“MONNEZZA” A CASERTA. Due cose non ci convincono dell’ordinanza: la mancata contestazione dell’associazione a delinquere a Carlo Marino e l’attribuzione di un ruolo più criminale, rispetto a quello del sindaco, a Marcello Iovino. ECCO PERCHE’

25 Dicembre 2021 - 12:58

Completando la trattazione dei capi A e B della citata ordinanza, utilizziamo oggi il contenuto più specifico delle contestazioni che la DDA e il Gip formulano a carico di ogni singolo indagato

 

 

CASERTA (G.G.) – Siccome non possiamo certo essere noi, semplici autodidatti, con competenze distanti anni luce da quelle di autorevoli magistrati, peraltro impegnati da anni come una sorta di “meglio gioventù” nell’avamposto della DDA di Napoli, a sottolineare e calcare la mano su ciò che per logica non torna nell’ordinanza riguardante anche l’appalto di 116 milioni di euro – prima attribuito, poi abortito, che oggi ha portato all’arresto, tra gli altri, di Carlo Savoia, Marcello Iovino e Pippo D’Auria – dobbiamo attenerci con fiducia alle motivazioni, sicuramente esistenti e in grado di fare a polpette la nostra logica facilona.

E allora seguiamolo, con rispetto e, ripetiamo, con fiducia, il ragionamento realizzato dalla DDA e dal Gip che questa ordinanza ha firmato, sulla relazione tra il sindaco di allora e di ora, Carlo Marino, e i fatti contestati.

Ieri (CLICCA QUI PER LEGGERE) abbiamo collegato quel che è doveroso collegare in quanto comprensibile anche per un neofita del diritto: c’è un gruppo di persone a cui viene contestato il reato di associazione a delinquere.

Nel capo A, questo viene scritto a lettere di fuoco: in 5, Carlo Savoia più tre suoi dipendenti e Pasquale Vitale, si mettono insieme con l’obiettivo di ottenere l’appalto dei 116 milioni.

Per conquistarlo, però, occorre truccare la gara d’appalto che il dirigente del Comune di Caserta Marcello Iovino ha attivato il 2 febbraio 2018, pubblicando bando, capitolato speciale e disciplinare di gara.

Da febbraio a maggio 2018 il gruppo lavora su due fronti. Il primo è quello che potremmo definire della “premiata sartoria” aperta in alcuni vani del Centro Direzionale, isola E7, che ospitano la sede di Xeco, una delle società in cui ballonzola la figura di Carlo Savoia; il secondo è quello di Pasqualino Vitale, super faccendiere casertano, storicamente legato ai più autorevoli esponenti di Forza Italia, da sempre amico sia di Carlo Marino (con cui ha condiviso larga parte della stagione berlusconiana) e di Carlo Savoia (anche lui dentro a quegli anni favolosi di incarichi e prebende).

Attenzione: secondo i Pm, Carlo Savoia e Pasqualino Vitale, che già fanno delle cose insieme, avvicinano Carlo Marino, trattandolo però sempre come un interlocutore e cioè proponendogli un affare losco, illegale, in cui però loro due svolgono la funzione degli attori, degli elaboratori, dei pianificatori, mentre Carlo Marino, insieme a Iovino e Pippo D’Auria, svolgono la parte – diciamocela tutta – dei politici e dei burocrati che si fanno corrompere.

Ed è proprio in questa linea di demarcazione, chiara evidentemente agli occhi dei Pm che risiede uno dei motivi, ma non il solo, per il quale Carlo Marino non ha dovuto affrontare la stessa sorte cautelare di Savoia e degli altri partecipi all’associazione a delinquere.

In pratica, come se Pasqualino Vitale non fosse uno che Carlo Marino conosce da trent’anni o forse più, con il quale si vede da decenni più volte a settimana anche per coltivare un’amicizia, con il quale ha un rapporto familiare.

No, per la DDA i ruoli sono rigidi: Pasqualino Vitale fa il faccendiere, Carletto Marino il politico corruttibile o addirittura corrotto.

Ma noi, che a Caserta conosciamo fatti, circostanze e situazioni, ma soprattutto conosciamo la storia della politica più o meno recente di questo territorio, sappiamo che la struttura del rapporto tra Carlo Marino e Carlo Savoia, ma soprattutto tra Carlo Marino e Pasqualino Vitale, rende complicato il teorema accusatorio fondato sulla linea di demarcazione appena illustrata.

Sono amici, si vedono per parlare di bistecche e fatti di famiglia, dunque non convince neanche il profano di codici e giurisprudenza, questa precisa ripartizione di ruoli, questa idea che Pasqualino Vitale si svegli una mattina, si rechi da Marino e gli dica: “Ciao Carlo, sono un po’  di mesi che non ci sentiamo, ho un affare da proporti”.

No, questi si vedevano e sentivano spesso.

Per cui, se può essere interessante e vera – più che verosimile – l’idea che un pacchetto di illegalità, concepito solamente da Carlo Savoia e Pasqualino Vitale, visto che gli altri tre indagati per associazione a delinquere sono meri esecutori di ordini, è anche giusto e serio utilizzare l’altro aspetto della nostra conoscenza storica, pur non condita da sterminata competenza in materia giuridica.

Andiamo a considerare molto più verosimile che reiterati incontri tra Marino e Vitale, tra Marino Vitale e Savoia, nella ripetitività di eventi collegati al rapporto di amicizia molto orizzontale, abbiano potuto gradualmente (della serie l’occasione fa l’uomo ladro) mettere insieme – per l’appunto orizzontalmente – gli estri del terzetto.

Ecco perché non ci convince il fatto che a Savoia e a Vitale venga contestato il reato di associazione a delinquere e a Marino no.

Riteniamo di essere stati rispettosi al punto giusto, spiegando nel dettaglio e nelle pieghe di una logica, disciplina che riteniamo di conoscere come e più di chi esercita l’azione penale, il nostro punto di vista.

Gli stralci che pubblichiamo e che riprendiamo testualmente, chiudono la trattazione del capo B, quello in cui compare anche Carlo Marino.

Anche qui si coglie una asimmetria che ci ha indotti a ritenere che Marcello Iovino non sia stato arrestato per il reato di turbativa d’asta (lo abbiamo scritto nei giorni scorsi a chiare lettere) ma per altri reati.

Perché se leggete con attenzione Marcello Iovino, nel febbraio 2018 scrive il bando, il capitolato speciale e il disciplinare provvisori in bozza; tre mesi dopo, a maggio, li modifica secondo quello che erano stati gli adattamenti materializzatisi nel lavoro di Cardone, Scamardella e Scognamiglio.

Altro, per quanto riguarda la turbativa d’asta, non c’è nelle contestazioni fatte a Marcello Iovino. Diversa, invece, è la posizione di Carlo Marino il quale “rivedeva e rettificava” i documenti di gara che poi Pasqualino Vitale andava a consegnare a Carlo Savoia per la stesura finale definitivamente alterata.

Per cui si tratta di un ruolo attivo che il sindaco sviluppa anche da un punto di vista tecnico-giuridico, ricordiamoci che è un avvocato anche amministrativista e soprattutto ha ricoperto per anni e anni la carica di assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Caserta, di spessore sicuramente maggiore rispetto a quello di Marcello Iovino il quale, è vero che mette la firma a maggio, dismettendo quella che aveva messo a febbraio, ma non sembra avere un ruolo decisivo nella turbativa d’asta, che invece ha Marino.

Dunque, non può, Iovino, essere stato arrestato anche per la turbativa d’asta, altrimenti non poteva la stessa sorte risparmiare il primo cittadino.

In conclusione, il ruolo attivo, tecnico-operativo svolto da Carlo Marino secondo quello che scrivono i magistrati, segna un ulteriore punto a favore della prima tesi da noi espressa in questo articolo.

Quando c’è una linea di demarcazione tra un corruttore e un corrotto, quest’ultimo si mette lì, controlla, sviluppa ogni ragionamento al riparo da occhi e orecchie indiscreti con il suo dirigente, e con le persone che condividono insieme a lui l’operazione illegale.

Mai visto, invece, che un sindaco corregga, rimaneggi, aggiunga righe e altri contenuti a un bando di gara, consegnandoli, stra-badate bene, non ad un dirigente, ma direttamente nelle mani di Pasqualino Vitale, di cui si fida totalmente, come ci si può fidare non di un semplice faccendiere, mediatore di corruzione ma di un amico di sempre con il quale non si può escludere assolutamente un contributo molto più attivo da parte del sindaco nella messa a punto del piano operativo elaborato a monte, che poi è la condizione di discrimine che separa l’ambito di contestazione del reato più grave di associazione a delinquere, dall’altro ambito in cui questa contestazione non viene formulata.

Nel giorno di Natale ci siamo sforzati molto per spiegare.

E lo abbiamo fatto proprio perché rispettiamo molto in maniera rigorosa la magistratura, stando (senza scomodare l’escatologia del bene e del male) dalla parte delle guardie nell’imperitura lotta contro i ladri.

Non solo a chiacchiere.

 

L’ULTIMA PARTE, MOLTO ILLUMINANTE, DEL CAPO B