APPALTI E MAZZETTE. Le attività dei fratelli Caprio, la Procura chiede altri 6 mesi per le indagini
25 Marzo 2024 - 14:02
Durante la perquisizione a casa di Ubaldo Caprio, i finanzieri trovarono 39mila euro in contanti. La Cassazione ha confermato il provvedimento di sequestro
CASAL DI PRINCIPE – Il pubblico ministero, Gerardina Cozzolino, della procura di Santa Maria Capua Vetere, titolare dell’indagine sul presunto giro di bustarelle e gare turbate che avrebbero organizzato gli imprenditori Caprio ha chiesto e ottenuto una proroga di altri sei mesi al giudice Maria Pasqualina Gaudio
Nell’inchiesta oltre ai fratelli Luigi, Ubaldo e Francesco Caprio nell’inchiesta sono coinvolti altre 25 persone.
Secondo la tesi degli inquirenti i germani Caprio per raggiungere obiettivi illeciti al fine di vincere appalti manipolando le procedure, si sarebbero avvalsi di una forza schiera di professionisti.
L’attività investigativa, su questo presunto sistema, è stata resa nota nell’estate del 2022, a seguito di perquisizioni, da parte delle forze dell’ordine, presso le abitazioni dei fratelli Caprio e di altri 23 indagati e presso le sedi di 6 ditte e nei comuni di Montaquilia, San Martino Sannita Alvignano e Vairano.
Durante i controlli a casa di Ubaldo Caprio vennero trovati 39.000 e successivamente il tribunale di Santa Maria Capua Vetere confermò l’ordinanza, disposta dal giudice per le indagini preliminari, di blocco per i soldi ritenendo che la somma potesse essere provento di un reato di corruzione.
Il tribunale qualificò il sequestro come di tipo impeditivo ritenendo che la cifra in questione avesse accresciuto il patrimonio dell’indagato essendo stato ottenuto attraverso attività illegali. Successivamente l’imprenditore HA proposto ricorso per Cassazione contestando il mancato accertamento Del nesso di pertinenza tra la somma di denaro sequestrate il reato contestato.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili il ricorso ritenendo, invece, che il tribunale avesse adeguatamente motivato alla decisione e di confermare il sequestro.
Conseguentemente, il ricorso, è stato dichiarato inammissibile e ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di €3000 alla Cassa degli ammende. La decisione è stata presa dalla seconda sezione a dicembre ma le motivazioni sono state pubblicate soltanto la scorsa settimana.