RICICLAGGIO milionario di CAMORRA. Il ruolo importante del socio in affari di Gabriele Massimo Brusciano, killer di Peppe Setola, il trasporto dei soldi da San Tammaro a Salerno
29 Ottobre 2021 - 12:18
Delineiamo il ruolo di Stefano Piscopo, che insieme a suo fratello Giuseppe, riscuoteva costantemente enormi cifre di danaro che con puntualità gli venivano portate da Armando Della Corte dopo che questi le aveva raccolte dallo squadrone di riscossori, i quali, pagati con la miseria di 50 euro al giorno, avevano messo a disposizione i loro conti correnti in cui transitavano milioni di euro, pur essendo i titolari assolutamente nullatenenti e che mai hanno presentato in vita loro una dichiarazione dei redditi come pure emerge dai riscontri effettuati dalla guardia di finanza
TRENTOLA DUCENTA/SAN MARCELLINO – Nella galleria dei protagonisti, dei co-protagonisti e delle comparse dell’ordinanza sul maxi riciclaggio di cui ci stiamo occupando in questo periodo, approfondendo fatti e personaggi, oggi partiamo da un’altra figura di rilievo, intendendo per rilievo l’assunzione di un ruolo che nell’organizzazione non era certo ascrivibile a quello della manovalanza. Se Giuseppe Guarino, cognato di Giacomo Capoluongo
Nell’ultima puntata di questo nostro focus (CLIKKA QUI PER LEGGERE) ci siamo soffermati sulla figura di Armando Della Corte di Aversa e sul suo meccanismo organizzativo che si dipanava da una sorta di quartier generale che lui aveva impiantato presso un capannone industriale o artigianale, localizzato in quel di San Tammaro. Da quell’approfondimento si è capito che i titolari dei conti erano considerati veramente dei poveri disgraziati da remunerare con 50 euro al giorno e con l’obbligo di depositare il postepay o la carta ricaricabile nella mani di Della Corte che volta per volta, giorno per giorno, la consegnava al riscossore proprio dentro o davanti alla sede del citato capannone di San Tammaro.
Oggi, invece, è la volta di Stefano Piscopo, 60 anni di Pagani, area ad alta densità camorristica e in cui come abbiamo varie volte scritto in passato, si sono addensati molti interessi del clan dei casalesi, nel settore dell’ortofrutta ma non solo. E proprio in quell’area territoriale, Stefano Piscopo aveva sviluppato una sorta di società del malaffare, dedita ai reati fiscali con Eva e Luigi Brusciano. Cognomi importanti nel mondo della camorra dei Casalesi, visto che si tratta della sorella e del fratello di quel Gabriele Brusciano, detto Massimo, di Aversa, uno dei componenti dei gruppi di fuoco di Peppe Setola, uno che ha ricevuto una condanna definitiva, nell’ottobre 2017, per il tentato omicidio di Salvatore Orabona e Giuseppina Molitierno.
Un episodio, quest’ultimo, diventato notissimo alle cronache, non solo perchè appartiene al periodo stragista di Setola, ma perchè l’audio di quella scorribanda, di quel raid realizzato, nell’esaltazione delle voci di chi lo compila, fu reso pubblico e anche noi di CasertaCe a suo tempo lo mettemmo a disposizione dei nostri lettori. Sventagliate di kalashnikov sotto la casa di Trentola dove abitava Orabona, il quale, capita l’antifona, si era barricato e non aveva fatto entrare la persona conoscente che avrebbe dovuto poi ammazzarlo o farlo ammazzare. La rabbia di Setola, di Brusciano e degli altri, espressa nelle centinaia di proiettili esplosi verso il balcone di Orabona, con la conseguenza che una di queste pallottole era entrata nella casa in cui l’incolpevole casalinga Giuseppina Molitierno si trovava ai fornelli, attingendola e ferendola, fortunatamente in modo non letale.
Questo rapporto dunque tra Stefano Piscopo e i fratelli Brusciano, le vicissitudini giudiziarie che determinarono un provvedimento di sequestro per equivalente emesso dal tribunale di Nocera Inferiore nei confronti dei due Brusciano, fornisce alla figura di Piscopo un significato non certo dozzinale. Non è improbabile, dunque, che questi rappresenti a sua volta un elemento di collegamento tra il clan dei casalesi e quel mondo di diseredati incaricato di ripulire la vera e propria cascata di danaro, frutto del tourbillon di operazioni di falsi acquisti e di false vendite tra società per creare provviste di danaro da frammentare con ulteriori operazioni di bonifico bancario sui conti correnti dei riscossori organizzati dal Della Corte ma dallo stesso Stefano Piscopo.
Nell’ordinanza, a Piscopo, anche lui arrestato nell’operazione anti riciclaggio, viene collegato il nome della società Fuel Trans Ungheria, naturalmente di nazionalità magiara, ma, scrive il gip illustrando questo particolare come elemento di riscontro “con unità locale in Italia”. Di questa Fuel Trans Ungheria torneremo sicuramente a parlare nel seguito dei nostri approfondimenti.
In questo stralcio di ordinanza si coglie anche la modalità con cui opera Stefano Piscopo. Lui non opera in provincia di Caserta o n provincia di Napoli, ma nei suoi territori, quelli del Salernitano confinante con il Napoletano. Intanto, ritornando sempre sulla Fuel andiamo a stabilire con precisione l’entità del flusso di denaro mosso dal conto corrente di questa società 6 milioni 726 mila 572. E qui si capisce che Stefano Piscopo e suo fratello Giuseppe erano degli elementi di rilievo. Armando Della Corte, una volta incassate le somme in contanti dai suoi prelevatori si metteva in auto e raggiungeva Salerno, precisamente la zona del casello autostradale di Salerno che si trova a Castel San Giorgio o al limite allungandosi fino a San Marzano.
Tutto ciò per incontrare i Piscopo e consegnargli queste grosse cifre di danaro. E qui ci fermiamo per il momento avendo chiarito che i Piscopo sono persone come si suol dire, abilitate ad avere tra le mani centinaia e centinaia di migliaia di euro. Il che, come poi vedremo nei successivi approfondimenti, significa qualcosa o più di qualcosa.
QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA