OSPEDALE di CASERTA. Tra le ostetriche funziona il parto dei figli e dei figliastri. Il “comando” è vietato a tutti con l’eccezione della pupilla del primario

22 Giugno 2023 - 18:45

Ormai dobbiamo selezionare, per motivi di tempo, le tante segnalazioni che ci arrivano dall’azienda ospedaliera e dall’Asl. Chi ci segue con attenzione sa che scegliamo quelle in cui ravvisiamo l’odioso riverbero feudale che premia solo chi ha santi in paradiso, calpestando ogni principio di equità e di giustizia.

CASERTA (g.g.) Dovessimo trasformare in articoli tutte le segnalazioni e le denunce che ci arrivano sui misfatti della sanità casertana, occorrerebbe veramente un giornale intero dedicato solo a questi argomenti. Dovendo allora decidere un metodo, un criterio di pubblicazione di quel poco che il nostro tempo professionale, molto complicato, ci permette di proporre ai nostri lettori, in materia sanitaria e di politica sanitaria, abbiamo deciso, per quanto riguarda l’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, di occuparci di quei casi in cui, a nostro avviso, vengono consumati piccoli, grandi soprusi e discriminazioni, in una logica di “figli e figliastri”, nella quale, i figli sono i raccomandati dalla politica, o da qualche barone o baronetto dei vari Dipartimenti e delle Unità operative complesse. Non a caso, nei mesi scorsi, abbiamo speso tanta passione nel racconto di storie veramente allucinanti, relative a precari decennali, ventennali, forse addirittura trentennali, che la Direzione strategica, capitanata dal direttore generale Gaetano

Gubitosa, ha letteralmente buttato via come carta vecchia da pattume, rifiutando, di fatto, la stabilizzazione, a vantaggio di progetti esterni che hanno partecipato a concorsi-barzelletta che tali sono stati, così come abbiamo dimostrato in lunghe trattazioni ricche di argomenti, di documenti, che ogni lettore potrà facilmente rinvenire nel nostro disponibilissimo e copiosissimo archivio.

Negli ultimi giorni, sempre su questa linea di contenuto, ci siamo incuriositi rispetto a una cosa molto strana – diciamo strana per usare un eufemismo – che si sta verificando dentro al Dipartimento “Della Donna e del bambino” e, più specificatamente, nell‘Unità operativa complessa di Ginecologia e Ostetricia, incubata in questo dipartimento, di cui è primario il medico napoletano o, almeno, se non è proprio napoletano è sicuramente proveniente professionalmente da Napoli, Luigi Cobellis, che ricopre anche la carica di capo dipartimento. Cobellis è arrivato a Caserta dall’Università Vanvitelli, che, sulla carta, è “l’Università della Campania”, con sede a Caserta, ma che, col Nuovo Policlinico ancora latitante, è un’Università napoletana a tutti gli effetti, visto che i suoi due terzi, cioè la facoltà di Medicina sta a Napoli in tutto e per tutto, opera prevalentemente all’interno del Vecchio Policlinico, con qualche istituto ospitato anche dal Secondo policlinico, cioè quello della Federico II.

Un paio di anni fa, dal San Matteo di Pavia, è arrivata a Caserta una valente professionista, valente esattamente come tutte le altre ostetriche che lavorano con grande impegno in quel reparto. A quanto pare, il curriculum professionale della dottoressa Maria Rosaria Desiderio vanta anche una collaborazione con il papà del primario Cobellis. Insomma, un solido rapporto che noi non abbiamo alcuna difficoltà a definire trasparente, lecito e fondato realmente su un’alta considerazione professionale.

La dottoressa Desiderio è arrivata nell’ospedale di Caserta utilizzando lo strumento, normato dal diritto amministrativo e dal diritto del lavoro, del cosiddetto “comando”. In pratica, un’azienda ha un’impellente necessità di coprire una postazione professionale delicata; i tempi per un concorso sono lunghi e complessi e, allora, si accoglie, dopo un colloquio di selezione, perché, magari, ci può essere più di un richiedente in ballo, un’istanza di trasferimento in comando. In sostanza, il comandato riceve un placet dall’azienda in cui opera e che continua a rimanere il suo luogo di lavoro di riferimento, per trasferirsi, a tempo determinato, anzi, determinatissimo, in un’altra azienda che, a sua volta, ha unito il suo via libera a quello dell’azienda di origine.

Diamo per scontato, stavolta vogliamo fare proprio i signori e, dunque, non vogliamo nemmeno utilizzare la solita formula “fino a prova contraria” , che la dottoressa Desiderio fosse stata l’unica a presentare domanda di trasferimento in comando. Niente da dire, neppure su un eventuale ruolo attivo svolto dal primario Cobellis il quale, legittimamente, si è accorto, a un certo punto, che 23 ostetriche non erano sufficienti per garantire gli standard che lui aveva in testa. Accortosi che non c’erano altre istanze di comando, ha alzato il telefono e, ripetiamo, legittimamente, ha allertato la stimatissima signora Desiderio, dicendole che quello era esattamente il momento buono per presentare la proverbiale domanda alla Direzione generale.

