l’imprenditore pugliese in fuga, attraverso una serie di trasformazioni della denominazione, con la Softlab SpA, che è divenuto la Softlab Tech srl. E con una nuova Softlab SpA nata dal nulla, con quei giochi di prestigio tipici di una certa imprenditoria meridionale.

Nonostante le denunce, presentate anche alla Procura della Repubblica, Giovanni Casto se la caverà e chi si è visto, si è visto. I 150 sono diventati un po’ meno, 120, e oggi devono sopportare il supplizio di assistere alla serena (per il momento) transizione di 413 dipendenti Jabil, un’azienda che ne contava addirittura 700, alla new company Tme Assembly Engineering.

Il tutto per effetto di un accordo stipulato al Ministero dello sviluppo economico un accordo e che prevede l’utilizzo del cosiddetto Metodo Corneliani, con il quale lo Stato, attraverso Invitalia, entra come socio di minoranza al 45% nella citata newco, il cui 55% sarà controllato dal sanprischese Aniello Stellato con la sua Tme.

Questi è un imprenditore i cui dipendenti, che lavorano nello stabilimento di Portico di Caserta, parlano in termini positivi. Sono una quarantina, a quanto pare. Stipendi puntuali e contratto di lavoro sostanzialmente rispettato.

L’unica nota stonata – perché per CasertaCe è una nota stanata – è rappresentata dalle solite smargiassate alla casertana o alla casalese (c minuscola) maniera, con l’attestazione di sedi rutilanti, esotiche, visto che la Tme riporta di avere sedi in Cina e nel distretto economico di Atlanta, nello Stato della Georgia, in America.

La presenza del ministero nella proprietà di Tme Assembly Engineering dovrebbe rappresentare una garanzia sulla bontà del piano industriale. Peraltro, questa nuova società, che rileverebbe lo stabilimento Jabil, produrrà schede elettroniche. Insomma, su per giù quello che ha fatto sempre la Jabil, con la conseguenza di non dover premere eccessivamente sullo strumento della formazione e della riconversione professionale.

I 120 di Softlab continuano la loro via Crucis. Se leggete, infatti, il verbale, resoconto della seduta tenutasi negli uffici Lavoro e Attività Produttive della Regione Campania, non ci troverete nulla di che. Solo promesse vaghe, anzi, molto vaghe. Con la prospettiva del solito ping pong estenuante tra la stessa regione e il ministero del Welfare.

Ed è solo un atto dovuto quello di sollecitare l’attivazione dell’ammortizzatore sociale estremo, ossia la Cassa integrazione straordinaria per cessazione. La prenderanno proprio perché l’abile Giovanni Casto ha chiuso definitivamente i battenti della Softlab Tech srl, probabilmente nata proprio con l’obiettivo di auto-rottamarsi, una sorta di bad company.

Attenzione la CIG per cessazione sarà a disposizione fino al 31 dicembre, al massimo pochi mesi in più. La prospettiva successiva è quella di un misero assegno di disoccupazione. I 120 vogliono essere ascoltati e non comprendono perché, stante tutto ciò che ha combinato il signor Casto, la loro situazione non debba essere inserita nel piano complessivo di dismissione della Jabil.

Non abbiamo mai avuto il tempo di occuparci di economia e di lavoro. Si tratta di materie complesse e bisogna seguirle con molta attenzione. Per cui, abbiamo preferito rinunciare, invece di arronzare o di accontentarsi di insignificanti comunicati stampa, messi lì senza alcuna interpretazione.

Ma probabilmente per i 120 ex Jabil e Softlab faremo uno strappo e continueremo a guardare con interesse giornalistico a quella che è una vicenda professionale, ma è anche (forse, a questo punto, soprattutto) una drammatica vicenda umana.