IL RICICLAGGIO stra-milionario del clan dei casalesi. Tutto inizia con una truffa fiscale sui carburanti. Il ruolo di Sagliocchi, la cifra mensile di 10mila euro, il controllo dello “sceriffo” e…

12 Novembre 2021 - 13:52

Pubblichiamo oggi la seconda ed ultima parte dell’interessante interrogatorio a cui il collaboratore di giustizia Attilio Pellegrino si è sottoposto nel settembre 2020 e nel quale racconta come sarebbe iniziato il meccanismo attraverso cui il clan dei casalesi, controllandolo direttamente, avrebbe cominciato a far soldi a palate mettendo in atto un’organizzazione di società fittizie in grado di emettere un numero impressionante di false fatture

 

VILLA DI BRIANO/SAN MARCELLINOAttilio Pellegrino, un pentito ormai di lungo corso, è stato ascoltato dai magistrati della Dda di Napoli il giorno 22 settembre 2020, cioè poco più di un anno fa. Naturalmente, su questa cosa, si aprirà un fronte dialettico tra le parti processuali, perchè poi effettivamente desta sempre un pò di perplessità il fatto che collaboratori di gisutizia, ripetiamo di lunghissima lena, qual è senza ombra di dubbio Pellegrino, che hanno trascorso centinaia e centinaia di ore a riempire verbali di interrogatorio, sviluppino certi racconti a molti anni di distanza da quella fase iniziale, che, legge alla mano, dura 6 mesi e durante la quale il collaboratore di giustizia dovrebbe raccontare tutto, ma proprio tutto quello che sa e che ha a che fare con l’attività da lui svolta o svolta da altri e di cui è a conoscenza, nell’ambito del clan mafioso, camorristico, più genericamente criminale di cui ha fatto parte.

Fatta la dovuta premessa, è indubbio che, come scrive giustamente il gip del tribunale di Napoli Tommaso Perrella, le dichiarazioni di Pellegrino abbiano un significativo pregio. Se è vero infatti che questo pentito può raccontare le cose successe fino al 2010, manco a dirlo, fino a un tempo coevo rispetto a quello di Nicola Schiavone, è anche vero che dalla lettura del suo interrogatorio di cui oggi pubblichiamo la seconda parte (per leggere la prima CLIKKA QUI) venga definito nitidamente un meccanismo dal quale si capisce che il clan dei casalesi aveva totale percezione sul fatto che le truffe fiscali rappresentassero uno delle più significativi strumenti di entrata, di finanziamento delle  famiglie camorristiche.

Non c’era un tratto sfumato, come capita in altre circostanze, quando la camorra non si è applicata più di tanto su certi settori, limitandosi a passare ogni tanto a riscuotere il pizzo su attività che non curava direttamente. La truffa fiscale inizia, secondo il racconto di Attilio Pellegrino, nel primo decennio degli anni 2000 e viene avviata utilizzando false documentazioni con le quali venivano frodate le accise che poi sono le tasse inserite dallo stato sui carburanti e che fanno crescere alla pompa benzina, gasolio, gas e via dicendo in maniera esponenziale, visto e considerato che il costo vivo del prodotto non è pari nemmeno alla terza parte o alla quarta parte del prezzo complessivo.

Se parli di petrolio, se parli di derivati del petrolio, se sai che questo racconto te lo fa Attilio Pellegrino, non puoi non andare a cercare nella costellazione criminale di Michele Zagaria. E qui il pentito fa il nome d un imprenditore che effettivamente in quegli anni aveva un ruolo importante nel settore dei carburanti: Michele Patrizio Sagliocchi di Villa Literno che ha affollato negli ultimi anni le cronache di questo giornale per diversi fatti che vanno dal noto processo sui carburanti che ha portato infine all’assoluzione piena sua ma anche di Nicola e Giovanni Cosentino e alla sconfessione totale, da parte della Cassazione, di colui che aveva denunciato presunte forme di intimidazione, finalizzate ad impedirgli l’apertura di un distributore di carburanti, sulla Nola-Villa Literno, in pratica dirimpetto a quella di Giovanni Cosentino.

Sagliocchi che poi ha diversificato i suoi interessi entrando anche nei meccanismi dell’edilizia con tanto di convolgimento nella vicenda del parcheggio di via San Carlo a Caserta che ha lambito anche l’attuale sindaco Carlo Marino che da questa indagine poi è uscito perchè la Dda ha ritenuto che l’accusa formulata nei suoi confronti fossero calunniose. Insomma, Pellegrino fa il nome di un personaggio molto noto che a suo dire, aveva iniziato questa grande operazione di evasione fiscale, di truffa sulle accise attraverso la costituzione di società che acquisivano i vantaggi della truffa attraverso crediti tributari che poi crescevano e si mettevano in una filiera ormai ben conosciuta che tra mille rivoli portava alla ripulitura di cifre enormi di danaro riscosso direttamente agli sportelli bancomat e postamat.

Fino al 2010 questa attività rendeva, sempre secondo Attilio Pellegrino, 10mila euro fissi al mese che venivano distribuiti di boss e ras incarcerati. Il resto del meccanismo, così come questo è narrato da Pellegrino, che poi è quello raccontato nell’ordinanza su Giuseppe Guarino che affronta fatti e situazioni collocate tra il 2015 e il 2018, lo potete leggere nello stralcio che pubblichiamo in calce.

L’ultima cosa da sottolineare particolarmente è che la camorra non guardava da lontano questo tipo di operazione. Un suo esponente di spicco, cioè Michele Fontana detto o sceriffo, altro esponente di primo piano delle truppe di Michele Zagaria, coordinava e metteva gli occhi su ognuna delle operazione di fatturazione fittizia. La trattazione si ferma al 2010, ma il gip dice giustamente che si tratta di un contributo importante perchè un sistema assolutamente sovrapponibile a quello gestito negli anni successivi da Giuseppe Guarino (anche a seguito dell’arresto di Michele Fontana) il quale, a sua volta da cognato di Giacomo Capoluongo, era partito da una posizione intranea al gruppo di Zagaria, salvo poi collegarsi maggiormente a Nicola Schiavone quando suo cognato si era distaccato da Casapesenna.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA