MARCIANISE. Nascerà un nuovo Monumento ai Caduti con i nomi dei dieci e più fatti fuori da Velardi e scappati per non finire in galera

31 Dicembre 2021 - 14:45

L’ultimo della serie è stato il dirigente alle Finanze e al Bilancio Vincenzo Iuliano al quale veniva chiesto, in pratica, di ignorare l’articolo 187 del Tuel

 

 

MARCIANISE (gianluigi guarino) – La prossima festa nazionale che ricorda un momento fondamentale della storia d’Italia sarà quella del 25 Aprile. In quell’occasione, noi di Casertace vogliamo proporre alla Prefettura di investire il Comune di Marcianise affinché svolga una procedura di autorizzazione per apporre un’altra lapide al Monumento in onore dei Caduti nelle due guerre mondiali, monumento che insiste in piazza San Pasquale. Proporremo al prefetto di associare, ovviamente dedicandovi una solenne cerimonia, l’esposizione di questa nuova lapide al processo per l’intitolazione di una strada della città.

Senza voler mancare di rispetto ad alcuno, se ci sono quelle intitolate ai Ragazzi del ’99, ai Caduti sul lavoro, ai martiri di Ungheria, a quelli di piazza Tienanmen ci può stare benissimo anche una intitolazione ai Caduti di Velardi, cioè una via Caduti di Velardi.

Sardonici, goliardici, ma fino a un certo punto, perché ora, la lista è diventata ancor più lunga a seguito delle dimissioni di un allibito Vincenzo Iuliano, che qualche tempo fa, ritenendo di avere a che fare con un contesto umano normale, presentò la sua candidatura per la guida della Ripartizione Finanze e Bilancio del Comune di Marcianise, portando con sé l’esperienza di funzionario dello Stato in servizio da anni nelle strutture dell’Agenzia delle entrate.

Allora, ricapitoliamo: come si fa con le lapidi dei Caduti in guerra o almeno con quelle che venivano poste negli anni Settanta, negli anni Ottanta, si parte dai caduti di grado più alto, ovviamente elencati in ordine alfabetico, prima di arrivare ai soldati semplici, ugualmente posizionati partendo dalla A e arrivando, eventualmente, alla Z.

Il problema è che il Comune di Marcianise rimarrà nella storia per il sacrificio nobile, più che dei soldati semplici, di molti generali, di molti colonnelli prima attirati dalla reputazione di un sindaco che noi di Casertace, quando lui era ancora all’apice del successo professionale e si affacciava, come ipotesi, all’esercizio della politica attiva, dunque nel pieno dei cosiddetti tempi non sospetti definivamo artificiale, un castello di carta che non sarebbe sopravvissuto –  questo scrivevamo a fine 2015 – nel momento in cui il Velardi sarebbe passato dalle trame protette, dal semi anonimato di una carica importante, ma iper burocratica come quella di caporedattore centrale de Il Mattino, alla esposizione quotidiana e senza filtri a cui è sottoposto abitualmente un sindaco, ancora di più il sindaco della terza città per popolazione e della prima città per insediamenti economico-produttivi della provincia di Caserta.

Velardi si è fatto conoscere. Ma è occorso tempo affinché questo processo si articolasse e si diffondesse. Da veri e propri provincialotti, bastava una mezza telecamera della Rai tv, un articolo pubblicato da Il Mattino, un Agrippa o un Rossano qualsiasi, per implementare questa sorta di figura leggendaria, un clarus tra i clari, un famoso tra i famosi che nel momento in cui si candidava alla massima carica cittadina faceva lui un favore ad un popolo da civilizzare, reduce, diceva Velardi, da anni e anni di oscurantismo, di Medioevo di ogni ragione, fondato su una relazione solida tra politica e criminalità organizzata.

