IN MORTE DELLA PROFESSORESSA ANGELA SAULINO. Il silenzio che protegge l’unicità della sua vita e l’omaggio in versi buono e giusto di Federica

26 Gennaio 2022 - 13:21

 SANTA MARIA CAPUA VETERE (Gianluigi Guarino) – Il cordoglio come fedele metafora del proprio carattere, della propria personalità. Il cordoglio come manifestazione espressiva variegata, il più delle volte troppo variegata per poterne cogliere gli autentici sentimenti che popolano il suo ampio perimetro di ritualità.
Siamo un giornale locale, attento, dunque, alle notizie di prossimità e alle notizie delle comunità. Per cui, incrociamo costantemente il mesto tracciato delle perdite umane e dei conseguenti lutti per questo, rischiamo l’assuefazione, come capita del resto a ogni altro giornalista che si occupa di cronaca o come capita a un medico legale oppure a chi svolge la propria professione in un obitorio, a un imprenditore e a un lavoratore di imprese funebri o anche a un operatore cimiteriale. Il rischio di chi fa il nostro mestiere è quello di immergersi nella numerosità dei casi trattati, che finiscono per diventare espressioni ragioneristiche di un esercizio inconfessabilmente cinico che declassifica, derubrica il grande evento della morte a fattore convenzionale della vita degli altri, cioè di chi morto non è.
Non si tratta di un mea culpa, visto che l’eccesso contrario, cioè la violazione di una misura di sobrietà e di discrezione non costituisce peccato più lieve. E qui si potrebbero aprire discorsi ampi che diventerebbero, a loro volta,, per la pretesa escatologica che, dolosamente o colposamente incuberebbero, , forme espressive effimere, superficiali, della mera apparenza, di fronte alla vera questione che ogni esercizio pubblico del cordoglio presenta: le troppe parole buone per ogni situazione, per ogni contesto speculare, in pratica per ogni persona deceduta. O, quanto meno, buone per ogni cluster, per ogni categoria. È un po’ come quelle rubriche che i fiorai mettono a disposizione per trovare una frase buona da imprimere sul bigliettini: ci sono le parole per i giovani morti, le parole per i morti, vittime di violenza, le parole per i morti da anziani eccetera
È naturale che succeda e non bisogna indossare il parruccone del censore di fronte a quelli che, tutto sommato, sono stati, da sempre, usi e costumi del genere umano. Però, questo non vuol dire che non si possa notare e sottolineare, utilizzando, però, una linea leggera, tenue, .che renda impercettibile anche il minimo rumore della matita che la imprime, certe parole, un certo modo di ricordare un amico o un’amica scomparsi improvvisamente, passando, in un nano secondo, da una parte all’altra di questa linea, prima della quale era sorriso, era progetto, era futuro, oltre la quale tutto è invaso dal buio repentino, come quello inflitto da una lampadina che riluce, illumina e un attimo dopo è irrimediabilmente e definitivamente spenta.
La morte della professoressa

Angela Saulino è avvenuta così, ieri mattina, nei pressi di Carditello mentre la donna stava raggiungendo i suoi alunni, i suoi ragazzi in una scuola di Castelvoltuno. Angela e il marito Giuseppe Del Prete ingegnere: giovani e belli e con la vita tra le mani.
C’era tanto, tutto negli elementi di questa tragedia, per assistere ad un tourbillon di rip ad un festival delle parole, ad una concentrazione ad alta densità retorica, che non sono, come abbiamo scritto prima, un un male di per sé, l’eterna esposizione del conformismo, anche se, a pensarci bene ,neppure il conformismo può essere condannato di per sè prima d’ incorrere, a propria volta nel difetto conformista .
Il problema è, invece, che queste espressioni torrenziali del cordoglio, soprattutto in epoca social , finiscono, nel momento in cui si propongono in buona fede, di partecipare a un lutto, per diradare, depotenziare l’assoluta peculiarità di questa perdita. Una unicità, conseguenza dell’unicità di quella persona, la quale e, contemporaneamente puntino più o meno visibile dentro ai numeri enormi, ponderosi della popolazione umana, ma anche storia di vita individualmente fondamentale, enormemente prodigiosa, opera unica e cardinale del disegno divino.
E invece, stavolta, abbiamo incrociato poco i nulla intorno alla morte di Angela Saulino. Un silenzio, una sobrietà che non vanno classificati quale segno del tipo di educazione che connota i suoi congiunti, quanto come modo efficace, ben riparato della realtà aumentata del social – cordoglio, per proteggere e tutelare l’unicità del disegno divino che aveva fatto della professoressa Angela Saulino quello che era , semplicemente quello che era, né di più e né di meno di quella che era.
Quando è così, si riesce ad apprezzare molto meglio qualche voce, che non parla per necessità e alla quale si può riconoscere pacificamente il diritto morale al ricordo pubblico, costituito sulla misura, su modi espressivi che non fanno a pugni con la necessità del silenzio del raccoglimento. C’è piaciuto leggere, al riguardo, uno scritto di Federica Cottarelli. Non sappiamo chi sia questa persona Abbiamo dedotto che condivideva con Angela la stessa tensione civile, sociale, spesa a favore delle persone disagiate. Probabilmente, entrambe operavano nell’associazione che si occupa a Santa Maria Capua Vetere, dei bambini con disagio psichico e comportamentale. C’è piaciuto, perché Federica Cottarelli, con delicatezza, ha voluto fare un omaggio alla sua amica, assecondando la passione, divenuto poi impegno professionale, che questa aveva avuto ed aveva per la letteratura, per l’alta disciplina della carne e dell’anima  che insegnava da professoressa di Lettere.

Federica Cottarelli pubblica una foto molto bella, perché dà piena continenza e, dunque, non rende eccessivi i versi immortali che cita, badate bene, senza nominare l’autore, la cui identità resta, dunque, una cosa tra lei e l Angela, un piccoli e tenero andito di complicità spirituale.
Quelli della foto di Angela sono, insomma e in tutta evidenza “i capelli d’oro a l’aura sparsi” della celestiale Laura cantata da Francesco Petrarca
Un verso che noi, giovani studenti liceali, in epoca pre Wikipedia, utilizzavamo biecamente, dopo esserci stata inflitta dalla rigida didattica di una scuola privata di proprietà della diocesi, per far colpo su qualche donzella autoctona.
Scrive Federica Cottarelli: “Uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch”i vidi ” . Troppo ? No, il giusto.