MARCIANISE. Gravissimo il ritardo nel sopralluogo alla casa abusiva di Velardi. In gioco c’è anche l’incompatibilità del sindaco, così come spiega un parere del ministero dell’Interno

17 Maggio 2022 - 12:00

Non sappiamo più come spiegarlo, anche se abbiamo capito di essere dinanzi al classico caso del “peggior sordo”. In gioco non c’è solo una procedura relativa ad un caso di abusivismo edilizio, ma anche una serie di altre norme che riguardano esclusivamente il rapporto tra un titolare di pubblico ufficio e la procedura di accertamento e di certificazione di un abuso edilizio, in funzione dell’applicazione dell’articolo 69, comma 1, lettera sei del Testo Unico degli Enti Locali

MARCIANISE (g.g.) – Vi spieghiamo perché insistiamo tanto sulla questione del terzo piano conclamatamente, irrevocabilmente, abusivo, della casa di via Kennedy in cui abita il sindaco di Marcianise Antonello Velardi.

Meglio sarebbe dire che ve lo spieghiamo ancora una volta, attivando una nuova argomentazione, l’ennesima, che dovrebbe indurre il diretto interessato a rendersi conto che, ancor più della legge, che sul piano penale lo ha neutralizzato per intervenuta prescrizione, sta ledendo l’onorabilità dell’istituzione che ricopre pro tempore.

Una lesione gravissima, che non trova nessuna mitigazione valutativa nella legittimità politica della stessa, in conseguenza di quel 50,8% ottenuto nel ballottaggio dell’ottobre 2020. Ciò perché nulla è al di sopra della legge, neppure il sacro e costituzionalmente solenne verdetto del popolo sovrano.

Nei giorni scorsi abbiamo scritto che il caso dell’abitazione semi abusiva di Velardi rappresentava un unicum tra tutti i quasi 8mila – 7.904 per la precisione – comuni italiani. Della nostra idea rimaniamo convinti, dato che un sindaco in carica che non rimuove in maniera forte chiara e perentoria un abuso edilizio compiuto e riconosciuto, chiedendo scusa ai suoi concittadini, non l’abbiamo incrociato in nessuna delle nostre ricerche documentali. Almeno con le specificità che il caso Velardi esplicita.

Però, qualche situazione simile e/o anche pienamente assimilabile l’abbiamo incontrata.

Ultimamente, ad esempio, abbiamo scovato un parere reso dalla Direzione Territorio e Autonomie Locali del Ministero dell’Interno in risposta ad un quesito, evidentemente formulato da una delle parti, direttamente o indirettamente in causa, di una vicenda assolutamente sovrapponibile a quella di Velardi. Con la differenza, però, che ad esserne coinvolto è il consigliere di un comune italiano e non il suo primo cittadino.

Deve trattarsi di un posto normale, visto e considerato che l’abuso edilizio contestato e non impugnato dal consigliere in questione ha trovato riscontro nella giusta, doverosa e cogente attività di verifica dell’Ufficio Tecnico che ha compiuto un formale sopralluogo,  certificando il mancato adempimento dell’ordinanza di abbattimento.

Non sappiamo se questo consigliere abbia presentato una dichiarazione assertiva che comunicava il formale assolvimento dell’ordinanza, ma questo non conta nella cifra della relazione comparativa tra il caso di cui si occupa il Ministero e quello riguardante la casa del sindaco di Marcianise.

Il testo integrale del parere, attinto dal Ministero dai repertori della I Sezione della Corte di Cassazione, lo proponiamo in calce, a dimostrazione di ciò che stiamo elaborando partendo proprio da quel contenuto.

Impiantiamo il ragionamento sull’articolo 63, comma 1, n. 6) D.Lgs. n. 267/2000 o Tuel, che dir si voglia.

Si parla di incompatibilità, esistenti o sorte, e che impediscono di esercitare, se non rimosse, cariche pubbliche o più specificatamente cariche amministrative o di rappresentanza negli organi di indirizzo, negli enti locali elettivi.

Il sopralluogo che l’Ufficio Tecnico del comune coinvolto nel parere ministeriale ha realizzato nella casa abusiva del consigliere comunale, certificando l’inottemperanza all’ordinanza, ha prodotto come conseguenza l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Anche in questo caso, così come già aveva fatto in occasione della notifica dell’ordinanza, il consigliere non si è opposto. Anzi ha riconosciuto la legittimità del provvedimento assunto dall’Ufficio Tecnico, chiedendo un pagamento dilazionato.

Attenzione, leggerete in questo parere una valutazione del Ministero sul valore di questa richiesta di dilazione in quanto la stessa non rappresenterebbe, secondo la Cassazione, un fatto in grado di far cessare la piena validità delle condizioni di incompatibilità previste dall’articolo 63, comma 1, n. 6.

Ma nella vicenda di Marcianise non è in questione una dilazione e neppure si è potuto verificare il ricorso di Velarsi a questa forma di pagamento, in quanto a sei mesi di distanza dalla notifica dell’ordinanza di abbattimento firmata dall’allora dirigente Anacleto Fuschetti e a cinque mesi di distanza dalla presentazione della dichiarazione di ottemperanza alla stessa, che in noi ha suscitato molto più di una perplessità (CLICCA E LEGGI), il comandante dei Vigili Urbani, insieme al dirigente dell’Ufficio Tecnico non si sono ancora degnati di effettuare il sopralluogo.

Non solo, ma la comandante Guglielmina Foglia, in maniera sconcertante e apparentemente incomprensibile, ha indotto un suo ufficiale, Filippo Lasco, che subito dopo la trasmissione di ottemperanza da parte di Velardi aveva allertato per il sopralluogo il facente funzioni dell’U.T. Angelo Piccolo, a desistere dal suo proposito, con un’azione che abbiamo definito, definiamo e definiremo sempre di una gravità inaudita.

Insomma, la procedura, attivata dal Comune interessato dal parere del Ministero dell’Interno, è stata sviluppata nei tempi previsti dalla legge, collegando gli stessi al termine formalmente comunicato al consigliere comunale (come ad Antonello Velardi) di 90 giorni nel corpo dell’ordinanza di abbattimento.

L’Ufficio Tecnico del Comune di Marcianise ha, dunque, il dovere di decidere ora, senza indugiare ulteriormente sull’ottemperanza, magari facendo un sopralluogo serio in quel terzo piano abusivo, perché, mantenendo questa sospensione dilatoria e incomprensibile, finisce anche per agire su norme e procedure di diritto amministrativo e dunque di diritto pubblico riguardanti specificamente solo i sindaci, gli assessori, i consigliere comunali, i titolari di deleghe dirigenziali e non privati cittadini per i quali vale solo una parte delle norme a cui invece devono attenersi i titolari di una carica pubblica elettiva.

Ha capito, comandante Foglia, lei che va dicendo che la pratica di Velardi era una tra le tante e che prima del suo andavano fatti altri sopralluoghi?

Non è così, perché nel momento in cui l’Ufficio Tecnico di Marcianise avesse a disposizione elementi per opporre un diniego, applicando una sanzione pecuniaria notificata attraverso una formale ingiunzione di pagamento o anche attraverso una formale ingiunzione ulteriore di abbattimento, si attiverebbero quelle condizioni che da un lato potrebbero consentire a Velardi di impugnare questo provvedimento davanti al Tar, dall’altro di ottemperare, stavolta sul serio, e versando anche il dovuto.

In un caso e nell’altro il sindaco di Marcianise si troverebbe in una condizione di incompatibilità ai sensi del citato articolo 63, comma 1, n. 6 del Tuel, il quale così recita:

  1. 6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

Ora, se l’incompatibilità relativa alla decisione di adire al Tar o a un altro tribunale è palmare, evidente, visto che un sindaco andrebbe in pratica ad impugnare se stesso, il discorso sulla sanzione pecuniaria conseguente alla certificazione-constatazione formale di mancata ottemperanza diventa “debito liquido ed esigibile”. E lo diventa nel momento esatto in cui questa sanzione viene comunicata al diretto interessato, attraverso un’obbligatoria ingiunzione di pagamento, la quale – scrive testualmente il Ministero – “al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità“.

Aggiungiamo noi, la causa di incompatibilità dovrebbe essere posta all’attenzione e al voto del consiglio comunale dove, democraticamente, verrebbe concesso al sindaco di esporre le proprie ragioni, magari rimuovendo con una dichiarazione solenne e temporalmente definita in relazione ad un pagamento ad horas, e non a Dio, piacendo della sanzione dovuta, eliminando così la causa di incompatibilità in essere

Ecco perché, comandante Foglia e ingegnere Piccolo, state scherzando con il fuoco e, ripetiamo, sbagliate di grosso assimilando le procedure relative all’abuso, compiuto da Antonello Velardi, a quelli consumati da privati cittadini e che ugualmente riempiono le scrivanie dell’Ufficio Tecnico Comunale.

Il testo integrale del parere reso dalla Direzione Territorio e Autonomie Locali del Ministero dell’Interno:

In relazione al caso sottoposto all’attenzione di questo Ufficio, viene in rilievo la prima parte del comma della norma citata e si rappresenta che il responsabile del servizio tecnico comunale ha ordinato al consigliere comunale, responsabile dell’abuso edilizio e occupante l’immobile, di provvedere a sua cura e spese alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi entro XXX giorni dalla notifica. Successivamente, il medesimo ufficio tecnico, accertata la inottemperanza dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, nonché la mancata impugnazione della stessa, ha disposto, nei confronti del predetto consigliere comunale, la sanzione amministrativa pecuniaria (ai sensi dell’articolo 31 comma 4 bis del D.P.R. 380/2001) ingiungendo al consigliere interessato il pagamento di tale somma entro XXX giorni dalla notifica con l’avvertimento che  non ottemperando al pagamento della sanzione entro il termine assegnato si procederà alla riscossione coattiva e alla immediata iscrizione a ruolo della predetta somma. A seguito della succitata notifica, il consigliere comunale interessato ha chiesto al responsabile del servizio tecnico comunale la rateizzazione della somma. La rateizzazione è stata concessa. Dall’esame degli atti prodotti, emerge che l’atto di accertamento della inottemperanza all’ordine di demolizione, e la conseguente applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, costituiscono atto di messa in mora nei confronti del consigliere comunale interessato. L’avvertimento in virtù del quale, in mancanza di pagamento della sanzione, si procederà alla riscossione coattiva senza l’emanazione di un ulteriore provvedimento, costituisce una diffida che contiene tutti gli elementi indispensabili quali oggetto, titolo e pretesa. Come precisato anche da questo Ministero (prot. 4241 dell’1.04.2020), nell’ipotesi in cui il comune, avvalendosi della facoltà di procedere alla riscossione coattiva … emetta una ingiunzione di pagamento, quest’ultima, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità. Infatti, … l’ingiunzione .. contiene un accertamento definitivo del debito e l’intimazione al pagamento con l’espresso avvertimento che, in mancanza, si procederà al recupero coatto delle somme dovute. Si configura, dunque, nel caso in specie, un debito provvisto dei caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità, come indicato dall’articolo 63 comma 1 n. 6 del decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 ai fini della integrazione dell’ipotesi di incompatibilità. Del resto la rateizzazione del pagamento, si ritiene debba essere intesa come riconoscimento, da parte del consigliere assessore comunale, di un debito certo ed esigibile. Al riguardo, questo Ministero ha già avuto modo di chiarire che l’obbligo di pagare il debito è correlato al sorgere del diritto di credito in favore del Comune e la concessione di un piano di rateizzazione e di rientro non rileva sulla situazione debitoria esistente né tantomeno sul venir meno della incompatibilità contestata (parere del 30 luglio 2020). Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che la dilazione non è idonea a far venir meno il requisito della esigibilità del debito come contemplato dall’art. 63 comma 1 n. 6 del Tuoel ai fini della configurabilità della causa di incompatibilità con la carica di consigliere comunale, attenendo la rateizzazione al mero profilo delle modalità di versamento del relativo importo, senza incidenza alcuna, per contro, sull’attualità della obbligatorietà del pagamento e, quindi, sulla correlata immediata azionabilità della pretesa creditoria vantata dal Comune (Corte di Cassazione 22 ottobre 2014 n. 1467). In caso di concessione della rateizzazione, è solo il pagamento dell’ultima rata del piano ad estinguere il debito e, dunque, a far cessare il conflitto d’interesse derivante dalla contestuale posizione di amministratore dell’ente e debitore dello stesso. Ad ogni buon conto, si rammenta, che in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’assunzione del mandato elettivo è compiuta con la procedura prevista dall’art. 69 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (approvato con decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000) che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la preclusione contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).