Appalto da 400mila euro assegnato alla famiglia casalese dei Petrillo “Pacchielli”, poi arrestati il 3 maggio come riciclatori della camorra. La Prefettura? In vacanza da una vita

20 Dicembre 2022 - 13:30

Il dirigente Gerardo Palmieri ha posto il suo visto, approvando il 16 dicembre scorso, lo stato finale dei lavori per un importo di 397 mila euro, frutto di una serie di aggiornamenti che hanno reso questo intervento viario, lungo la provinciale 96, dal settembre 2020, data dell’aggiudicazione, alla chiusura del cantiere avvenuta in clamoroso ritardo tra proroghe e varianti, il 15 marzo 2022, cioè un mese e mezzo prima dell’arresto dei fratelli Petrillo, l’ennesimo sfregio inferto alle ragioni del buon uso del pubblico danaro. Per cui, i “pacchielli” hanno potuto assorbire con maggiore serenità il rinvio a giudizio sancito ieri un gup del tribunale di Napoli con l’accusa di concorso esterno nell’associazione a delinquere di stampo camorristico denominata clan dei casalesi. Vengono considerati delle cinghie di trasmissioni imprenditoriali di Dante Apicella e del figlio di Sandokan

CASERTA (l.v.r.) – Negli scorsi giorni, con un documento firmato dal dirigente dell’Ufficio Tecnico, Gerardo Palmieri, l’amministrazione provinciale di Caserta ha approvato lo stato finale dei lavori dal valore di 397 mila euro, comprensivi di ribasso, per la messa in sicurezza della strada provinciale 96, specificatamente il tratto relativo al ponte sul Volturno.

Si tratta di un cantiere figlio di una gara d’appalto che ha avuto una storia lunghissima. Addirittura, il programma di interventi è stato decretato nel novembre del 2016.

I lavori, poi, sono stati aggiudicati, a seguito di una gara terminata nel settembre 2020, a favore della Gruppo Petrillo Sas con sede a San Marcellino.

Inizialmente, il cantiere sarebbe dovuto costare all’amministrazione all’incirca 292 mila euro, ma nel corso dei lavori si è evidenziata la necessità di eseguire ulteriori interventi di miglioramento dell’opera, secondo quanto attestato dall’Ufficio Tecnico della provincia di Caserta.

Una variante sulla spesa che ha portato l’importo definitivo a 403 mila euro. I Iavori sono iniziati il primo aprile del 2021 e sarebbero dovuti durare sei mesi.

Poco dopo l’apertura del cantiere, sono stati concessi altri ottanta giorni, rispetto alla data di fine lavori del 28 settembre. Ancora, il 25 novembre, è stata decisa la sospensione delle attività, riprese solo il 20 dicembre 2021, con data di ultimazione dei lavori sancita per il 4 gennaio.

Ma, alla fine, la Gruppo Petrillo ha avuto tempo fino al 22 marzo 2022, dopo la proroga di altri 70 giorni concessi dal responsabile unico del procedimento, chiudendo il cantiere in tempo utile, si fa per dire, lo scorso 15 marzo 2022.

Quindi, il valore dell’appalto è aumentato in maniera considerevole, passando da 292 a 401 mila euro e i tempi di esecuzione dei lavori si sono dilatati maledettamente, arrivando a durare quasi un anno, più o meno il doppio di quanto previsto.

Solo lo scorso 16 dicembre, infine, è stato approvato lo stato finale dei lavori.

E chissà se questo periodo, questo intermezzo tra la consegna dei lavori e l’approvazione dello stato finale, ovvero dal 15 marzo ad oggi, sia stato in qualche modo dovuto alle vicissitudini passate dalla società Gruppo Petrillo Sas.

Scriviamo ciò perché l’impresa è stata sequestrata per volontà del tribunale di Napoli, a seguito dell’inchiesta della Dda di Napoli sugli appalti gestiti dal clan dei Casalesi.

Il titolare rappresentante della ditta è Luigi Petrillo, nato a Casal di Principe 56 anni fa e si tratta dell’imprenditore che, assieme al fratello Antonio, è finito agli arresti domiciliari a seguito dell’ordinanza dello scorso 3 maggio, firmata dal gip Giovanna Cervo della corte partenopea.

