????????????IL FOCUS. Ci mancava solo questa: Francesco Deodati, cugino del reo confesso Antonio, seduto al tavolo della Prefettura che ha dato l’ok al secondo anno di proroga. Stato malato

1 Febbraio 2019 - 03:53

CASERTA(Gianluigi Guarino) Per non urtare alcuna suscettibilità, cerchiamo di semplificare i discorsi, rimanendo strettamente legati ai contenuti dei testi delle norme che regolano la materia dell’interdittiva antimafia e di quello che la maggiore istituzione di governo del territorio, cioè la Prefettura, ha messo nero su bianco nel verbale della riunione, svoltasi l’altro ieri, martedì 29 gennaio, e a cui hanno partecipato i rappresentanti del comune di Caserta, i livelli della direzione generale ed operativa di Ecocar e una pletora di sindacalisti assortiti, da Gennaro Rondinone in giù.

In premessa, va detto che il prefetto di Caserta Raffaele Ruberto, ha ritenuto che la situazione venutasi a creare per il mancato incasso, da parte dei dipendenti Ecocar, degli emolumenti del mese di dicembre, non meritasse una sua autorevole presenza di coordinamento della riunione che è stata, invece, condotta in sua vece, da Immacolata Fedele, per gli amici Imma, capo di gabinetto.

LA SUPER PROROGA E LA “PEZZA A COLORE”.

L’argomentazione o meglio, lo strumento utilizzato, la “pezza a colore” per tenere in vita la proroga a ben 12 mesi (record italiano imbattibile) dalla scadenza del contratto, è costituito dal richiamo al comma 10 dell’articolo 32 della legge 114 del 2014.

Questo comma 10 rappresenta, secondo i due amministratori straordinari di Ecocar, nominati dalla prefettura di Latina, badate bene, nel gennaio 2018, cioè più di un anno fa, una norma che va ad annullare ciò che è stato approvato nel Protocollo per la legalità, sottoscritto anche dal comune di Caserta, nell’anno 2007.

Il citato comma 10 dell’articolo 32 effettivamente rende più morbida la disciplina della relazione tra enti pubblici ed imprese colpite da provvedimenti amministrativi di interdizione antimafia.

LA RAGIONE PREVALENTE” MANDA IN PENSIONE IL PROTOCOLLO DELLA LEGALITA’. Mentre il protocollo della legalità sosteneva, in pratica, che non esisteva alcuna possibilità di mantenere in piedi il rapporto contrattuale e, conseguentemente, economico con l’impresa interdetta, l’articolo 32 comma 10 della legge 114 del 2014 individua una ragione prevalente finanche a quella che intende evitare che lo stato diventi finanziatore di aziende, in qualche modo, infiltrate dalla criminalità organizzata. La ragione è costituita da quelli che la norma appena citata definisce testualmente “servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali“. E’ del tutto evidente che il servizio di raccolta dei rifiuti è direttamente connesso al diritto alla salute che è, forse, tra i diritti fondamentali, “il più fondamentale”.

Per cui, la Prefettura, forse entrambe le prefetture, anche quella di Latina, hanno trovato in questa ragione prevalente, la chiave per risolvere il problema degli stipendi, dato che questo, messo nero su bianco su un verbale di riunione, ha indotto immediatamente il dirigente del comune Franco Biondi, presente a quel tavolo, a garantire, già nella giornata del 29, così è scritto testualmente nel verbale che pubblichiamo in calce, “la firma della determina di liquidazione“, attraverso la quale i lavoratori dovrebbero intascare lo stipendio di dicembre, entro la giornata di domani, venerdì primo febbraio.

QUANDO L’ISTITUZIONE TIRA A CAMPARE: UNA PREFETTURA “REPEZZATA”. Ma quanto c’è di morale in questa scorciatoia? Perchè di scorciatoia si tratta, lo Stato si è messo dietro al tavolo e ha giustificato se stesso, la sua pigrizia, la sua inazione, la sua incapacità di affrontare la questione dell’interdittiva antimafia di Ecocar, nei tempi in cui andava affrontata, mettendoci una toppa, un rappezzo. Insomma, la Prefettura è diventata il femminile della famiglia Diana: prefettura “repezzata”.

Veniamo alla lettura del citatissimo comma 10 dell’articolo 32 della legge 114: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell’ANAC.

Sarà interessante, al riguardo, conoscere il punto di vista dell’Anac, quando gli arriverà dalla Prefettura di Caserta, il testo di questo verbale. Per cui, se abbiamo capito bene, il titolare dell’ufficio di governo, gli amministratori straordinari di Ecocar, ritengono che, siccome la monnezza se uno non la raccoglie dalla strada, là rimane, si accumula e cresce esponenzialmente, si potrà eventualmente, alla luce dell’articolo 32, comma 10, prorogare a tempo indeterminato il contratto con un’azienda, la quale è stata colpita da una interdittiva antimafia definitiva, tombale non più appellabile.

ALLA LEGGE CI SI INCHINA SEMPRE, ANCHE QUANDO E’ UNA LEGGE DEL CAZZO. Le leggi vanno rispettate, ma possono essere criticate. E allora, diciamocela tutta: bella legge del cazzo. Ma, in realtà, come sempre capita nella legislazione nostrana, c’è una carenza, un contenuto incompleto di norme che nascono anche per fondate e addirittura nobili motivazioni.

Perchè non è sbagliato dire che la monnezza in mezzo alla strada è un attentato al diritto alla salute e, dunque, sovrasta ogni altra ragione, finanche quella dei soldi gentilmente elargiti dallo Stato alla criminalità organizzata o ad aree imprenditoriali ad essa connessa. Ma andava chiaramente definito un termine, perchè, a questo punto, passa il principio che siccome c’è una persona che ha bisogno ogni giorno di assumere un medicinale da cui dipende la sua vita o la sua morte, e, per qualche ventura, quel medicinale non gli può essere passato dal servizio sanitario nazionale, un suo congiunto va a rapinare una tabaccheria, una banca, un ufficio postale, a rotazione giornaliera, per garantire le pillole salvavita.

E’ una roba seria questa? No, sarebbe ontologicamente illegale. Però, c’è una legge costruita frettolosamente che non ha garantito un minimo di tutela alla ragione della legalità e che consente a questi furbacchioni, riunitisi in prefettura, e che da un anno non si sono posti il problema che a Caserta operava una azienda interdetta sin dal gennaio scorso (ecco perchè occorre apporre un termine alle previsioni dell’articolo 32, comma 10), di trovare una soluzione per tirare a campare e per occuparsi, da domani in poi, di altro. E’ una vergogna.

LA LEGGE E L’OBLIO SUL CONSIGLIO DI STATO. Detto questo, la legge è fatta di parole. E molto spesso le parole si prestano a differenti interpretazioni. Ecco perchè esiste la giurisprudenza. I più alti organismi della giurisdizione, Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei Conti a sezioni riunite, rispondendo a quesiti o pronunciandosi con sentenze rispetto a contenziosi o a procedimenti giudiziari di vario tipo, stabiliscono una interpretazione autentica di una norma.

Se la Prefettura di Caserta e gli amministratori straordinari trovano nel comma 10 dell’articolo 32 della legge 114 del 2014, l’appiglio per continuare beatamente con le proroghe ad Ecocar, per quale motivo non è stata compiuta una ricognizione e una valutazione da parte degli autorevoli dirigenti dello Stato, presenti a quel tavolo, rispetto ad un pronunciamento del Consiglio di Stato che non è proprio costituito da un manipolo di analfabeti e di mentecatti, i quali, come abbiamo scritto almeno 5 volte, il 6 aprile 2018, cioè 4 anni dopo l’emanazione della legge 114, ha scritto testualmentea) “il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale (in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione) e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159. b) l’art. 67, co. 1, lett. g) del d. lgs. 6 settembre 2011 n. 159, nella parte in cui prevede il divieto di ottenere, da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa”.

Chissà perchè il Consiglio di Stato non ha considerato, nel suo pronunciamento, ciò che è scritto nella legge 114. La questione andrebbe approfondita. Ma, certo, un rappresentante del prefetto, due amministratori straordinari non possono ragionare solo su una norma, ma devono anche valutare la materia, alla luce di una sentenza del massimo organo della giurisdizione amministrativa. Ciò non vuol dire che il Consiglio di Stato abbia avuto ragione ad ignorare la legge 114. Vuol dire che, risalendo al caso di specie di cui si era occupato, bisognava capire se la non valutazione della legge 114 fosse dovuta ad una contingenza, ad una specificità riguardante il merito del ricorso presentato ed esaminato dai giudici di Palazzo Spada o se, invece, per il Consiglio di Stato è più importante come principio generale, al di la della contingenza specifica, che la mafia e i suoi derivati non incassino i soldi dei contribuenti, finanche rispetto alla possibilità che la monnezza riempia le strade di una città.

CHE FESTA PER I DEODATI, OVVERO QUANDO LO STATO SI AUTO CASTRA. Queste tre paginette redatte alla buona, alla “volemose bene“, sono state firmate alla presenza, niente popodimenoche di Francesco Deodati, sì, proprio lui, nella veste, ci dicono, di capo area della direzione generale. In poche parole, lo Stato ha sacramentato un’interdittiva antimafia affinchè la famiglia Deodati non governasse più Ecocar, e lo stesso Stato ha fatto sedere, al suo cospetto,  un componente di questa famiglia, per garantire altri soldi alle casse di Ecocar.

Perchè Francesco Deodati è il cugino di quell’Antonio Deodati, arrestato in Sicilia e che ha patteggiato, dichiarandosi sostanzialmente colpevole, una pena a 3 anni e 4 mesi di reclusione per i reati di corruzione e turbata libertà degli incanti.

Ma Francesco Deodati non è solo un riflesso, un’estensione logica e biologica di Antonio, dato che lui direttamente è imputato nello stesso procedimento e ha chiesto di essere processato con rito abbreviato.

DUE PAROLE RISPETTOSE AL PREFETTO. Signor Prefetto, con calma e con rispetto: ma una registratina alla conoscenza cognitiva delle cose che lei sta affrontando, ce la vogliamo dare, oppure no? Signor Prefetto, con calma e con rispetto, ma lei ritiene veramente che la sua funzione possa essere quella di risolvere i problemi alla carlona, spalando la merda dalle strade e nascondendola sotto i tappeti? Ad oggi con questi soldini erogati per effetto del verbale, Ecocar ha incassato quasi 13 milioni di euro grazie alla proroga, dovuta a queste circostanze eccezionali che avete creato voi. Perchè se il signor comune di Caserta trucca le gare d’appalto dei rifiuti, non è che possiamo tenere la Ecocar fino a quando quelli lì riusciranno a realizzare una turbativa d’asta che passi inosservata agli occhi dei magistrati della dda e dunque possa tradursi, finalmente, in una gara aggiudicata.

Signor Prefetto, un’istituzione, come quella che lei rappresenta, non può banalizzare, riducendo una vicenda tanto grave a un mero problema di tipo sindacale, profanando peraltro la stanza di quella riunione con presenze, come le vogliamo chiamare, inopportune? Perchè lei chiudendo la porta a quella che, riteniamo, sia l’unica possibilità di uscita dignitosa da questo imbarazzantissimo empasse, cioè una gara per un affidamento di pochi mesi, diventa, (per carità, senza volerlo per mera eterogenesi dei fini, meglio precisare, va a finire che s’incazza di nuovo e ritorni a minacciar querele), complice di una situazione che sta favorendo, di fatto, un’impresa densa di infiltrazioni criminali, come la presenza di Francesco Deodati, al tavolo della repubblica italiana, dimostra ampiamente.

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