ANTONIO Bardellino è vivo? Stavolta, secondo la Dda, è possibile. Sequestrati telefonino e pc al fratello Salvatore. E c’è un’intercettazione che potrebbe…

28 Luglio 2023 - 13:40

Le dichiarazioni dell’avvocato Alfonso Reccia. Ad operare nell’abitazione di San Cipriano gli uomini della Squadra Mobile di Napoli e della Dia. L’indagine attivata dai Pm Rosa Volpe e Vincenzo Ranieri. Perquisizioni anche nelle case di altri congiunti di quelli che fu il capo, insieme a Carmine Alfieri, della nuova famiglia che vinse la sanguinosa guerra della Nco di Cutolo

SAN CIPRIANO DI AVERSA (Tina Palomba) – Continuano le indagini sulla famiglia di Antonio Bardellino, la cui vicenda ha conquistato di nuovo le parti nobili delle cronache, in questi giorni d’estate così come è successo, del resto, in tante altre estati, per un sospetto nutrito dai magistrati della Dda di Napoli.

Un sospetto riguardante la possibilità che sia ancora vivo e che dunque l’omicidio compiuto nel 1988 in Brasile da Mario Iovine, fomentato dai giovani rampanti di quel che sarebbe diventato il Clan dei Casalesi di lì a qualche anno, non sarebbe avvenuto, diversamente da quello che Mario Iovine raccontò ai suoi sodali, ma non potette mai raccontare ad altri perché anche lui, a sua volta finì ammazzato.

Nella giornata di ieri abbiamo pubblicato due articoli: il primo conteneva la notizia dell’apertura di un fascicolo d’indagine da parte della Dda, che lavora in collaborazione con le squadre mobili della Questura di Latina e di Caserta e che si basa sul ritrovamento di una fotografia che ritrarrebbe un uomo molto somigliante ad Antonio Bardellino. Un’immagine che la Polizia Scientifica considera compatibile con quella del super boss capo della nuova famiglia che alla fine della guerra più sanguinosa che la storia della camorra campana ricordi, riuscì a prevalere sulla nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, anche perché quest’ultimo dopo aver aiutato lo Stato del tempo a liberare dal carcere delle Brigate Rosse il consigliere regionale Cirillo, fu beffato e portato in un carcere inespugnabile, da dove non poté più comandare e dare ordini, come aveva fatto per anni dal penitenziario napoletano di Poggioreale.

Nel secondo articolo, pubblicato ieri pomeriggio, abbiamo dato conto, associando qualche perplessità, del ritrovamento di un mini bunker sotterraneo all’interno di un appartamento, ubicato a Formia, che già da molti anni era stato classificato come riconducibile ad Antonio Bardellino.

Stamattina, invece, ci occupiamo della perquisizione domiciliare nel corso della quale sono stati sequestrati un telefono, un computer e un tablet a uno dei fratelli di Antonio Bardellino in via Palermo a San Cipriano.

Si tratta di Salvatore Bardellino, postino in pensione di 86 anni.

Il fatto interessante è che questo sequestro sia avvenuto a San Cipriano, dove Salvatore Bardellino abita evidentemente a conclusione di un esilio a cui l’intera famiglia era stata costretta dopo che Francesco Schiavone Sandokan, Francesco Bidognetti detto Cicciotto e’ Mezzanotte, Michele Zagaria detto Capastorta e Antonio Iovine detto o’ Ninno, dando per scontata la morte di Antonio Bardellino e dopo aver strangolato – subito dopo la notizia arrivata dal Brasile – il nipote e possibile successore Paride Salzillo, avevano intimato all’ex sindaco di San Cipriano Ernesto Bardellino, all’altro fratello Salvatore e a tutti gli adepti criminali che avevano operato con il capo della nuova famiglia, di lasciare il territorio di Casal di Principe, San Cipriano, Casapesenna e dintorni, stabilendosi altrove. Un altrove che i Bardellino individuarono tra Formia e le altre zone dell’agro pontino.

La scomparsa dalla scena dei vari Sandokan, Zagaria, Iovine, Bardellino e anche dei loro eredi familiari ha creato dunque una condizione di maggiore tranquillità per i congiunti di Antonio Bardellino. Si possono anche intuire i motivi del sequestro di telefonino, computer e tablet nella disponibilità di Salvatore Bardellino.

