La Domenica di don Galeone: ” Abbiamo un immenso potere, quello del nostro esempio…”

14 Maggio 2023 - 15:44

14 maggio 2023 ✶ VI Domenica di Pasqua (A)

La Chiesa non è un ghetto, un ricovero di “anime belle”

La domenica “della testimonianza”   Questa breve pericope, presa dal discorso dell’ultima cena, ci mostra un Gesù premuroso con gli apostoli, che egli consola: “Non vi lascerò orfani!”. Davvero Gesù conosce i nostri bisogni affettivi! Davvero Gesù fa convergere tutto sull’amore: “Se mi amate … Questi mi ama … Chi mi ama sarà amato dal Padre mio”. Come amare questo amabile Gesù? Solo commovendosi? Molti lo hanno pensato, e ne è venuta fuori una religiosità sentimentale, un fumo senza fuoco. Ma Gesù è stato molto esplicito: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. Ecco il fuoco! Gesù è venuto per sradicarci dall’uomo vecchio, con strappi e dolori che solo l’amore per Lui può rendere sopportabili. L’amore trasformato in mera commozione è una caricatura del serio e radicale rinnovamento di pensieri ed opere: “ama et fac quod vis!”. Ecco la vera figura del credente: non un precettato, un obbligato a portare pesi, ma un chiamato, un invitato a entrare in comunione di amore. Quando si leggono brani evangelici come questo, si ha l’impressione di stare in cielo più che in terra. Nel Vangelo di Giovanni, il credente è uno che non è orfano, che non vive ripiegato su di sé.

Con dolcezza e rispetto   Sono parole contenute nella lettera di Pietro, per il quale la fede non è propaganda o pubblicità o proselitismo, peggio, aggressione verso i non credenti, ma è testimonianza della propria fede, fatta “con dolcezza e rispetto”. Ci sono modi di ostentare la propria fede che sono offensivi. Si può usare la fede come un randello. Visto che la società diventa sempre più laica e indifferente, dobbiamo imparare a essere più rispettosi. Il Signore si è messo accanto all’uomo, non ha imposto le sue verità, è entrato nella disperazione del paralitico, del padre a cui è morta la figlia, della samaritana dalla vita agitata … La vita del Signore non è la predicazione di una dura filosofia, ma è un viaggio accanto all’uomo.

I primi cristiani hanno convertito il mondo perché erano una “minoranza lieta e contagiosa”; noi siamo una “maggioranza silenziosa e rassegnata”. Abbiamo un immenso potere, quello del nostro esempio, come Francesco di Assisi: “Andiamo a predicare in città!”. Egli attraversò tutta Assisi, con gli occhi bassi, il cappuccio tirato sul capo, le braccia nelle maniche, a piedi scalzi, senza dire una parola! Noi piangiamo la Chiesa del silenzio, la crediamo lontana, dietro la cortina di ferro o di bambù … e invece la cortina d’indifferenza fa della nostra Chiesa un ambiente amorfo. Ha scritto l’abate Roberto de Lamennais: “Il secolo più malato non è quello che si appassiona per l’errore, ma quello che trascura e non ricerca la verità”. È vero: l’italiano oggi non è ateo, è semplicemente indifferente! Buona vita!