TAMPONI, una miniera d’oro. Migliaia di test fatti da infermieri nelle sedi delle loro coop. TOTALMENTE ILLEGALE

5 Gennaio 2022 - 19:12

In calce all’articolo, pubblichiamo un manifesto pubblicitario della “Assistenza Infermieristica Domiciliare”. Se il test a domicilio, seppur discutibile, è consentito, è assolutamente vietato in locali non accreditati ai sensi della legge 73/01

 

 

CASAL DI PRINCIPE – Nel giorni di San Silvestro (CLICCA QUI) prendendo spunto da una notizia di cronaca arrivataci da Alife che raccontava di un blitz dei Nas dei Carabinieri in una parafarmacia intenta a fare tamponi a persone presenti al suo interno, abbiamo fatto una prima fotografia dello stato delle cose, così come questo si è sviluppato a Caserta e in provincia, all’indomani della esplosione della tampone-mania.

Mania alimentata, come un cane che si morde la coda, dalla crescita esponenziale dei numeri dei positivi, che poi sono aumentati sempre di più divenendo causa ed effetto delle file chilometriche davanti ai laboratori di analisi e alle farmacie.

Quel nostro ragionamento partiva da un caposaldo: la legge 73 del 2001, che in pratica traduce in accreditamento i rapporti convenzionali che le strutture private, laboratori, diagnostica per immagini, hanno con il Servizio Sanitario Nazionale, per il tramite delle Regioni, nel nostro caso la Campania.

La legge 73 del 2001 pone una serie di requisiti significativamente stringenti che abbracciano sia i livelli minimi occupazionali (devono esserci almeno 5 persone assunte), sia i parametri di sicurezza e di abitabilità strutturale dei locali.

Per avere l’accreditamento ai sensi della legge 73 occorre, dunque, realizzare degli investimenti significativi, importanti e anche dolorosi per le casse di un imprenditore privato.

Se non hai quella “cartuscella” attaccata al muro, tu non potrai fare nulla nel laboratorio di analisi, nella struttura che fai radiografie, tac, risonanze. Se muovi una provetta, compi un reato, senza se e senza ma.

Non casualmente, dunque, la necessità di permettere a più agenzie di erogazione possibili la pratica dei tamponi è arrivata fino al limite delle strutture provate accreditate e delle farmacie che ugualmente devono uniformarsi a una rigida disciplina per poter vendere le medicine con la copertura del SSN, ricevendo da questo tanti, ma proprio tanti, quattrini di rimborso.

Domanda ai nostri lettori e anche ai Nas dei Carabinieri: se l’intervento nella parafarmacia di Alife è stato ineccepibile, questo ha avuto seguito con speculari controlli nel folle suk, nel circo che ha aperto i battenti quando in decine di migliaia, in centinaia di migliaia, chiedevano di sottoporsi ad un tampone a 30 euro per gli antigenici, a 50-60 per i molecolari?

A noi non risulta, mentre ci risulta che il caso di Alife sia rimasto isolato.

Facciamo ordine.

Se io sono infermiere e stipulo da solo o insieme a miei colleghi, magari riuniti in cooperativa, un accordo con una farmacia o con un laboratorio di analisi accreditato, sto dentro alla legge o no?

Sì, ciò è consentito dalle norme vigenti.

Si porrà il problema della verifica dei titoli professionali, cioè di capire se quello è un infermiere vero o “pezzottato”, ma questa è un’altra storia, appartenente ad un diverso livello di controllo.

Ma dove possono avvenire i prelievi che servono a processare un tampone?

Qui non si scappa: o all’interno di una struttura accreditata, provvista della certificazione ai sensi della legge 73/01 o all’interno di una farmacia.

Tutte possibilità che si sono aggiunte all’opera erogata negli ambulatori pubblici direttamente gestiti dall’Asl.

Vedete questo manifestino pubblicitario uscito anche nelle pagine Facebook più frequentate di Casal di Principe?

Una non meglio precisata “Assistenza Infermieristica Domiciliare” pubblica questo annuncio per intercettare persone che vogliano sottoporsi al tampone antigenico o molecolare.

In teoria non siamo fuori dal perimetro del consentito. Magari l’autonomia con cui questo annuncio viene presentato non traduce la realtà dei fatti e suscita la seguente domanda: ma il laboratorio di analisi e la farmacia, o la clinica privata, o una qualsiasi altra struttura coperta dal requisito granitico della legge 73/01, a cui necessariamente questi infermieri domiciliari devono collegarsi (visto e considerato che solo così si può accedere alla piattaforma dove si realizza la cruciale operazione di registrazione dell’esito del tampone) sono al corrente della scelta degli infermieri con cui hanno stipulato l’accordo di fare spot pubblicitari?

Perché non c’è dubbio, ripetiamo, che esista una relazione tra questi infermieri e una struttura accreditata a consegnare materialmente i tamponi e a registrarne l’esito, comunicandolo alla Repubblica Italiana.

Perché non vogliamo mai pensare che il rapporto tra strutture accreditate e questi infermieri che ormai battono il territorio, soprattutto in agro aversano, a caccia dell’ultimo anziano, dell’ultima persona sprovveduta, sia a compartimento stagno.

Io laboratorio ti consegno 100 o 200 tamponi, tu infermiere li fai, ti fai pagare, e poi magari ci mettiamo d’accordo.

Qualcuno potrebbe obiettare: vabbè, già il guadagno non è granché, visto che per i tamponi di buona qualità si spendono quasi 13 euro “all’ingrosso”, poi dobbiamo pure dividere?

Attenzione. Le file chilometriche davanti ai laboratori e alle farmacie continuano ad esserci.

La regolare erogazione dei tamponi sta sviluppando numeri vertiginosi. Tutto quello che vanno a raccattare questi infermieri sul territorio è un di più.

E siccome questa attività, tenendo conto che gli infermieri attivi e radicati sanno benissimo dove andare, investe migliaia e migliaia di persone, anche la divisione di 17-18 euro di profitto su ogni antigenico e dei 30 su ogni molecolare, diventa un business.

Ma tutto questo non è vietato. Si può fare, ma solamente a domicilio.

E forse non casualmente questo gruppo di infermieri di San Cipriano d’Aversa ha voluto inserire nel nome della propria ditta la parola “domiciliare”.

Quando però ha sviluppato lo spot pubblicitario, se notate, ha scritto “a domicilio o in sede”.

Beh, noi vi garantiamo, e sarebbe utile se i Nas facessero un po’ di giri, anche a Caserta dalle parti di via Patturelli per esempio, che ci sono file lunghissime davanti alle sedi di queste cooperative di infermieri, a cui magari partecipano anche biologi e altre figure professionali.

Ma se i Nas entrano in quella sede, non troveranno nessuna “cartuscella” con il timbro della Regione Campania di accreditamento ai sensi della legge 73/01.

Leggete bene: “In sede o a domicilio”. Rei confessi, ma non smascherabili, perché state tranquilli che questo articolo farà dire agli infermieri che quando hanno parlato di sede non si riferivano alla loro ma a quella del laboratorio accreditato.

In realtà non è così e un’azione adeguata di polizia e di verifica produrrebbe lo stesso effetto e gli stessi risultati venuti fuori nel caso della parafarmacia a cui i Nas hanno posto i sigilli il 30 dicembre scorso in quel di Alife.

E figuriamoci se a Caserta e in Campania, fiutato quello che possiamo definire il business psicotico, frutto di questa follia collettiva, non venissero fuori come funghi pletore di sciacalli con la pratica illegale incorporata.

Ovviamente il 90/95% di queste persone rimarrà impunita e intascherà tanti quattrini da tamponi realizzati in sede non igieniche, non idonee e non accreditate.

Gli infermieri che girano a fare prelievi agli anziani e che poi, facendosi pagare in nero, li vendono al miglior offerente, in una sorta di asta immonda del sangue, del plasma, dell’urina, delle feci, sono una realtà consolidata e largamente impunita. Ma almeno quelli vanno a domicilio, bussano alla porta alle 7 del mattino, si fanno pagare magari per 4 anni e l’ultimo anno vanno a fare i consiglieri comunali, gli assessori, scontando in voti il pagamento in nero.

In questo caso, il brodo aureo, la possibilità di arricchimento è stata tanto repentina e tracimante, che l’attivazione illegale di siti per i tamponi ha rappresentato un modo per decuplicare, centuplicare, gli incassi rispetto al solo utilizzo della pur discutibile, ma comunque non illegale pratica del tampone domiciliare.

Domani parleremo del rigore e della credibilità dei report sulle positività/negatività al virus ravvisate con i tamponi fatti in sede illegale.