Estorsione, condanna definitiva per l’ex sindaco di MONDRAGONE, Ugo Conte. ECCO IL CARCERE DOVE E’ ANDATO A COSTITUIRSI
12 Novembre 2023 - 16:12
Nel 2019 il verdetto di otto anni e otto mesi; condanna poi ridotta sensibilmente dalla Corte di Appello. Nel mezzo un patto di ferro politico con Giovanni Zannini, con tante presenze dirette nelle stanze del Comune durante le sindacature Federico e Lavanga.
MONDRAGONE (g.g) – Il 24 ottobre del 2022, la Corte di Appello di Napoli aveva pesantemente riformato la sua condanna in primo grado, comminatagli dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel 2019, a otto anni e otto mesi di carcere per i reati di estorsione, di truffa e corruzione, aggravati da quello che, al tempo, veniva riportato come articolo 7 della legge 203/91 (favori alla camorra), riducendo la reclusione a 4 anni, essendo stata esclusa l’aggravante camorristica ed essendo stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per il reati di truffa.
Un paio di giorni fa la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocato difensori, rendendo definitiva la condanna a quattro anni. A quanto se ne sa, l’ex sindaco di Mondragone Ugo Conte, super sponsor (e spesso attivo nelle stanze del Comune), degli ultimi due sindaci, scelti dal consigliere regionale Giovanni Zannini, si è costituito, ieri o l’altro ieri, nel carcere abruzzese di Sulmona.
Dovrebbe essergli computato anche il periodo di reclusione risalente al periodo del provvedimento cautelare che lo riguardò. L’estorsione da lui compiuta avvenne in un bar di Formia nei confronti di Michele Orsi, imprenditore dei rifiuti e patron, insieme a suo fratello Sergio Orsi, di Eco 4 e ucciso, in una delle sue scorribande stragiste, da Giuseppe Setola. In quel locale, Ugo Conte era accompagnato da Giuseppe Valente, oggi collaboratore di giustizia, allora patron del Consorzio Ce4 e leader di Forza Italia a Mondragone. Ma ancor più della presenza di Valente, spiccava quella di Giuseppe Fragnoli, esponente di una delle famiglie di maggior rilievo camorristico, che partecipò attivamente a quella conversazione.
Non sappiamo se la Dda abbia o meno presentato, a sua volta, ricorso in Cassazione contro la riforma e il ridimensionamento della pena irrogata dalla Corte di Appello, per effetto della esclusione dell’aggravante camorristica, rispetto a quella emessa dal tribunale di primo grado.