MARCIANISE. Velardi dice di aver portato l’uguaglianza tra le famiglie in città. Ma se l’anno scorso ha messo i posti riservati al concerto di Vecchioni stile palco reale!

28 Ottobre 2019 - 19:17

MARCIANISE – Lasciando da parte la Liberté, concetto allo stesso momento semplice ed anche estremamente complesso, soprattutto quando è calato in contesti in cui l’ipocrisia e la cultura dell’apparenza furoreggiano, messo da parte anche quello della Fraternité, inapplicabile nella piazza di Marcianise com’è del tutto evidente, rimane solo l’Égalité, che poi ha costituito quella parte dello slogan storico della rivoluzione francese che la sinistra mondiale, le varie Internazionali, hanno utilizzato per collegare e collocare il pensiero comunista all’avvenimento che segnò la fine dell’età moderna e l’inizio di quella contemporanea.

Dunque, secondo l’ex sindaco Antonello Velardi, che lo ha messo nero su bianco in un manifesto fatto affiggere ieri, domenica, il suo avvento ha segnato la fine dell’oligarchia delle antiche aristocrazie marcianisane e ha instaurato l’eguaglianza fra tutti, di ognuno un’orizzontalità che ha eliminato le differenze frutto dell’appartenenza a certe famiglie e a certe genìe.

E vabbè, ora abbiamo anche il Trockij tascabile, il Che Guevara scarso crinito. D’altronde, seguendo la narrazione di Velardi, abbiamo maturato una rinnovata capacità di comprendere ancor di più l’animo umano quando lo stesso rinnova e vivifica certezze incrollabili che magari tu ritieni siano meri espedienti retorici, quando in realtà sono pensieri, idee, convinzioni tanto radicate da costruire una sorta di involucro insonorizzato che impedisce a colui che le certezze nutre di ascoltare una qualsiasi altra verità.

Con Velardi è andata così, e dunque questa vena assolutista, che abbiamo oggi collegato a uno degli eroi della rivoluzione di ottobre, è reale, perché come ogni dittatore altro che Égalité, questo qui è capace di ascoltare solamente sé stesso e mai e poi mai considera quantomeno una questione l’opinione altrui.

Potremmo citare tantissimi esempi che dimostrano esattamente il contrario di ciò che Velardi ha scritto nel suo manifesto.

Ne menzioniamo uno, per il momento. Apparentemente non è una vicenda cardinale, fondamentale, in cui si estrinseca l’arroganza di un potere che ha bisogno non solo di “essere”, ma continuamente di manifestarsi come tale, ma in verità descrive il personaggio in maniera emblematica, come una sorta di summa che ti arriva dalla cronaca locale quando il nostro (anzi il vostro, cari marcianisani che l’avete votato) perde il controllo ed esce fuori al naturale.

Tarda estate 2018, concerto di musica leggera nell’ambito del programma dei festeggiamenti del Crocifisso. Si tratta di un big event, dato che il Crocifisso resiste ancora oggi alle minacce della secolarizzazione e tra sacro e anche un po’ profano è avvertito sentimentalmente dalla grande maggioranza dei fedeli e dei cittadini di Marcianise.

Una sottolineatura, quest’ultima, che serve a delineare il perimetro di un fatto verificatosi in uno dei momenti clou, più rappresentativi, più importanti dell’identità marcianisana.

Cosa fa Trockij/El Che quella sera: siccome evidentemente gradisce il concerto di Roberto Vecchioni, costituisce un’area riservata con sedie disposte su una decina di file, inibendola al passaggio e all’accesso di tutti quelli che lui non aveva invitato personalmente.

Una ragazza ha il coraggio di far notare a Velardi l’assurdo anacronismo di una collocazione del genere nel tempo presente, che non è quello delle signorie rinascimentali. Lui le si avvicina e freddamente, guardandola con occhi severi e quasi schifati le formula la seguente domanda.

Intermezzo: uno è portato a pensare che un sedicente uomo di cultura abbia potuto fornire una spiegazione, un suo punto di vista, ad una giovane sua concittadina. No, Velardi chiede alla ragazza: “A chi sei figlia?”

E allora che cosa scrivi sul manifesto? Se per te è importante stabilire a chi sei figlio, vuol dire che tu coltivi la cultura delle differenze familiari. Non ti interessa il contenuto, ma il censo.

Per cui, se quella ragazza era figlia a tizio, magari a un suo elettore, meritava una reazione più morbida. Se era figlio a Caio, magari a un soggetto con una vita tempestosa, con qualche trascorso criminale, allora “dalli alla camorrista”, “dalli alla giostraia”.

Un’altra balla spaziale, un’altra esibizione di ipocrisia.

Questo ci siamo ricordati, ma ricordiamo, dalla citazione di Hitler e gli ebrei, avvenuta nei primi mesi della sua sindacatura, la galleria di fatti che dimostrano esattamente che Velardi è un classista censuario sono decine e decine.