IL FOCUS. MARCIANISE. Ecco i dati oggettivi che sanciscono lo status di evasore fiscale del sindaco Velardi. E sulla prescrizione quinquennale delle tasse non versate, c’è una legge dello Stato che la mette in discussione

18 Agosto 2022 - 20:42

Seconda puntata. Riteniamo opportuno ribadire, prendendoci tutto lo spazio necessario a garanzia dei diritti di replica e di confutazione di chi si sente chiamato in causa da questo articolo, punto per punto le questioni delicatissime su cui noi non abbiamo alcuna intenzione di fermare la nostra attività giornalistica, almeno fino a quando il Comune di Marcianise non ci dimostrerà, non con le chiacchiere e con pareri raffazzonati, ma con dati oggettivi di tipo normativo e giurisprudenziale, che Casertace ha torto. La novità di oggi è costituita dall’articolo 1, comma 266, della legge 211 del 2004.

MARCIANISE (g.g.) Avevamo promesso, in occasione dell’ultimo articolo da noi dedicato alla questione molto seria del rapporto tra il sindaco Antonello Velardi e il cittadino contribuente Antonello Velardi, a nostro avviso un patente evasore fiscale, di toccare qualche argomento residuo che, allo scopo di non allungare ulteriormente un articolo già ampio e impegnativo, abbiamo deciso di trattare successivamente.

Ora ci siamo e, come capita sempre quando ci occupiamo di argomenti relativi allo Stato di diritto, ai doveri e ai diritti che ogni cittadino ha di fronte a quella che dovrebbe essere l’indiscutibile primazia della legge, partiamo da una precisa base giuridica. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4283 del 23 febbraio 2010, ha certificato, riaffermato, che tasse, imposte e tributi locali “sono

prestazioni periodiche e come tali rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2948 comma 4 del codice civile”.

Un passaggio alla volta. “Cioncatevi”, prendete un attimo di tempo e noi cerchiamo di farvi capire bene e mettiamo a disposizione dei nostri lettori strumenti di confutazione e di critica, che accetteremmo volentieri e che non abbiamo avuto mai il piacere di incrociare fino ad ora.

Dunque, art. 2948 comma 4 del Codice civile: “Si prescrivono in cinque anni gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. Riteniamo che non ci siano problemi di comprensione: le tasse locali sono pagamenti periodici e per essi il Codice civile fissa in 5 anni il termine della prescrizione.

Fino ad oggi, noi ci siamo mossi, nel racconto della vicenda riguardante il sindaco Velardi, lungo il crinale tracciato da questo articolo del Codice civile e dalla sua interpretazione giurisprudenziale (anno 2010) della Corte di Cassazione.

Se da allora, cioè dal 2010, fino ad oggi, non ci fosse stato nessun altro intervento del legislatore e nessun’altra sentenza del massimo tribunale della legittimità, in questo caso a totale o a parziale emendamento di ciò che era stato scritto dagli ermellini nel 2010, sarebbe pacifico e non sussisterebbe alcun dubbio sul fatto che il sindaco Antonello Velardi è stato, è, e non sappiamo se resterà, un evasore fiscale, è anche vero che il medesimo non dovrebbe versare, proprio in virtù (?) di questa norma e della sua autorevolissima interpretazione, tutti i soldi, tanti soldi, da lui evasi dall’anno 2004 al 12 novembre 2021, cioè dal momento in cui il permesso a costruire un pezzo della sua abitazione di viale Kennedy, secondo e terzo piano, è diventato esecutivo, giuridicamente attivo, e il momento in cui l’allora dirigente dell’Ufficio tecnico Anacleto Fuschetti ha firmato e pubblicato la famosa ordinanza di demolizione del terzo piano, abusivamente utilizzato per 17 anni come appartamento di residenza, “aummo aummo” apparecchiato ed arredato, in un sottotetto accatastato, come da permesso a costruire ricevuto dal Comune, come locale-deposito.

Abbiamo già scritto cosa, a nostro avviso, Velardi avrebbe dovuto corrispondere alle casse comunali, sempre partendo dalla base dell’articolo 2948, comma 4, del Codice civile: sicuramente, partendo dal suo secondo piano, accatastato, invece, come residenza, tutto quello che non ha versato fino al 2015, cioè fino al momento in cui il Comune di Marcianise non compì un formale accertamento, con tanto di verbale, in relazione alla differenza tra i 130 metri quadrati per i quali Velardi aveva ricevuto il permesso a costruire e che in questa dimensione, quindi, erano stati accatastati, e i 184 metri quadrati misurati e accertati da chi quel sopralluogo andò a fare. Un differenziale di circa 54 metri quadrati. Partendo dal presupposto che, fino ad allora Antonello Velardi aveva regolarmente pagato la tassa rifiuti, avrebbe dovuto versare, non sappiamo se l’ha fatto o meno, occorrerebbe un accesso agli atti, un importo calibrato sulla differenza tra i 130 metri quadrati per i quali presumibilmente ha sempre pagato dal 2004 al 2015, e i 184 metri quadrati certificati dal personale dell’Ufficio tecnico.

Sempre partendo dall’art. 2948, comma 4, del Codice civile, abbiamo scritto e sacramentato che Velardi avrebbe dovuto versare la differenza, comprensiva degli interessi e delle altre spese, dal 2010 al 2015, visto e considerato che il Codice civile e la Corte di Cassazione, fissarono in 5 anni il termine di prescrizione, amnistiando, in questo modo, tutto quello di cui Velardi aveva goduto, in termine di superficie imponibile non dichiarata, dal 2004 al 2010. Magari il sindaco si è messo a posto, a suo tempo, magari il buon dirigente Salvatore Fattore si rende un po’ utile alla società e ci fa arrivare rapidamente i documenti che attestano la regolarizzazione di questo debito e noi glielo riconosceremo.

Capitolo secondo: fino ad ora abbiamo solo fatto cenno, in termini puramente assertivi, al famigerato sottotetto abusivamente utilizzato. Nel senso che, in questo articolo, non è ancora diventato una questione di tipo fiscale. Ma lo è, eccome se lo è. Intanto va detto che il sopralluogo del 2015 riguardò solo il secondo piano, perché se i tecnici del Comune avessero dato un’occhiata al terzo piano, avrebbero trovato un bel pavimento, degli ottimi arredamenti, un bel televisore panoramico, una bella tavola da pranzo e due bagni molto bene accessoriati. Per cui, già nel 2015, la questione del terzo piano abusivo sarebbe esplosa.

Non lo fecero e, dunque, quella superficie abusivamente utilizzata non diventò superficie imponibile per il versamento della tassa rifiuti. Fatta questa premessa, quello che è successo dopo, è storia nota. La magistratura inquirente ha indagato Velardi per abuso edilizio; il fascicolo è stato archiviato con un non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, ma la procedura di accertamento amministrativo, ai tempi di Fuschetti dirigente, è stata completata fino all’ordinanza del 12 novembre. Un mese dopo, cioè il 13 dicembre 2021, il sindaco Velardi, mettendo nero su bianco di aver ottemperato alle prescrizioni dell’ordinanza, ha di fatto ammesso di aver compiuto un abuso edilizio e di aver usato illegalmente il terzo piano come area di residenza e non come locale-deposito, così come da permesso a costruire, così come da progetto da lui presentato.

Siamo d’accordo su questo? Siamo d’accordo che Velardi il 13 dicembre ha dichiarato, di fatto, che lui ha compiuto un abuso edilizio? Riteniamo che non ci siano dubbi su ciò. E allora questo terzo piano, dal 12 novembre, giorno dell’ordinanza e, a maggior ragione, dal 13 dicembre, giorno della dichiarazione di ottemperanza firmata da Velardi, diventa a tutti gli effetti una superficie imponibile. O no? O per caso il fatto che uno abbia compiuto un abuso edilizio, abbia frodato lo Stato e il Comune di Marcianise, lo spediamo in cavalleria al grido della famosa canzone del primissimo dopoguerra “chi ha avuto, ha avuto, ha avuto. Chi ha dato, ha dato, ha dato” con cui il genio della Napoli delle Quattro giornate anticipò l’amnistia voluta e determinata da Palmiro Togliatti in nome della pacificazione nazionale? No, non può passare in cavalleria. Il terzo piano è stato abitato da Velardi a partire dal 2004 e ha prodotto un abuso edilizio lungo 17 anni. In via strettamente logica, dunque, il sindaco dovrebbe pagare tutti i soldi che non ha versato a titolo di tassa rifiuti per ognuno dei metri quadrati del suo terzo piano abusivo che, con un secondo piano di 184 metri quadrati, non può esprimere, metro più metro meno, una superficie troppo diversa. Ma, in questo caso, il conto della spesa andrebbe calcolato negli utlimi cinque anni, o meglio, dal 12 novembre 2016 al 12 novembre 2021. Prima del 2016, tutto prescritto ai sensi dell’art. 2948 comma 4. E questo per quanto riguarda la tassa rifiuti.

Mo’ veniamo all’Imu. Velardi non ha mai corrisposto un solo euro quale contribuente Imu al Comune di Marcianise. E questo è un dato di fatto, che non può essere mescolato a questioni diverse, a vicende di giostrai, al punto di vista sempre codinamente espresso attraverso allusioni dal sindaco sulla qualità morale di Casertace. Non c’azzecca nulla. Questa, infatti, rappresenta materia soggettiva. Lui pensa che Casertace è formato da un manipolo di delinquenti; Casertace, invece, pensa che il delinquente sia lui. Dunque, i metri quadrati della casa di Velardi, sono questioni di aritmetica e geometria, scienze esatte, scienze dell’oggettività. Se Velardi non ha mai versato un euro di Imu è perché ha sempre nascoto al Comune di Marcianise, di avere un terzo piano, spacciato per locale-deposito, ma utilizzato per civile abitazione. Nel momento in cui lui viene smascherato e, nel momento in cui lui, ottemperando, ammette l’abuso, quell’area deve essere riconsiderata residenziale per tutto il periodo che va dal 2004 alle fatidiche date del 12 novembre e del 13 dicembre 2021.

