MARCIANISE. La disperazione di Giovanni, operaio Jabil: “Sono in mano agli strozzini”
10 Febbraio 2020 - 16:35
MARCIANISE – Quella di Giovanni (nome di fantasia) è una delle tante storie di disperazione legate alla precarietà del lavoro in Italia, tutte ugualmente degne di essere raccontate. Ne ha scritto nella sua edizione di oggi il giornale “La Repubblica”:
Giovanni (lo chiameremo così) ha tre grandi paure. Perdere il lavoro, la casa e la dignità: “Non dormo più ormai, notti insonni da quando è cominciato il mio calvario, in mano agli strozzini per pagare le rette del mutuo”. Da 23 anni lavora nello stabilimento Jabil, a Marcianise. Anni di cassa integrazione e sacrifici per restare a galla.
Due figli piccoli, la moglie che lavora per un privato e guadagna poco meno di 600 euro al mese. Le spese sono tante. E presto esplode la crisi. Non solo al lavoro ma anche tra le mura di casa. Giovanni non ce la fa ad andare avanti. È una fatica fare la spesa, ogni mese si mangia un po’ meno ma poi arriva il momento che i soldi sono così pochi da non riuscire a pagare nemmeno il mutuo. “La casa è stata fino a quel punto una certezza, assieme al mio lavoro – racconta – poi sono diventati il mio incubo. Vivevo nel terrore che potessi perderla all’asta. Non volevo che mia moglie si preoccupasse. E ho fatto tutto da solo”.
Giovanni non sa a chi chiedere aiuto. Ha uno stipendio dimezzato, una madre anziana che vive con una pensione di reversibilità. L’unica sponda è chiedere soldi a chi li presta su interesse. Così, da 4 mesi, è finito nelle grinfie degli usurai. “Ho chiesto 3mila euro per pagare le bollette arretrate e due rate del mutuo – confessa, tra le lacrime – ho comprato quello che serviva ai bambini. Ma dopo si è aperto l’inferno. Mi hanno chiesto 300 euro al mese di interessi, finché non restituirò l’intera somma. Ho già versato 1.200 euro solo di interessi, non ce la posso fare…”.
Pochi giorni fa si è rivolto in lacrime, ai colleghi: “Ho chiesto mille euro ai colleghi che mi sono più vicini. Non avevo confessato a nessuno quello che stavo passando. Ma non hanno potuto aiutarmi, sono nelle mie stesse condizioni”. I lavoratori si aspettano le lettere di licenziamento per il 23 marzo, l’azienda ha confermato 350 esuberi. E tra questi potrebbe esserci anche Giovanni: “Vivo con il terrore delle ritorsioni per me e la mia famiglia e con la paura che possa arrivare la lettera di licenziamento da un momento all’altro. Tremo al pensiero di quello che potrà succedermi. Come si può arrivare a questo, dopo 23 anni di lavoro onesto? Cosa abbiamo fatto di male noi lavoratori per subire tutto questo?”.
I colleghi stanno cercando di aiutarlo, con i pochi mezzi che hanno. Ma hanno paura per lui, che non possa reggere ad una situazione che sembra senza via d’uscita. “Quando ho chiesto aiuto a un mio collega che è anche un amico – ricorda Giovanni – non mi ha nemmeno fatto parlare. Si è scusato con me perché non poteva aiutarmi, mi ha confessato di vivere le stesse difficoltà a casa. Mi ha abbracciato, dicendomi che solo questo poteva darmi. Mi sono sentito un po’ meno solo. Ma poi la paura è tornata. Ci sono le bollette da pagare, il mutuo, gli strozzini che mi tengono in pugno”.