Il sottoscritto e noi di Casertace, al contrario, eravamo gli unici ad esserci portati avanti con il lavoro, ad aver assunto posizioni nette quando il bulletto toscano, gran conoscitore di cappucci, violando ogni regolamento, ogni statuto, lo candidò. Ci mettemmo a sedere e ben sapendo che il suo carattere avrebbe ogni giorno, “cagato tutto” fuorché il senno, tra i tanti sedicenti Bertoldi, furbissimi e praticissimi che quotidianamente lo osannavano senza mai preoccuparsi di esaminare anche superficialmente il suo pensiero. Per cui, ci siamo seduti in poltrona e sapendo che il soggetto in questione ci avrebbe offerto centinaia e centinaia di spunti, ci siamo limitati a leggere, ad osservare e a esprimere il nostro punto di vista ogni giorno, invitando i marcianisani solo e solamente a sviluppare, senza mai sognarci di chiedere loro di attaccare e di condannare Velardi, cioè la persona che in larga parte avevano votato nel 2016, il segno di un confronto di idee basato sull’analisi dei contenuti relativi agli atti amministrativi e al modo in cui Velardi li presentava e li commentava. Insomma, una roba liberale, né più, né meno.

Qualche risultato lo abbiamo raggiunto. Ma si sa che comunicare attraverso una scrittura articolata come la nostra è difficile e ti permette di raggiungere solamente una porzione limitata di persone, visto che molte altre la considerano barbosa, noiosa. Per cui il Velardi, anche se nettamente indebolito rispetto al consenso ricevuto nel 2016, è riuscito, seppur di strettissima misura, ad aggiudicarsi il ballottaggio e a riconquistare la poltrona di sindaco che aveva perso per effetto di uno dei rarissimi casi in cui i consiglieri comunali, a partire da quelli della sua maggioranza, non sfilarono camminando sotto ai muri nei vicoli e nell’ombra per infilarsi nello studio di un notaio, ma si assunsero la responsabilità politica di quello che noi considerammo, auspicandolo, un atto consistente, serio: una mozione di sfiducia prima largamente discussa a viso aperto e poi votata, come si fa nei veri luoghi della democrazia.

Il successo dell’ottobre 2020 lo ha definitivamente allontanato dalla realtà, divenuta un vero e proprio continente alieno. Ha fatto letteralmente di tutto, nel periodo in cui per comportamenti (e non stiamo parlando dei falsi confezionati che gli hanno consentito di intascare più di 200mila euro in rimborsi che il popolo di Marcianise ha inviato nelle casse de Il Mattino) effettuati durante l’esercizio della sua funzione e collegati a violazioni dei protocolli Covid di cui del resto si era fatto già beffe in occasione della nota vicenda in cui fu fermato e sanzionato da una pattuglia dei vigili urbani, è stato clamorosamente licenziato da Il Mattino. Un provvedimento con pochissimi precedenti in Italia, relativamente a giornalisti non direttori, nel caso specifico del giornalista che in quell’azienda aveva il rapporto occupazionale legato alle norme del contratto nazionale di lavoro più importante e lucroso, una robetta da 7-8mila euro al mese minino. Al tempo, Velardi proprio per la questione dei falsi permessi per la quale è stato rinviato a giudizio davanti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per i reati di truffa e falso ideologico in concorso, si era già giocato il suo compagno di scuola (poi vedremo dal processo se anche compagno di merende), Onofrio Tartaglione, il segretario comunale che aveva voluto fortemente all’inizio della prima consiliatura, al punto da aver attivato una procedura a dir poco, ma proprio a dir poco, discutibile attestata da certe email che noi pubblicammo e che a nostro avviso presentavano una serie di elementi degni di essere approfonditi anche dall’autorità giudiziaria. Se l’era giocato perché il buon Onofrio, a differenza di quello che è sarebbe successo poi con altri dirigenti, fino al caso di questi giorni del già citato Vincenzo Iuliano, aveva resistito, quasi inebetito da un carattere evidentemente molto arrendevole, nonostante tutte le cose che Velardi gli chiedeva di fare e di firmare. Insomma una sorta di kamikaze alla mercè  dell’imperatore Hirohito e del mitico generale Yamamoto, quello per intenderci di Pearl Harbor. Noi abbiamo la certezza che nella vicenda dei rimborsi frutto di falsi permessi, Onofrio Tartaglione, come già abbiamo scritto in passato, sia stato l’unico, essendo lui il pubblico ufficiale che esprimeva la potestà della sua firma, a rischiare l’arresto.

Abbiamo evidenziato la peculiare caratteristica dell’allora segretario comunale, perché questa è collegata a tutte le defenestrazioni, a tutte le dimissioni avvenute successivamente.

Come si dice, un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi, tre una prova o quasi. Se riflettete un attimo tutti quelli che, inorriditi e impauriti, hanno gettato la spugna o sono stati trasferiti ad altri incarichi, sono arrivati a Marcianise come vere e proprie pupille degli occhi del sindaco. Partiamo da uno dei casi più rilevanti, quello di Gennaro Spasiano.  Non è stato mai una mammoletta nella sua carriera professionale, vissuta soprattutto nelle stanze dell’amministrazione provinciale anche come formatore di una vera e propria generazione di fenomeni che poi ha avuto nell’ingegnere Del Prete, quello dei rapporti con l’imprenditore di Casal di Principe Raffaele Pezzella (da poco arrestato proprio per una gara realizzata dalla Provincia) la sua punta di diamante. Eppure, dopo essere stato voluto da Velardi, dopo aver offerto anche la sua attitudine a non essere rigido, ad attivarsi perché obiettivi, spesso inconfessabili come quello dell’operazione speculativa dell’Interporto sfociata poi in arresti e processi, e che ha coinvolto in un primo momento anche il sindaco, indagato ed oggetto di una richiesta di divieto di dimora a Marcianise formulata dalla procura di Santa Maria Capua Vetere, non poteva continuare a seguirlo, perché Spasiano, come nessun’altro, conosceva e conosce quel limite che anche il dirigente, diciamo così più realista, più disinvolto, più pronto a mettere, come si dice, le carte a posto, non poteva superare per evitare di finire in galera. E su questo punto è avvenuto il corto circuito che ha trasformato la vicenda di Marcianise in qualcosa le cui ragioni vanno cercate anche nella sfera dell’irrazionale, in una psicologia complessa e anche pericolosa che porta costantemente a considerare i propri obiettivi elementi che prescindono dal rispetto della legge, di ogni norma. Per capirci: io devo fare questa operazione, tu Spasiano, devi trovare il modo per tenerla dentro a un perimetro per il quale io, Velardi, non rischio nulla. Tu firmi, rischi tu e io ti reco l’onore di tenerti al mio fianco come maggiordomo, valletto di corte. Questo è successo con Gennaro Spasiano, il quale proprio in queste ore ha definitivamente lasciato il suo posto al Comune di Marcianise avviandosi alla pensione.  E questo è successo con tanti altri: se Velardi non avesse voluto Vincenzo Iuliano, non lo avrebbe preso; se Velardi avesse avuto dei dubbi avrebbe potuto evitare che arrivassero la segretaria comunale Virginia Terranova e la sua successora Maria Antonietta Iacobellis, entrambe seguite a Carla Moscato nominata dal commissario prefettizio e che dopo un timido tentativo di rimanere in carica all’indomani della vittoria elettorale di Velardi se la dette, letteralmente, a gambe levate.  Velardi ha fatto letteralmente carte false, come abbiamo più volte dimostrato, affinché Francesco Letizia, ingegnere e dipendente del Comune di Napoli, già in mobilità al Comune di Maddaloni, arrivasse a Marcianise perché gli potesse essere devoto esattamente come lo era stato durante l’ultima campagna elettorale, che in pratica aveva coordinato organizzativamente.

Quella sfera irrazionale di cui scrivevamo prima costruisce, nella testa del sindaco di Marcianise un modello particolarissimo attraverso cui la devozione debba materializzarsi. Per cui, con Francesco Letizia, vicinissimo a lui anche da un punto di vista personale, ha fatto, sviluppando, ripetiamo ancora, questo modello irrazionale e psicologicamente complesso, quello che aveva fatto con Gennaro Spasiano. Letizia, mano mano sempre più tramortito, allibito, mentre gli veniva chiesto di avallare atti assolutamente fuori dal mondo, che avrebbero comportato rischi enormi per la sua fedina penale, è stato letteralmente costretto da un giorno all’altro ad abbandonare il suo posto tornandosene a Napoli.