La Dda lavora evidentemente per scoprire o decriptare qualche comunicazione che Antonio Bardellino, presunto redivivo, abbia potuto stabilire con i diretti consanguinei.

Ad operare sono stati gli uomini della Squadra Mobile di Napoli, carabinieri e personale della Dia coordinati come detto dai magistrati della Procura partenopea Rosa Volpe (già reggente dopo l’addio di Melillo e oggi in lizza, insieme al procuratore Gratteri e al Procuratore di Bologna Amato, per l’ambito carica di capo dell’ufficio inquirente di Napoli) e dal pubblico ministero Vincenzo Ranieri.

Quella di Salvatore Bardellino non è l’unica abitazione perquisita in questa giorni. Al vaglio degli inquirenti anche altre abitazioni di parenti ancora più stretti; tra questi quella del figlio adottivo del boss Callisto Bardellino, cioè il figlio della prima moglie Immacolata Bretto.  

La Direzione distrettuale antimafia deve andare fino in fondo a questa vicenda per far venire a galla la verità sulla presunta morte di Antonio Bardellino” – commenta così in una breve intervista telefonica, l’avvocato Alfonso Reccia, difensore storico del boss fondatore del clan dei Casalesi, che spiega: “Da qualche anno sono in pensione e ho letto in questi giorni la notizia delle presunte tracce del mio ex cliente, guardi non ne sono meravigliato. Non perché voglio insinuare che Antonio Bardellino sia vivo. Voglio solo dire hanno ragione i magistrati della Dda a far capire che la verità processuale, datata 2005 e declinata dal processo Spartacus I, non li convince. Ricordo che le condanne all’ergastolo per i mandanti della morte di Bardellino sono state inflitte sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che non furono testimoni diretti della presunta uccisione. La certezza della morte è partita da dichiarazioni de relato. Non ho mai capito perché, ad esempio, nel corso del processo in questione un testimone fondamentale, che secondo i collaboratori avrebbe assistito al delitto di Bardellino, il cuoco napoletano Gennaro Esposito, all’epoca si trovava a Bùzios, vicino Rio de Janeiro. Non so se oggi sia ancora vivo, perché non è stato mai ascoltato dagli inquirenti?”

L’avvocato Alfonso Reccia ha ricordi precisi di quel periodo e di quello che fu il rapporto con il suo cliente.

“L’ultima volta l’ho visto al mio studio nel 1987 e da allora non l’ho naturalmente più sentito. L’ho assistito per 14 anni. Ricordo che parlava un perfetto italiano nonostante avesse la quinta elementare. Parlammo del processo napoletano che si doveva celebrare, sembra che fosse la strage di Torre Annunziata”.

Entrando maggiormente nel dettaglio dei motivi della perquisizione, sul tavolo degli inquirenti pare essere al vaglio una strana telefonata intercettata al fratello del boss Bardellino in cui dice ad uno dei nipoti (che vivono a Santo Domingo), figli di Bardellino e di Rita De Vita, “Salutami papà”.

Si tratta di Gustavo e Riccardo, il primo sembra che faccia l’avvocato e il secondo come già riportammo in un articolo tempo fa è un attore e produttore cinematografico che ha raccolto già numerosi premi e consensi dalla critica, di cui Casertace si è occupata in un’intervista qualche anno fa.

Sambà (il film prodotto nel 2017) è un dramma sportivo sulla redenzione attraverso la metafora della vita e della boxe. La storia di Francisco “Cisco” Carrillo, tornato in patria nella Repubblica Dominicana dopo 15 anni di carcere negli Usa. Dietro alle sbarre, “Cisco” ha imparato a fare a botte, ma è solo dopo che l’italiano Nichi Valente, lui stesso una ex promessa del pugilato, ne scopre l’innato talento, che la vita dei due comincia a riprendere senso. “Cisco” e Nichi hanno poco o nulla in comune, se non la voglia inconscia di avere “una seconda chance”. Nichi decide di allenare “Cisco”: per entrambi comincia un cammino di redenzione.

Un altro film, uscito quest’anno, prodotto direttamente da Riccardo Bardellino e che ha già riscosso successo dalla critica, si chiama “Veneno” nel quale si narra l’origine e l’ascesa del più famoso lottatore dominicano di tutti i tempi, Rafael Sánchez alias Jack Veneno, e del suo arcinemico José Manuel Guzmán aka Relámpago Hernández.