AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE. Palazzo Chigi snobba e umilia Caserta, non degnandola neanche di una RISPOSTA. I NOMI DEI RESPONSABILI
2 Febbraio 2025 - 15:03
Tutto giace da tempo al dipartimento degli Affari Regionali. Toccherebbe al direttore generale calabrese Saverio Lo Russo, ma figuriamoci. La prefetta “dorme”, i politici casertani… pure
CASERTA (Gianluigi Guarino) – Eviteremmo volentieri l’argomento dell’efficienza e della produttività degli uffici ministeriali romani, per noi, come abbiamo scritto altre volte, con ampi elementi dimostrativi, inversamente proporzionale agli stipendi introitati da chi questi uffici popola. Eviteremmo perché si tratta di una battaglia persa in partenza. Non ci sono riusciti Rizzo e Stella col Corriere della Sera, figuriamoci cosa possiamo fare noi con un giornale provinciale – quand’anche tra i più letti d’Italia – in rapporto alla popolazione residente nel suo bacino di utenza.
Purtroppo, però, dobbiamo tornare a scrivere qualche cosa sulla corporazione ministeriale italiana, piena di mandarini che in comune, come quelli della Cina imperiale, hanno solo la loro inamovibilità e quel senso di inattaccabilità; di invulnerabilità che sopravvive senza alcun problema all’attività di nuclei di valutazione a formazione endogena, cioè frutto dello spoil
Ci occupiamo oggi, costretti, come si diceva, dalle circostanze, di un paio di specifici dipartimenti ministeriali italiani.
Il primo, quello che si occupa della vita e delle opere nefaste degli enti locali e che è di stanza al Viminale ossia al Ministero dell’Interno, il secondo, costituito dal Dipartimento degli Affari regionali che opera (?) al numero 8 di via della Stamperia a Roma, neanche 300 metri distanza da palazzo Chigi. Questo giornale ha scritto in più occasioni che la legge del Testo Unico degli Enti Locali relativa al destino di un’Amministrazione comunale e di un’Amministrazione provinciale, in caso di dimissioni del sindaco o del presidente della Provincia, è molto più chiara di ciò che, al contrario, non si legge, ma si deduce, con grande sforzo interpretativo, dalla legge Delrio: forse la peggiore, sicuramente quella peggio scritta nella storia della Repubblica, al tempo in cui, correva l’anno 2014, il Fonzie fiorentino pensava di essere diventato il re del mondo e arrivò al punto di riformare radicalmente le Province senza avere in mano l’esito del referendum costituzionale – che perse rovinosamente – consegnando alla legislazione nazionale l’ordinamento folle di una legge pre-abolitrice delle Province con queste che, al contrario, proprio per effetto del referendum, erano rimaste saldamente incardinate nella Costituzione italiana.
I nostri articoli sono stati scritti con fatica e compiendo uno sforzo esegetico che ha fatto, alla fine, della fondamentale disciplina della logica la pietra miliare, la nostra guida concettuale per affermare – una volta tanto la prefettura di Caserta è sembrata essere d’accordo con noi – che, dopo le dimissioni di Giorgio Magliocca bisognasse chiamare tutti i consiglieri dei 104 Comuni casertani alle urne entro e non oltre 90 giorni dal momento in cui l’atto dimissionario era diventato definitivo.
Ma la prefettura non è un giornale. Per cui, in questo caso comprensibilmente, ha chiesto la copertura al Governo. Il Ministero dell’Interno se n’è lavato le mani, ma quanto meno, l’ha fatto con tempi sufficientemente solerti, passando la palla al Dipartimento degli Affari regionali e delle autonomie della presidenza del Consiglio.
E lì si è bloccato tutto. Ora, non vogliamo dire, che la questione Caserta dovesse diventare argomento fondamentale del lavoro dei due staffisti Maria Schininà e della sua numero due Elisa Guarducci, messe dal ministro Calderoli a sovrintendere al settore legislativo, ma il fatto che il Dipartimento abbia impantanato il quesito posto dalla prefettura di Caserta, non rispondendo né in un senso né nell’altro da qualche mese a questa parte è inaccettabile.
Urleremmo, come facevamo un tempo, anche vergognoso se quel senso di rassegnazione sul destino ineluttabile del mandarinato inamovibile, sulla cronica inefficienza dei ministeriali non rappresentasse, ormai per noi, un pensiero pacificato.
Questo dipartimento, coordinato dalla consigliera Paola D’Avena, può contare su più di 130 dipendenti. Sì, avete letto bene, più di 130 dipendenti, e su quattro Uffici dove troneggiano altrettanti direttori generali.
Uno di questi, il calabrese Saverio Lo Russo, dirige l’Ufficio 4, che si occupa degli affari giuridici, delle autonomie locali delle minoranze linguistiche e della comunicazione. Al suo interno, senza un coordinatore al momento nominato e dunque con questa funzione esercitata, direttamente dal direttore generale Lo Russo, c’è il Servizio Affari giuridici e Contenzioso, con 6 dipendenti al lavoro (?).
Ora, è mai possibile che una provincia di un milione di abitanti non venga considerata degna neppure di ricevere una risposta sul destino della sua Amministrazione? Cosa fanno la consigliera capo dipartimento D’Avena e il direttore generale Saverio Russo? Si godono la vita di privilegiati, impegnando le loro giornate a incendiare la calcolatrice per trovare il miglior modo di godersi il loro status di re e regina dei posti fissi?
Ci piacerebbe sapere, poi, come stia trascorrendo la sua domenica la neo perfetta di Caserta Lucia Volpe. Noi, ammaccati e febbricitanti, a impazzire, dietro a uno smartphone, nei siti ministeriali, per non compiere errori nell’individuazione delle responsabilità di questa vicenda. Lei, invece, signora prefetto? Perché questa alzata di scudi sarebbe toccata farla a lei, prima di quando non abbiamo deciso di farla noi.
Ma si sa come funziona in Italia: le empatie e la cultura del branco, ma dai diciamola bene, la cultura della casta, ha affievolito da decenni le funzioni dei pesi e del contrappesi nella pubblica amministrazione nazionale, come questo giornale ha scritto in decine e decine di articoli, stabilendone un livello nettamente inferiore di quello espresso dagli altri Paesi dell’Unione Europea, Germania e soprattutto, Francia in primis.