Secondo la ricostruzione della Direzione distrettuale di Napoli, i due Petrillo hanno avuto una rilevante importanza nelle operazioni gestite da Dante Apicella, capo dell’area appalti pubblici del clan dei Casalesi, e per questo sono accusati di riciclaggio per aver ripulito col sistema del cambio assegni proventi dell’attività criminale del clan, con conseguente contestazione anche dell’aggravante contenuta nell’articolo 416 bis comma 1, già articolo 7 della legge 203 del 91 (QUI UN APPROFONDIMENTO). Un’accusa formulata dalla Dda, riscontrata dall’ordinanza di arresto del gip Giovanna Cervo e timbrata dal rinvio a giudizio di Luigi e Antonio Petrillo, sancita ieri da un giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Napoli che, insieme a diversi altri imputati, nell’ambito dell’ordinanza double face su Nicola Schiavone monaciello e i super appalti di Rete Ferroviaria Italiana e su Dante Apicella , ha fissato l’inizio del processo con rito ordinario (solo in 9 hanno chiesto ed ottenuto il rito abbreviato) per il prossimo 16 marzo (CLIKKA E LEGGI).

Secondo gli inquirenti, infatti, i Petrillo, in accordo economico con il figlio di Francesco Schiavone Sandokan, Nicola Schiavone, e il citato Apicella, avrebbero ricevuto numerosi lavori pubblici grazie all’intercessione del clan, secondo le dichiarazioni di tre importanti collaboratori di giustizia, ovvero Luigi D’Ambrosio, Mario iavazzo e soprattutto lo stesso Nicola Schiavone.

Circa due settimane dopo il loro arresto, i due Petrillo sono stati scarcerati (LEGGI QUI) dal tribunale del Riesame di Napoli e, poi, nel giugno scorso, gli sono stati restituiti beni immobili, immobili e le società per un valore di circa un milione e mezzo di euro.

Andando a leggere le dichiarazione dei pentiti, Luigi D’Ambrosio parla proprio di Luigi e Antonio Petrillo, utilizzando il soprannome di famiglia “Pacchiello”.

Nicola Schiavone – dice D’Ambrosio nell’interrogatorio – favoriva negli appalti Luigi ed Antonio, detti Pacchiello, nonché Angelo Massaro, perché ho visto parlare, presso il deposito della Edil Mascia, Antonio, detto Pacchiello, e Angelo Massaro con Dante Apicella e in un’occasione anche con Nicola Schiavone. Un argomento di questi colloqui erano lavori pubblici dall’importo di 8 milioni di euro da eseguire nel comune di San Nicola la Strada.”

Riguardo a questo appalto milionario, accertamenti effettuati dalla Direzione investigativa antimafia hanno fatto emergere che nel 2008 veniva costituito il consorzio DPM, tra i cui soci erano presenti i Petrillo, che si è aggiudicato i lavori proprio presso il comune sannicolese, dal valore in base d’asta intorno agli 8 milioni di euro (CLICCA E LEGGI).

Dopo gli appalti (non solo San Nicola a quanto pare) aggiudicati alle società dei Petrillo grazie all’intervento di Nicola Schiavone, gli imprenditori avrebbero girato importanti somme di denaro, oltre mezzo milione di euro dal 2010 almeno fino al 2019, ad Antonio Magliulo, indicato come prestanome di Dante Apicella.

Per i magistrati dell’antimafia appare chiaro che i Petrillo non erano vittime, ma il denaro da loro dato al clan era il prezzo dell’accordo economico.

Siamo arrivati alla fine del 2022 e sulle pagine di CasertaCe avete potuto leggere di almeno tre appalti banditi dalla provincia di Caserta affidati in maniera diretta o tramite gara a imprese coinvolte inchieste relative ad appalti gestiti dal clan dei Casalesi.

In principio fu la Co.Bi., società che ha gestito lavori appaltati dalla Provincia dal valore di oltre 100 mila euro, la quale, secondo la procura antimafia, è nelle mani di Fabio Oreste Luongo, ma intestata al cugino, ovvero Ernesto Biffaro.

Luongo è sotto processo per gli appalti a San Felice a Cancello e le infiltrazioni camorristiche del comune sessuolano, oltre che indagato (ed è stato richiesto per lui il giudizio) insieme a Sergio Orsi e altre 10 persone coinvolte nell’inchiesta sul potere del clan negli appalti del Centro di ricerca aerospaziale di Capua. Un imprenditore, Luongo, che, a detta di Nicola Schiavone, aveva buoni rapporti con la sua famiglia e appartenente al suo cartello di businessman (LEGGI QUI L’EDITORIALE DEL DIRETTORE GUARINO).

Come se non bastasse, la provincia di Caserta ha affidato dei lavori, al termine di una gara messa in piedi nella scorsa estate, alla Cogesa di Vincenzo Corvino, un’altra ditta il cui nome emerge in un’ordinanza della Dda relativa al clan dei Casalesi, questa volta sugli appalti gestiti per la cosca da Dante Apicella (LEGGI QUI), ovvero la stessa vicenda per la quale i Petrillo sono stati rinviati a giudizio circa 24 ore fa (LEGGI L’ARTICOLO).

L’impresa, secondo quanto scoperto dagli inquirenti coordinati dal pubblico ministero Antonello Ardituro, avrebbe ripulito il denaro del clan, attraverso il sistema del cambio assegni.

Tra la Cogesa e la Co.Bi., dall’amministrazione provinciale di Caserta sono partiti quasi mezzo milione di euro. Volendo aggiungere a questi anche i soldi che la Gruppo Petrillo ha guadagnato grazie ai lavori sul ponte della Provinciale 96, si arriva a una somma che sfiora di 800 mila euro.

E se in tutti e tre casi, durante i due processi, si dovesse confermare la teoria della Direzione distrettuale antimafia, si sancirebbe in un’aula di tribunale che quasi un milione di euro partito dalle casse pubbliche ha foraggiato le capacità imprenditoriali di soggetti che hanno supportato nelle loro attività il clan dei Casalesi.

L’amministrazione provinciale guidata dal presidente Giorgio Magliocca dovrebbe immediatamente porre un freno a questi affidamenti e a queste procedure di gara che terminano con la vittoria di soggetti discutibili.

Non si tratta di imprenditori condannati, nessuno dice questo, ma parliamo di operatori economici che hanno gravi accuse calate sul loro capo o vedono pesanti ingerenze della criminalità nel loro cammino. Dovrebbe, dicevamo, ma se non è successo nulla fin’ora, non crediamo che da oggi cambierà il mondo in via Lubich.

Un altro problema, se non quello principale, però, a nostro avviso, è la totale stasi che la Prefettura di Caserta, guidata da Giuseppe Castaldo, ha nei confronti di ciò che emerso in questi ultimi anni dal lavoro del pool di magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, operanti nella lotta al clan dei Casalesi.

Le aggiudicazioni alla Cogesa (alle quali va aggiunta anche quella dell’Asl di Caserta dal valore di 478 mila euro), alla Cobi, al Gruppo Petrillo, sono possibili perché la Prefettura di Caserta non ha attivato nessuna procedura di controllo rispetto a queste aziende, che avrebbero potuto non ricevere tali affidamenti e incarichi pubblici, se fossero state escluse dalla famigerata White List, ricevendo l’interdizione temporanea alla partecipazione di procedure di appalti gestiti dallo Stato e dai suoi enti periferici.

È ormai inquietante la gestione del denaro pubblico a Caserta, partendo dalla provincia, passando per la quasi totalità dei comuni ricadenti nel perimetro di quella che un tempo era la Terra di Lavoro.

Non è possibile più contarle sulle dita delle mani (ma anche quelle dei piedi) le aggiudicazioni partite dagli Uffici Tecnici degli enti, firmate dai funzionari operanti nella nostra provincia a società coinvolte direttamente, o più o meno indirettamente, in inchieste relative al potere del clan dei Casalesi in Terra di Lavoro.

E se la gestione del denaro pubblico l’abbiamo definita inquietante, la funzione di controllo, che sarebbe compito della prefettura, è a dir poco latente.

CLICCA QUI PER LEGGERE L’APPROVAZIONE DEI LAVORI E LE SOCIETA’ SEQUESTRATE AI PETRILLO (P.S. OCCHIO ALLA PARTITA IVA)