Esiste, dunque, un solo motivo per il quale Velardi come il titano tra i titani Crono si pappa i suoi figli: l’obbedienza, la devozione è tale se un dirigente, un ingegnere, un segretario comunale sono disposti anche ad andare in galera per realizzare gli obiettivi che per il sindaco sono sempre possibili, sono sempre attuabili e sapete perché? Perché escono dalla sua testa infallibile e incontestabile.

E’ una cosa normale questa? No. Come non è normale che in pochi anni Onofrio Tartaglione e prima di lui Francesco Giacco, Fiorenzo De Cicco, Carla Moscato, Virginia Terranova, Maria Antonietta Iacobellis, Gennaro Spasiano, Francesco Letizia e  oggi, infine, Vincenzo Iuliano, a cui si chiede di stravolgere la legge, le norme che obbligano i Comuni a utilizzare gli avanzi di amministrazione in un certo modo, cioè come è tassativamente previsto dall’art. 187 del Tuel (clikka e leggi) e non in maniera discrezionale, così come vorrebbe fare Velardi. Ciò per la piccolissima, minuta ragione che i soldi di un avanzo di amministrazione non sono di proprietà del sindaco, ma del popolo, esattamente come del popolo erano i 200mila e passa euro che il sindaco ha intascato, grazie alle attestazioni, per la pm Cozzolino false e truffaldine, del mite e arrendevole Onofrio Tartaglione. Se uno dice a un proprio dipendente, “amico mio, io ti ho assunto e ti do lo stipendio per andare a rapinare le banche” è chiaro che quello ti risponde battendosi la fronte con le dita “uè, ma tu sei matto? vatti a ricoverare, io me ne scappo”. Abbiamo affrontato nel dettaglio solo due o tre casi, quello attuale di Iuliano perché è l’ultimo della serie, quello di Spasiano e di Francesco Letizia assolutamente emblematici, anche perché come i nostri lettori sanno, con la Terranova ma soprattutto con la Iacobellis che ha formulato gravissime accuse nei confronti del primo cittadino e di cui vi abbiamo dato dettagliato conto, è andata alla stessa maniera. Cavolo, se c’è un codice penale che stabilisce che certe cose non si possono fare, bisognerà attendere una legge dello Stato, che magari evochi qualcosa della Basaglia, che riconosca a Velardi facoltà extrasensoriali, extracognitive, extrasapienti la possibilità di fottersene del Codice penale e di ogni norma e di fare quello che gli pare.

Ma vi sembra normale che, negli anni della sua amministrazione, più di dieci dirigenti e funzionari tra cui diversi assunti con articolo 110 Tuel quindi di diretta derivazione del primo cittadino, siano stati costretti a scappare per evitare di finire nei guai? Decine, più di dieci, basta contare. E questo meccanismo, il vice prefetto vicario di Caserta Michele Lastella, oggi vice prefetto vicario a Torino, lo aveva capito bene, nel momento in cui strabuzzava, ogni giorno, gli occhi di fronte agli atti realizzati da Velardi tra il 2016 e il 2019. La nuova stele del Monumenti ai Caduti di Marcianise elenca, insomma, nomi che hanno fatto la fine che hanno fatto a causa della stessa arma, della stessa bomba, dello stesso veleno: tu vieni qui e non ti devi mai porre il problema se una cosa che ti ordino di fare sia o meno legale. Tu la devi fare, perché te lo ordina Antonello Velardi. Ecco perché i vari Letizia, Iacobellis, si sono defilati. Non facendolo avrebbero dovuto necessariamente chiamare la Neuro.

Questo andava scritto in occasione della provvidenziale fuga del non più dirigente alla Finanze e al Bilancio del Comune di Marcianise, Vincenzo Iuliano.