L’omelia di don Franco: Per il cristiano ” …con la morte non finisce la vita, la vita continua. E continua senza le limitazioni proprie di questa vita…”

10 Novembre 2019 - 13:30

10 novembre 2019 – XXXII Domenica TO (C)

OLTRE LA MORTE? LA VITA!

gruppo biblico ebraico-cristiano השרשים הקדושים

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I lettura: Il re del mondo ci risusciterà a vita nuova (2 Mac 7, 1).

II lettura: Il Signore vi confermi in ogni opera e parola di bene (2 Ts 2, 16).

III lettura: Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi! (Lc 20, 27).

 

  1. La domenica “della fede nell’al di là”. La chiesa ci invita a riflettere su una verità centrale: la risurrezione dei morti, una verità che ripetiamo ogni domenica nel Credo. Varcata la soglia ultima della morte, per il credente si apre l’orizzonte della piena comunione con Dio. Come il bambino: arrivato il momento della nascita, esce dal suo mondo intrauterino e nasce in questo mondo. Molti oggi fanno fatica a credere all’al di là. Ciò è dovuto in parte alla critica marxista che vede nell’al di là un’evasione, un’alienazione dell’uomo, un oppio che allontana l’uomo dalle sue responsabilità; in parte è dovuto anche al consumismo diffuso che porta a vedere il paradiso in questo edonismo terreno. La risposta cristiana è semplice: ogni soluzione sarebbe precaria se Dio non amasse davvero il mondo; il suo amore sarebbe una bugia se la conclusione fosse la morte; non sarebbe il Dio dei vivi, il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, se questi uomini fossero morti definitivamente, diventati nulla e cenere.
  2. I primi libri della Bibbia mostrano chiaramente che, in origine, gli ebrei non credevano in un’altra vita. A loro importava questa vita, in questo mondo. Il profeta Isaia è molto esplicito: “I morti non vivrano più, le ombre non risorgeranno” (Is 26,14). Identica la risposta di Giobbe: “L’uomo è come un fiore che spunta e avvizzische; per l’albero c’è speranza: se viene tagliato, ancora ributta e i suoi germogli non cessano di crescere {…}. L’uomo invece, se muore, giace inerte” (Gb 14,1). Solo molto più tardi, nel II sec. a.C. in Israele si prende a parlare di un risveglio di quelli che dormono nella polvere (Dn 12,2). In questo tempo va collocato l’episodio ascoltato oggi. L’empio Antioco Epifane voleva obbligare gli ebrei, una madre e i suoi sette figli, a mangiare carne suina. Il brano ascoltato contiene una solenne professione di fede nella risurrezione dei morti: “Il re dell’universo ci risusciterà a vita nuova (2 Mac 7,1).
  3. Per comprendere il racconto stravagante del vangelo, posto dai sadducei a Gesù, bisogna tenere presente che: a) i sadducei non ammettevano la risurrezione dei morti, un tema sul quale si differenziavano radicalmente dai farisei; b) nell’antico Oriente era molto diffusa la “legge del levirato” (dal latino levir, cognato), che voleva perpetuare il nome ed assicurare il mantenimento della proprietà familiare. Questa legge era stata accettata dai giudei (Dt 25,5-10; Gen 38,8). Nella legge del levirato la posta in gioco non era la sessualità, ma la discendenza ed il possesso dell’eredità, cosa che, nel caso in cui ci sia un’altra vita, non ci interessa più. Tutto ciò dimostra, tra le altre cose, che il matrimonio era inteso come «unità economica» più che come «unione affettiva», emozionale o sessuale di un uomo e di una donna che sono innamorati. Nella risposta, Gesù non tocca il tema della sessualità, perché il sesso è questione di questa vita e non dell’altra. Non sappiamo come sarà questa vita. Quello che sappiamo è che con la morte non finisce la vita, la vita continua. E continua senza le limitazioni proprie di questa vita.
  4. “Maestro, questa donna che ha avuto sette mariti, nelle risurrezione, di chi sarà?”. La domanda viene posta dai sadducei, personaggi facoltosi e importanti, ai quali spettava l’elezione del sommo sacerdote; preoccupati di mantenere i propri privilegi (come tutti i potenti!), erano accomodanti con gli odiati romani; in campo religioso, non credevano nell’immortalità dell’anima. La domanda rivolta a Gesù non era pericolosa come quella se pagare o no il tributo a Cesare; questa volta puntano sul ridicolo: una donna che ha avuto sette mariti, di chi sarà moglie dopo la risurrezione? La loro domanda tocca due aspetti:

> il “modo” della risurrezione: circa il modo, Gesù non nega la dimensione della corporeità, solo che questa va intesa in maniera diversa, non secondo schemi e fantasie umane e terrene; si tratta di una nuova creazione, di un mondo nuovo, che supera la nostra fantasia;

> il “fatto” della risurrezione: circa il fatto, Gesù così ragiona: l’amore onnipotente di Dio può tutto, e le promesse di Dio sono mantenute. Non comportiamoci con Dio quindi come chi va ad ispezionare un alloggio! Il paradiso è Dio, è stare con lui! Non è un luogo ma è una Persona! Fidarsi di Dio, affidarsi a Dio è l’unica cosa giusta da fare.

  1. Dobbiamo parlare dell’al di là non secondo le risorse della nostra immaginazione, ma con pudore, a partire dalla fede in Dio, padre onnipotente. Dio non ci annulla in sé come l’oceano annulla le gocce d’acqua, ma continua ad amarci in modo nominativo. Noi non crediamo in un’immortalità panteistica: il nostro nome è incancellabile. E allora il problema da chiarire è cosa è questa sopravvivenza, cosa è l’al di là. In questi ultimi decenni abbiamo sempre abbandonato l’antropologia di matrice greca, secondo la quale, mentre il corpo dell’uomo se ne va verso la corruzione, l’anima se ne va in Dio, e lì vive in attesa di riprendersi il suo corpo. Dobbiamo subito dire che si tratta di una spiegazione che usa strumenti concettuali di alta fattura, purché lo facciamo con delicatezza, senza presunzioni filosofiche. Sta di fatto che oggi preferiamo ritornare al realismo biblico ed evangelico, pensando alla vita eterna non come ad una sopravvivenza della sola anima, ma dell’uomo nella sua totalità. Il cristiano non crede nella sopravvivenza dell’anima, nella vita futura, ma nella risurrezione dei corpi, nella vita eterna, e se essa è eterna, allora comincia e si radica già in questa terra, in questa storia. Ciò che noi costruiamo nel tempo, secondo la legge dell’amore, non va perduto: sopravvive al cospetto di Dio. Tutto ciò che è nato dall’amore, non è destinato a finire, ma a sopravvivere.
  2. Di questa esistenza ulteriore, di questo al di là, noi già possediamo un segno: il Signore risorto, che, liberato dal sepolcro, vive presso il Padre, però viveva anche presso gli apostoli: si è seduto a mensa con loro, ha camminato per Emmaus con loro. Già era nell’altro regno, eppure l’altro regno non è poi separato in modo radicale da questo, se Gesù ripercorreva in modo misterioso i sentieri della sua vita terrena. C’è una com-presenza, tra noi, il cosmo in cui siamo, e coloro che sono entrati nel mistero di Dio. In cammino verso l’al di là, noi non ci appoggiamo alle passerelle fantasiose dell’immaginazione; noi ci poggiamo su ciò che è già dentro di noi, come un bambino nel seno materno, e possiamo guardare la morte e la notte senza sgomento, entrando nel mistero, con l’abbandono con cui un bambino si abbandona sulle spalle del padre, con fiducia. BUONA VITA!