Palla al balzo, attimo fuggente, tutto ok, la Desiderio è arrivata, si è insediata, ha consumato il suo periodo di azione a Caserta, previsto dalla convenzione, riteniamo stipulata col San Matteo di Pavia e ora, ineluttabilmente, si avvia a chiudere la sua esperienza, ritornando a quella che, ripetiamo, era ed è la sua postazione professionale, visto e considerato che non risulta che sia stata mai trasferita, ma semplicemente comandata.

E invece no. A quanto pare, proprio alla vigilia della scadenza dei termini, il solito Gubitosa, con un colpo di reni, avrebbe deciso, o starebbe lì lì per decidere, di rinnovare il comando all’ostetrica Desiderio, la quale, essendo lei stimatissima dal primario Cobellis, ha fatto, nel tempo in cui ha operato a Caserta, un sol boccone delle altre sue 23 colleghe che, nonostante fossero in servizio da anni e anni in quel reparto, non erano evidentemente in grado, al cospetto “di cotanto senno”, di esercitare la carica di facente funzioni, assorbita, invece, ipso facto, dalla Desiderio.

Domanda: ma una posizione professionale determinata dall’applicazione dell’istituto del comando, è prorogabile, al di là dei termini di scadenza previsti? Sì, è prorogabile. Se le due aziende pubbliche sono d’accordo, il comando può essere rinnovato.

Ora qualcuno potrebbe chiedere: scusa, CasertaCe, e allora qual è il problema, visto che si può fare? Ed ecco che arriviamo al tasto dolente, all’argomento che muove e definisce il nostro metodo di scelta delle notizie riguardanti l’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, ma anche l’Asl: la discriminazione tra i figli e i figliastri, odiosa pratica del sedicente management degli ospedali delle Asl del Sud Italia, non ne parliamo neppure di quelli della Campania, silenzio tombale su Asl e Aorn di Caserta. Un retaggio tipicamente feudale, che consente a chi possiede il potere, di determinare i destini delle persone normali, semplici, dei lavoratori dipendenti, al di là, al di sopra di ogni principio di equità e finanche di giustizia.

In quello stesso reparto, ma, in generale, in tutto l’ospedale di Caserta, è stato eretto un vero e proprio muro di fronte alle istanze di accesso in servizio attraverso lo strumento amministrativo del comando, presentate nell’ultimo anno. La direzione si è accorta all’improvviso che ci sono tante graduatorie da scorrere, ci sono diritti di persone che non lavorano, che sono disoccupate e che vengono sicuramente prima di chi, invece, un lavoro ce l’ha già. Per questo motivo, chi ha presentato istanza di ingresso in comando, nell’organico dell’Aorn, ha ricevuto un rifiuto, un diniego, al punto che oggi queste richieste si sono quasi azzerate, in quanto si sa che all’ospedale civile di Caserta non si può più arrivare, almeno per il momento, con la spedizione del comando.

E allora, su quale base, direttore generale Gaetano Gubitosa (la sappiamo noi qual è la base!) lei sta decidendo di rinnovare il comando alla pur brava e valente dottoressa Desiderio, mentre sbarra la strada a tutte le altre istanze formulate da professionisti ugualmente valenti? Solo perché questa è apprezzata professionalmente dal primario? Sa come si chiama questa roba qui, e lei qualcosa, venendo da Montemiletto, dovrebbe conoscere di questa trama storica medievale: si chiama feudalesimo. Siccome comando io, non esiste il merito, non esistono le garanzie per i lavoratori, non esiste l’uguaglianza, non esiste l’imparzialità, mentre esiste l’abuso di potere. Perché, come altro lo possiamo mai chiamare questo che lei ha già fatto o sta facendo? O meglio, come lo deve chiamare quell’aspirante al comando che ha presentato istanza, esattamente alla stessa maniera con cui la dottoressa Desiderio ha presentato la sua per il rinnovo? Se è modo questo di operare per promuovere una società moderna, competitiva, meritocratica, realmente in grado di garantire una crescita del livello dei servizi pubblici, allora vuol dire che tutto quello che sappiamo, conosciamo, tutto quello che è scritto e abbiamo letto in opere importantissime, come i Vicerè di Federico De Roberto, o come lo stesso Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, sono puttanate indegne finanche di comparire in un giornaletto rosa.

A proposito, Gubitosa è in scadenza. Il prossimo 25 luglio si esauriranno anche i 45 giorni supplementari ai tre anni di contratto. Sulla carta, se ci trovassimo in un posto normale e se per il governatore della Campania Vincenzo De Luca contasse per almeno un’oncia la capacità, la preparazione, la velocità di pensiero e la visione moderna, l’ultima cosa che dovrebbe fare a fine luglio o ad agosto, sarebbe quella di nominare di nuovo Gubitosa, il quale sicuramente ha presentato la sua ricandidatura. Ma, siccome questa è la Regione Campania e De Luca, checché lui ne dica, non apprezza la qualità, l’efficienza, la cultura degli obiettivi, premiando in questo modo la gente pensante, allora è probabile che nomini ancora Gubitosa, oppure uno “alla Gubitosa”.