La Domenica di Don Galeone. La quarta domenica di Pasqua è la domenica del Buon Pastore, nella quale ricorre la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

30 Aprile 2023 - 09:01

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30 aprile 2023 ✶ IV Domenica di Pasqua (A)

Solo chi ama, conosce davvero!

Io sono venuto perché abbiano la vita, in abbondanza!”. Questa conclusione illumina tutto il brano, che possiamo dividere in due quadri: nel primo, Gesù parla del pastore e del ladro (vv. 1-6); siccome i suoi interlocutori non comprendono che Gesù parla di sé stesso, nel secondo quadro, egli si definisce chiaramente “la porta delle pecore” (vv. 7-10). I Vangeli non vogliono tanto raccontare dei fatti, quanto rivelare il loro significato profondo; gli evangelisti non sono dei cronisti ma dei teologi. In questo brano, Gesù viene presentato come buon pastore: egli è la porta, cioè il sacramento fontale da cui ci viene ogni grazia.

Un mio amico non riusciva a trovare nessuno disponibile, a pascolargli il gregge, anche offrendo una buona paga mensile. Vita dura quella del pastore! Allontanarsi per settimane, non vedere che pecore e pascoli! La loro vita è amara più che dolce, sofferta più che goduta, penosa più che bucolica. Chi accetta questo lavoro, finisce per affezionarsi agli animali: le lunghe giornate e nottate trascorse insieme fanno sì che il pastore si senta più un padre che un padrone. Queste realtà il Signore le conosceva bene, come i suoi ascoltatori, popolo nomade e dedito alla pastorizia; le sue parole non erano nuove, come forse a noi moderni.

Gesù, buon pastore! Non pensiamo alle statuine di gesso, e all’agnellino sulle spalle. Se leggiamo Giovanni con attenzione, ogni leziosaggine scompare, il linguaggio diventa ruvido: “E’ un ladro e un brigante … Il ladro viene per rubare, uccidere, distruggere”. Frase che non si potrebbe ripetere in un salotto o in un’università, ma nella sostanza questa frase resta vera. Quante voci ci hanno illuso e deluso, da quella di Socrate a quelle dei “nuovi filosofi”! Costoro non erano certo ladri e briganti, però solo Gesù ha dato la sua vita per me, per ognuno di noi. Siamo pecore? Che importanza ha? Siamo pecore tutti; tutti facciamo parte di qualche gregge o tribù o circolo o gruppo o chiesa o, Dio non voglia, di qualche branco. Il gregge di Gesù non rende schiavi, non porta al vizio e alla rovina. Buon pastore? Forse molto meglio dire: pastore unico!

Attorno a noi, in questo zoo umano, ci sono ladri sfruttatori, che stravolgono in merce e in affare la vita e la morte stessa, con i loro traffici iniqui. Machiavelli stesso raccomandava al “principe” di essere “lione” e “golpe”, ma poteva anche aggiungere serpente e iena. Non è facile, ma è necessario distinguere la voce del Vangelo, l’insegnamento del Maestro: solo Lui ci potrà salvare! Oggi non è facile parlare del papa, dei vescovi, dei sacerdoti in termini di pastori. Molte deformazioni storiche gravano sull’immaginario collettivo dei credenti. Il papa, per esempio, da molti è visto come un capo politico, un astuto diplomatico, un monarca assoluto. Il vescovo: come un solenne dignitario, un alto funzionario. Il parroco: come burocrate che cura delle pratiche religiose. I fedeli hanno ragione quando si mostrano critici verso i loro pastori, ma devono anche manifestare loro affetto e obbedienza. La Chiesa, anche se sbaglia, resta una madre! Occorre imparare a “morire come grano nel campo della Chiesa, e non come ribelli rivoluzionari davanti alla sua porta” (K. Rahner). La differenza tra Martin Lutero e Francesco è solo e tutta nell’obbedienza: Lutero si è messo contro il papa, ha preteso la conversione degli altri, ha spaccato in due l’Europa; Francesco ha convertito se stesso, e “sua dura intenzione ad Innocenzo aperse / e da lui ebbe primo sigillo a sua religione” (Paradiso, canto X, v.91). BUONA VITA!