In decine di poste casertane ci sono impiegati complici e collusi con la camorra. Ecco l’elenco impressionante, comune per comune, delle riscossioni facili

26 Ottobre 2021 - 13:29

Riciclaggio da 175 milioni di euro. In un paese sufficientemente serio, va bè, basta normale, un’azienda dello stato qual è Poste Italiane sarebbe già partita con un’inchiesta amministrativa pesantissima per mettere a fuoco i comportamenti di decine e decine di suoi dipendenti. così facendo magari si potrebbe dare una mano anche alla magistratura penale, che come abbiamo scritto ieri, non è riuscita a identificare i responsabili

 

TRENTOLA DUCENTA/SAN MARCELLINO – Proseguiamo nella analisi dell’ordinanza sul mega riciclaggio di danaro, per 175 milioni di euro operato da un’organizzazione, capeggiata da Giuseppe Guarino, fratello della farmacista Luisa Guardino e dunque cognato dell’imprenditore pluri-accusato di camorra Giacomo Capoluongo. Oggi pubblichiamo un elenco di uffici postali in cui l’organizzazione ripuliva somme esorbitanti. La stragrande maggioranza di questi sono localizzati nei comuni dell’agro aversano, Cesa, Frignano, Parete, Aversa eccetera.

Altri, fuori da questo perimetro, Bellona, Pontelatone e finanche Limatola primo comune della provincia di Benevento e confinante con quello di Caserta. Partendo da quello che il gip Tommaso Perrella ha scritto nell’ordinanza (CLIKKA QUI PER LEGGERE)

e dunque dando per scontato quello che del resto è evidente da una valutazione anche superficiale dei fatti accaduti, e cioè che negli uffici postali l’organizzazione del mega riciclaggio di camorra abbia avuto decine e decine di impiegati complici, possiamo dire che l’organizzazione si è mossa nei suoi territori, dove si sentiva più sicura, e che abbia scelto uffici postali più lontani proprio perchè al loro interno c’erano amici, soggetti disponibili ad avallare giorno per giorno movimenti di danaro che in una struttura dello stato appena decente sarebbero stati impediti e fermati.

Le parole del gip descrivono anche il rincrescimento per non aver potuto sviluppare ragionamenti su presunti delitti compiuti da questi dipendenti di una società dello Stato. Ma Poste Italiane avrebbe il dovere, come minimo, di aprire una grande indagine al suo interno chiamando a sè impiegato per impiegato, cassiere per cassiere, direttore per direttore, e discutendo a lungo, in un contraddittorio formale e formalizzato dall’apertura di un fascicolo di indagine amministrativa, su come siano potute accadere certe cose.

Ovviamente vedremo nel resto dell’ordinanza se l’autorità giudiziaria e la guardia di finanza che ha operato a stretto contatto di gomito con la Dda, abbiano ascoltato qualcuno di questi impiegati. La speranza è di trovarli questi interrogatori.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA