CAMORRA & ASL CASERTA. Luigi Lagravanese, jolly dei Casalesi, gestisce un appalto da otto anni con sei anni di proroghe
24 Maggio 2022 - 12:18
Hanno chiesto pure la revisione dei prezzi. Ferdinando Russo se l’è data a gambe con il silenzio e l’Ati ha potuto ricorrere e vincere al Tar. Se questo può succedere è perché le autorità amministrative – Prefettura in primis – permettono ai vari Lagravanese, Capriglione, Zippo e Diana di essere ancora imprenditori accreditato presso il Mercato elettronico della pubblica amministrazione
CASERTA (g.g.) – In una delle informative che supportano con molta solidità il lavoro della Dda di Napoli, che da due/tre anni sta cercando di mettere insieme tutti i tasselli della complessa struttura di potere che mette insieme gli interessi del Clan dei Casalesi con quelli dei politici noti e meno noti, attraverso il lavoro indefesso di dirigenti e funzionari comunali corrotti, descrive, così, in linea di massima, il sistema.
Dal 2000 il clan dei Casalesi controlla gli appalti dei servizi sociali in provincia di Caserta. Lo ha fatto prima con il consorzio Agape, che univa tutti i maggiori operatori del settore, legati a vario titolo, chi più e chi meno, al sodalizio camorristico. E lo ha fatto poi, dopo l’interdittiva antimafia che ha colpito Agape nel 2009, in maniera più accorta attraverso una pletora di cooperative le quali, utilizzando lo strumento delle associazioni temporanee di impresa, hanno continuato di fatto a tenere in vita il rapporto consortile sancito con Agape, che la Dda accosta con un paragone suggestivo alla prima federazione stipulata tra i capi della cupola camorristica, Francesco Sandokan Schiavone, Francesco Cicciotto Bidognetti, Mario Iovine e De Falco, all’indomani dell’omicidio di Antonio Bardellino.
In questa maniera, i vari Luigi
Domanda a chi è titolare di una funzione istituzionale in questa provincia, soprattutto a chi ha la responsabilità della politica e della giustizia:
se i signori Luigi Lagravanese, con la sua AIDO, Gennaro Bortone da Lusciano, con la sua Filipendo, collegatissima anche alle cooperative di Capriglione (LEGGI QUI)
Oggi, dunque, i vari Lagravanese, Bortone, Zippo, Capriglione, Grassi eccetera possono – aggiungiamo noi, legittimamente – rivolgersi al Tar per farsi pagare le integrazioni, legate alle usuali rivalutazioni monetarie frutto delle dinamiche dei prezzi.
Oggi Lagravanese può consentirsi il lusso, così come è successo nel febbraio scorso, cioè a più di due mesi di distanza dalle perquisizioni e l’iscrizione nel registro degli indagati, o meglio, re-iscrizione tra gli indagati per questo imprenditore di Casal di Principe che più pentiti hanno dichiarato quale punta di diamante nei servizi sociali per il clan dei Casalesi, di incassare altri incarichi, come ad esempio quello su cui ci siamo molto soffermati, ricevuta dal comune di Aversa attraverso un atto monocratico e meramente discrezionale della dirigente ai Servizi Sociali, in nome e per conto dell’Ambito intercomunale.
Ciò accade perché Lagravanese oggi è un imprenditore che, fermo restando l’impossibilità di istruire processi sommari e al quale va garantita la presunzione di non colpevolezza, viene tenuto ancora fuori da quell’attività che il governo e le prefetture possono invece realizzare e che permette di bloccare, congelare certe attività imprenditoriali con provvedimenti di interdittiva che allontano queste società da commesse e danaro pubblici.
No, oggi 24 maggio Luigi Lagravanese e le sue cooperative compaiono ancora in quella vergogna nazionale che chiamano Mepa, cioè Mercato elettronico della pubblica amministrazione, albo governativo che andrebbe ribattezzato, come abbiamo già scritto, Meic, Mercato elettronico imprese di camorra.
Questo è. A Caserta bisogna rassegnarsi al potere inscalfibile e impunito della delinquenza più o meno organizzata e della disonestà di almeno il 70% dei politici e delle componenti burocratiche della pubblica amministrazione.