IL VIDEO CAPUA. Sconfigge il CORONAVIRUS e torna a casa, la commovente lettera della figlia

14 Aprile 2020 - 11:05

CAPUA – Il papà è tornato a casa dopo aver sconfitto il coronavirus e la figlia ha voluto raccontare sui social quella esperienza terribile e pesante. Nella sua testimonianza ci sono la sofferenza, le preoccupazioni e infine il ritorno alla vita.

Ecco il racconto pubblicato sul suo profilo da Martina Passaro:

Oggi vi racconto una storia,
La storia di mio padre (e anche la nostra).
Giorno 12 marzo parte la nostra avventura, qualche decimo di febbre (che sarà mai, direte voi). Questa febbre si trasforma rapidamente in una febbre da “cavallo” con picchi di 39.5º per 15 giorni, eh si signori 15 giorni filati. Direte voi ‘non potevate fare qualcosa prima?’ e non avete tutti i torti, ma lasciatemi continuare.
In 15 giorni abbiamo fatto l’impossibile, chiesto l’aiuto di qualsiasi numero verde o soccorso senza avere risposta, ma non sono qui a parlare di quanta disorganizzazione e noncuranza ci sia, non è questo il momento.
Il 26 marzo, dopo una veloce e non emozionante cena, mio padre mi chiama, lo raggiungo e dice ‘ho chiamato il 118, non respiro bene!’, forse è da qui che parte realmente la nostra storia.
Ho sentito il sangue gelare ma non si può mollare in questi casi, ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità cercando di rimanere quanto più lucida possibile per me, mio padre e mia madre. Mio padre viene portato al pronto soccorso (sospetto Covid-19), il sabato seguente ci arriva la conferma della diagnosi.

Vi voglio raccontare cosa ho vissuto, da figlia.
Ho sentito una sofferenza tale da non riuscire a spiegarla, la mancanza di forza nell’affrontare la situazione ma il bisogno di dover essere positiva per me e per mia madre che eravamo a casa con la paura che tutto questo potesse accadere anche a noi. Ho visto l’amore di una donna che ha mollato tutto per un attimo, che non sentiva nulla perché la sua spalla non era con lei. Ho sentito una casa troppo vuota e silenziosa nonostante le 1000 chiamate quotidiane che arrivavano (e grazie, perché senza di voi saremmo state davvero sole).
Ho sentito il dovere di essere forte, di trovare il modo per essere positiva, di far sorridere mia madre, di renderle più leggero il lavoro in casa. Mi sono improvvisata tecnico di lavatrici, cuoca, signora delle pulizie e istruttrice di pilates (ah no questo no, l’ho fatto con coscienza e competenza e non ringrazierò mai abbastanza le mie allieve per ogni minuto di spensieratezza che mi hanno donato).
È stato un periodo duro, buio, nel quale bisognava far finta che tutto corresse liscio, che la paura non sfiorasse la tua mente ad ogni starnuto o colpo di tosse, con il sorriso stampato sul volto anche quando magari era l’ultima cosa a cui pensavi.
Sono qui per raccontarvi che noi ce l’abbiamo fatta, perché come dice qualcuno ‘vendete cara la pelle, voi!’ E così è stato.
Abbiamo avuto la forza di rialzarci, un po’ acciaccati, ma insieme. Un collegamento diretto Capua-Roma come se fossimo tutto insieme e vicini.

Avrei preferito che questa quarantena mi facesse pensare ad altro, ma ho capito che non desideravo nulla di più che sedermi a tavola con mia madre e mio padre (e in videochiamata i miei fratelli), che non desideravo nulla che vedere mio padre destreggiarsi ai fornelli come ha sempre fatto, di lasciare aggiustare lavatrici a lui (aiutandolo eh, sia chiaro), di sentire il suo buongiorno al mattino e la buonanotte la sera, di non doverlo accompagnare in giro per casa in sedia a rotelle perché troppo stanco per riuscire a far lavorare i suoi muscoli, di vederlo mangiare con voglia e piacere che è una caratteristica che ci contraddistingue, di non vederlo steso in un letto, con tutto il peso dei pensieri e della malattia sulle spalle che lo stavano consumendo, DI VEDERLO SORRIDERE DI GUSTO!

Ho capito una cosa, che è sempre stata dentro me ma improvvisamente mi è apparsa chiara: NESSUN POSTO È CASA MIA!

Il 7 Aprile alle ore 20:30 mio padre è ritornato a casa, con la gioia nel cuore è qui con noi! Aspettiamo di ricevere ancora un’altra bella notizia, ma piano piano ci stiamo rialzando.
Ce l’abbiamo fatta

Spero che tutto questo possa far riflettere anche l’1% delle persone che leggeranno questo post, non è tutto così semplice come sembra, non c’è nulla da prendere alla leggera. È una situazione che ti abbatte psicologicamente, che ti fa star male e che ti fa vivere di ansie.
Per favore, #stateacasa con i vostri genitori, fratelli, con il vostro fidanzato, amiche o coinquiline. chiunque abbiate vicino e godetevi ogni attimo di leggerezza. Ne usciremo forti, più forti di prima ma fino ad allora non fate gli stupidini!

Noi ce l’abbiamo fatta e lo raccontiamo, molte persone no!
Decidete, da questo momento in poi, che tipologia di persone volete essere nella vostra vita.”

 

QUI SOTTO IL VIDEO. ATTENDI QUALCHE SECONDO PER IL CARICAMENTO

 

Oggi vi racconto una storia,La storia di mio padre (e anche la nostra).Giorno 12 marzo parte la nostra avventura, qualche decimo di febbre (che sarà mai, direte voi). Questa febbre si trasforma rapidamente in una febbre da “cavallo” con picchi di 39.5º per 15 giorni, eh si signori 15 giorni filati. Direte voi ‘non potevate fare qualcosa prima?’ e non avete tutti i torti, ma lasciatemi continuare. In 15 giorni abbiamo fatto l’impossibile, chiesto l’aiuto di qualsiasi numero verde o soccorso senza avere risposta, ma non sono qui a parlare di quanta disorganizzazione e noncuranza ci sia, non è questo il momento. Il 26 marzo, dopo una veloce e non emozionante cena, mio padre mi chiama, lo raggiungo e dice ‘ho chiamato il 118, non respiro bene!’, forse è da qui che parte realmente la nostra storia. Ho sentito il sangue gelare ma non si può mollare in questi casi, ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità cercando di rimanere quanto più lucida possibile per me, mio padre e mia madre. Mio padre viene portato al pronto soccorso (sospetto Covid-19), il sabato seguente ci arriva la conferma della diagnosi. Vi voglio raccontare cosa ho vissuto, da figlia. Ho sentito una sofferenza tale da non riuscire a spiegarla, la mancanza di forza nell’affrontare la situazione ma il bisogno di dover essere positiva per me e per mia madre che eravamo a casa con la paura che tutto questo potesse accadere anche a noi. Ho visto l’amore di una donna che ha mollato tutto per un attimo, che non sentiva nulla perché la sua spalla non era con lei. Ho sentito una casa troppo vuota e silenziosa nonostante le 1000 chiamate quotidiane che arrivavano (e grazie, perché senza di voi saremmo state davvero sole). Ho sentito il dovere di essere forte, di trovare il modo per essere positiva, di far sorridere mia madre, di renderle più leggero il lavoro in casa. Mi sono improvvisata tecnico di lavatrici, cuoca, signora delle pulizie e istruttrice di pilates (ah no questo no, l’ho fatto con coscienza e competenza e non ringrazierò mai abbastanza le mie allieve per ogni minuto di spensieratezza che mi hanno donato). È stato un periodo duro, buio, nel quale bisognava far finta che tutto corresse liscio, che la paura non sfiorasse la tua mente ad ogni starnuto o colpo di tosse, con il sorriso stampato sul volto anche quando magari era l’ultima cosa a cui pensavi. Sono qui per raccontarvi che noi ce l’abbiamo fatta, perché come dice qualcuno ‘vendete cara la pelle, voi!’ E così è stato. Abbiamo avuto la forza di rialzarci, un po’ acciaccati, ma insieme. Un collegamento diretto Capua-Roma come se fossimo tutto insieme e vicini. Avrei preferito che questa quarantena mi facesse pensare ad altro, ma ho capito che non desideravo nulla di più che sedermi a tavola con mia madre e mio padre (e in videochiamata i miei fratelli), che non desideravo nulla che vedere mio padre destreggiarsi ai fornelli come ha sempre fatto, di lasciare aggiustare lavatrici a lui (aiutandolo eh, sia chiaro), di sentire il suo buongiorno al mattino e la buonanotte la sera, di non doverlo accompagnare in giro per casa in sedia a rotelle perché troppo stanco per riuscire a far lavorare i suoi muscoli, di vederlo mangiare con voglia e piacere che è una caratteristica che ci contraddistingue, di non vederlo steso in un letto, con tutto il peso dei pensieri e della malattia sulle spalle che lo stavano consumendo, DI VEDERLO SORRIDERE DI GUSTO!Ho capito una cosa, che è sempre stata dentro me ma improvvisamente mi è apparsa chiara: NESSUN POSTO È CASA MIA! Oggi 7 Aprile alle ore 20:30 mio padre è ritornato a casa, con la gioia nel cuore è qui con noi! Aspettiamo di ricevere ancora un’altra bella notizia, ma piano piano ci stiamo rialzando. Ce l’abbiamo fatta 🌈Spero che tutto questo possa far riflettere anche l’1% delle persone che leggeranno questo post, non è tutto così semplice come sembra, non c’è nulla da prendere alla leggera. È una situazione che ti abbatte psicologicamente, che ti fa star male e che ti fa vivere di ansie.Per favore, #stateacasa con i vostri genitori, fratelli, con il vostro fidanzato, amiche o coinquiline.. chiunque abbiate vicino e godetevi ogni attimo di leggerezza. Ne usciremo forti, più forti di prima ma fino ad allora non fate gli stupidini!Noi ce l’abbiamo fatta e lo raccontiamo, molte persone no! Decidete, da questo momento in poi, che tipologia di persone volete essere nella vostra vita.A voi la parola! P.S. Questo non sarà il miglior video della storia, ma è emozione pura, è il nostro grido di vittoria! Ce l’abbiamo fatta 🌈

Pubblicato da Martina Passaro su Martedì 7 aprile 2020