E qui ritorna il discorso dell’articolo 2948, comma 4. Siccome il terzo piano è appartamento di residenza, i suoi metri quadrati vanno cumulati a quelli del secondo piano, col risultato di andare ben al di là del limite fissato dalla legge di 240 metri quadrati, ovvero dall’articolo 6 del decreto ministeriale del 2 agosto del 1969, pienamente confermato da un altro pronunciamento giurisprudenziale della Cassazione, quello recentissimo dell’ordinanza n.1538 del 25 gennaio 2021. Questa cosa l’abbiamo già ripetuta dieci volte e, con buona pace di Velardi e del suo servizievole dirigente Salvatore Fattore, non può essere confutata, perché la legge è legge e là sta scritta. Però, noi, fino ad ora abbiamo sempre ragionato col Codice civile in mano, con l’articolo 2948 comma 4 quale riferimento normativo, con la sentenza n. 4283 del 2010 della Cassazione. Per cui, facendo il conto della serva, abbiamo, anche in questo caso, com’è successo per la Tari, scritto che Velardi avrebbe dovuto versare tutto quello che non ha versato, a titolo di Imu, dal 12 novembre 2016 al 12 novembre 2021, cioè nel corso dei famosi cinque anni post prescrizione.

Quella non è, in tutta evidenza, un’abitazione principale; non è, dunque, esonerata dal pagamento dell’Imu. E’ un’abitazione di lusso, in quanto eccedente il limite stabilito dalla legge, confermato nel 2021 dalla Cassazione, dei 240 metri quadrati. E amen, paghi questi soldi, sindaco, e la faccia finita.

E no, perché la questione non è così semplice per quanto riguarda l’Imu. Partiamo a ragionare da quello che è certo dalle norme conosciute che stabiliscono che, in caso di sanatoria, di accertamento di conformità, di fiscalizzazione, insomma, di un procedimento di “regolarizzazione” edilizia di un immobile realizzato illegittimamente, è possibile procedere al suo accatastamento, una volta ottenuta la regolarizzazione. All’atto, poi, della denuncia catastale, andrà altresì dichiarata la data di realizzazione dell’immobile. Ciò significa che se io, abusante, denuncio oggi, la rendita me la danno ovviamente oggi, ma, comunque va chiarito che l’immobile esisteva già da quando esattamente esisteva. Nel nostro caso dal 2004. La norma richiede ciò per un motivo molto semplice. Non tanto per consentire al Catasto di effettuare una verifica e di appioppare una piccola sanzione per la denuncia tardiva, ma per stabilire una sorta di riferimento temporale, sfruttato poi dal Comune che può procedere al recupero dell’Imu non versata. In questo caso, a quanto pare, perché non siamo ancora riusciti a trovare il riferimento normativo, non si potrebbe andare indietro per un periodo superiore ai cinque anni.

Incastriamo e contestualizziamo bene le norme. Nel caso dell’abitazione di residenza di Antonello Velardi siamo dentro alla fattispecie di un Comune che avvia e completa, con la più volte citata ordinanza del 12 novembre 2021, l’attività di accertamento. Sulla questione, è saltata fuori una norma che, manco a dirlo, potrebbe alterare lo status giuridico sancito dall’articolo 2948 comma 4 del Codice civile e certificato dal pronunciamento della Corte di Cassazione del 2010. Potrebbe alterare, perché è temporalmente successiva al citato pronunciamento della Cassazione.

Ecco a voi l’articolo 1, comma 266 e seguenti della legge 211 del 2004 che, come facilmente deducono quelli che hanno dimistichezza con queste cose, è la legge di Bilancio, o Finanziaria che dir si voglia, relativa all’anno 2005.

I Comuni – così è scritto testualmente -, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in Catasto, ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono (i Comuni, ndd) ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento, redatti ai sensi del regolamento, di cui al decreto del ministro delle Finanze del 19 aprile 1994 n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data a cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata con gli estremi di notificazione agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro 90 giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, all’iscrizione in  Catasto dell’immobile, ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari”. E questa è la base costitutiva del concetto successivo: “Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del Comune, producono effetto fiscale in deroga alle vigenti disposizioni a decorrere dal 1 gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero in assenza della suddetta indicazione, dal 1 gennaio dell’anno di notifica della richiesta del Comune”.

Fin qui la norma. Nostra domanda: questa norma cancella la prescrizione di 5 anni del debito Imu?

Ve lo diremo nella prossima puntata.