LA NOTA. MARCIANISE. Il sindaco Velardi ha annunciato le dimissioni e poi non le ha date. Non vuol confrontarsi con Valentino e la Tortora, pretende atti di fedeltà e di sottomissione. Marcianise in pieno Medioevo

23 Luglio 2022 - 18:28

Qui sotto, proprio in cima all’articolo, il messaggino, scritto, attraverso whatsapp, dal primo cittadino qualche giorno fa e su cui noi, instancabili, infaticabili e irriducibili, abbiamo sviluppato una riflessione, pubblicata, non certo in funzione della persona, di cui poco ci interessa, ma nel rispetto sacrale dell’istituzione che rappresenta, della funzione che esercita e dei fondamenti della democrazia della rappresentanza che ancora una volta Velardi “si mette letteralmente sotto ai piedi”.

 

 

MARCIANISE (gianluigi guarino) E’ vero oppure è falso che, dalla tarda primavera del 2016 in poi, Antonello Velardi si è dimesso un paio di volte, ha annunciato le dimissioni in almeno 5 o 6 occasioni e le ha minacciate in doppia cifra? E’ vero o non è vero? Perchè la questione, tutta la questione, relativa alla valutazione, che verrà fatta anche in sede giudiziaria, del lavoro di questo giornale intorno alle cose riguardanti il Comune di Marcianise, va ridotta all’osso, come d’altronde una giurisprudenza, ormai consolidatissima, della Corte di Cassazione ha stabilito.

Notizia vera o notizia falsa, dunque, quale unico discrimine dell’esistenza in vita di un possibile reato di diffamazione a mezzo stampa. La notizia falsa condanna, la notizia vera assolve, scagiona anzi, dovrebbe, come abbiamo seriamente intenzione di fare, ripercuotersi contro  chi, attraverso lo strumento della querela temeraria, intimidatoria, ha cercato di bloccare un lavoro di inchiesta giornalistica condotto attraverso articoli sempre molto lunghi e dettagliati, sempre assistiti da una documentazione probante e probatoria, ma, soprattutto, assistiti dalla nostra fatica, perché, statene certi, noi non ci divertiamo affatto nello scrivere in questo modo da anni sul sindaco di Marcianise Antonello Velardi che meriterebbe, invece, da parte nostra, una risposta speculare rispetto al nulla pneumatico, alla cronica superficialità che connotano l’espressione del suo pensiero. Al contrario, noi garantiamo Antonello Velardi ogni giorno, in ogni nostro articolo, peraltro mai replicato, mai oggetto di una richiesta di rettifica, in quanto rispettosi della funzione da lui esercitata o che, quantomeno, dovrebbe esercitare. Le dimensioni, non certo rabberciate, al contrario, ampie, estese di ogni nostro articolo, diventano, quindi, elemento costitutivo di un lineare e ortodosso rispetto della figura del sindaco di Marcianise.

E allora, senza indugio e a testa alta, ridomandiamo al popolo di Marcianise: è vero o è falso che il sindaco Antonello Velardi si è dimesso una volta ufficialmente, un’altra volta proprio lì lì al protocollo, altre 5 o 6 volte ha annunciato i suoi propositi dimissionari a mezzo social e, in almeno 15 circostanze, le dimissioni le ha minacciate? Se qualcuno a Marcianise ritiene che questa nostra affermazione, che regge come solidissima infrastruttura il nostro ragionamento, sia falsa, allora si faccia avanti, ce lo dimostri opponendo documenti a quelli del nostro archivio e noi non avremo alcuna difficoltà a rettificare e a dargliene atto. Ma, siccome questo non avverrà, perché chi non ha argomenti seri da opporre, si muove solo con lo strumento dell’intimidazione, guardandosi bene, invece, dal mettersi in piazza affermando con la fermezza e la serenità di chi ritiene di avere valide e documentabili ragioni, che Tizio o Caio, autore di questo articolo che oggi vi mostro in questa pubblica piazza, contenuto del giornale Casertace, ha scritto una montagna di falsità, come vi dimostrerò io, il cui nome e cognome sono Antonello e Velardi, il cui ruolo è quello di sindaco della terza città della provincia, mostrandovi le prove, opponendo la mia controdocumentazione alla documentazione esposta dal giornalista e dal giornale in esercizio menzognero.

Questa scena non la vedrete mai, perché ci vogliono gli attributi, ci vuole carattere, ci vuole il coraggio di chi non ha paura di nessun confronto e di nessun tipo di scontro; ci vuole il coraggio della cappa e della spada e non quello di chi cammina a testa bassa sotto i muri, nascondendosi dietro pubblicazioni fitte solo di allusioni e che, in coerenza con il personaggio, non hanno, pusillanimemente, mai espresso la dignità di una testimonianza diretta, di una replica viso contro viso, naso contro naso, fronte contro fronte, con nomi e cognomi, esposti senza timore.

In attesa di ricevere una prova contraria (che ovviamente non arriverà), relativamente alla nostra affermazione sulla mania conpulsiva della dimissionite tarocca e taroccata del sindaco di Marcianise, procediamo commentando questo messaggino, che facciamo campeggiare in alto, cioè anticipando l’inizio di questo articolo, con il quale nei giorni scorsi il Velardi ha dichiarato, senza se e senza ma, l’irreversibilità della sua decisione di dimettersi. Ovviamente, non l’ha fatto. E d’altronde, se fino ad oggi il popolo di Marcianise non l’ha sanzionato politicamente e lo ha sanzionato solo in parte elettoralmente alle ultime elezioni amministrative del settembre e dell’ottobre del 2020, è chiaro che questo qua continui a considerare la politica della sua città esattamente come ha considerato e come ha trattato, per anni e anni, il terzo piano della sua casa, del quale ha abusato, violando la legge così come è stato messo nero su bianco da un’ordinanza, non impugnata, dell’allora dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, Anacleto Fuschetti.

Ma, stavolta, in occasione del messaggino di cui sopra, le dimissioni, non solo paventate, non solo ventilate, bensì annunciate come sicure, certe, ineluttabili e irrevocabili e poi, puntualmente, non presentate, sono state causate dalla solita botta di lesa maestà, in questo modo, infatti, Velardi considera la decisione assunta dai due consiglieri della sua maggioranza, Giovanbattista Valentino e Francesca Tortora, di costituire un gruppo consiliare autonomo rispetto al gruppone della maggioranza. Un atto tutt’altro che inusuale in un posto dove si vota con la legge elettorale applicata ai Comuni con più di 15mila abitanti. Legge che prevede la presentazione, attorno ad un candidato sindaco, di un numero più o meno illimitato di liste e che, dunque, conduce naturalmente, fisiologicamente, alla rivendicazione di identità politica che non c’entra nulla con la fedeltà e il rispetto di un vincolo elettorale, di un mandato ad essere maggioranza di governo.

Vaccelo a spiegare a questo qui, che si muove come il sindaco di Roccacannuccia, come il sindaco di un Comune di mille abitanti, dove ogni candidato alla fascia può essere appoggiato da una sola lista, creando ab origine una condizione, una inerzia che conduce alla ricerca di caratteri identitari quale elemento delle scelte di aggregazione politica anche dopo le elezioni, anche all’interno del consiglio comunale, nel momento in cui questo comincia a vivere e a deliberare.

Leggendo questo messaggino, conoscendo però tutto quello che è capitato dal 2016 ad oggi, uno dovrebbe allargare le braccia, facendosi consolare da un rassegnato fatalismo, visto che non stiamo parlando di politica o di un soggetto che, consapevole del connotato prevalentemente impersonale, giammai personalistico, dell’istituzione che rappresenta, sembra dedicata alle cose serie, alle cose concrete, alle strade bucate, al degrado, all’abbandono di ogni ausilio di assistenza, di attenzione alle aree industriali che dovrebbero essere, invece, il fiore all’occhiello di Marcianise.

Al contrario, come abbiamo scritto tante volte, qui parliamo di una persona che monopolizza, cannibalizza il suo mandato o meglio la sua funzione istituzionale, vivendola, muovendola solo e solamente in funzione del suo carattere, delle sue personalissime pulsioni, di un portato esistenziale che lo ha convinto del fatto che Marcianise sia stata sempre una città di trogloditi, di primitivi, che oggi, anzi dal 2016 in poi, dovrebbe ringraziarlo in ginocchio per essersi missionariamente prestato alla sua civilizzazione. Un quadro del genere, su cui abbiamo riflettuto, su cui abbiamo ragionato, come si diceva, in tantissimi nostri articoli e nel corso degli anni, spiazza, perché noi di Casertace, ma anche ognuno dei cittadini di Marcianise, avremmo il diritto di parlare e di scrivere di un sindaco, di parlare e di scrivere bene o male del sindaco di Marcianise e non di Antonello Velardi, della cui persona non ci interessa nulla, perché le questioni personali non possono essere dentro ad una corretta narrazione dei fatti della politica e di un’amministrazione comunale, di uno che non possiamo nemmeno scherzosamente accostare “al bambino capriccioso che la vuol sempre vinta lui” visto che, comunque, chi scrisse questa canzone, divenuta leggendaria grazie a Mina, considerava il difetto non tanto significativo da condizionare il giudizio complessivo su quell’uomo, su quella persona “grande, grande, grande”, visto che questo qua tutto è tranne che grande.

E’, dunque, lui, Velardi, e non noi, a trascinare l’inerzia di ogni discorso, di ogni spunto di cronaca e di commento, su un terreno improprio.

Si dirà: ma pure De Luca invade l’istituzione che rappresenta e che non è di sua proprietà con le peculiarità del suo carattere. Ma De Luca, quanto meno, fa e dice, a volte delle cose buone e a volte cose sbagliate. E non è che De Luca, ogni mezzo minuto, perché due consiglieri regionali si sono alzati una mattina e hanno deciso, come nel loro diritto, di costituire un nuovo gruppo, minaccia le dimissioni o, addirittura, le rassegna. La deriva, innestata dalla costante puerilità del putto di Puzzaniello, di un sindaco capriccioso che apre questioni sul nulla, al massimo sul poco, ergendole al rango di fatto politico dirimente quando, in realtà, si tratta solo e solamente di una sua necessità emotiva, consegna la città di Marcianise ad un destino di stallo, di mantenimento di uno status quo che la consuma, la degrada, la paralizza giorno dopo giorno. Marcianise, dunque, non è e non sarà, fino a quando Velardi indosserà quella fascia, una città che discute di se stessa, che si confronta e si scontra sulle ricette proposte per migliorare i livelli di vita, che si confronta e si scontra, anche e perché no, qui nessuno nutre ambizioni di edificare agostinianamente La città di Dio, sull’identità di un assessore scelto o non scelto dal sindaco, che si confronta e si scontra anche e perché no sugli equilibri, sui rapporti di forza esistenti in consiglio comunale; che si confronta e si scontra in una dialettica sulla lottizzazione, sulla buona o cattiva politica. Nulla di tutto questo. Pensate un po’ che il problema principale di Marcianise, in questi giorni, non è stato costituito dai contenuti di un possibile confronto politico tra il sindaco, il suo gruppo di maggioranza e il nuovo gruppo, formato da Giovanbattista Valentino e Francesca Tortora. No, il punto qualificante della politica marcianisana è un altro. Come se Giovanbattista Valentino e Francesca Tortora in consiglio comunale ci fossero arrivati in base ad un atto di devoluzione di un imperatore che attribuisce a un suo fedele servitore un feudo grande o piccolo e non invece, grazie a voti, consensi popolari e personalmente attribuiti, attraverso l’istituto della preferenza. Il guaio, l’indubbio rinculo culturale con cui Velardi ha reso Marcianise una città ricacciata indietro nel tempo di cento anni almeno, è proprio questo: la cancellazione totale della politica. Ma non di quella capace di elaborare programmi elettorali e di rispettarne almeno il 20 o il 30%, non chiediamo tanto, bensì, semplicemente, della politica dei fondamentali, delle regole di base.

Pensate un po’ che lo “scazzo” tra gli uomini di Velardi e i due consiglieri Tortora e Valentino, non è avvenuto sull’ampliamento di un asilo o sulla moralità dei tutor stradali; non è avvenuto sulla condizione sempre più declinante delle strade cittadine (in questo caso, benedetto sarebbe stato lo scazzo); non è avvenuto, neppure, su una ipotetica richiesta di questo nuovo gruppo di avere, ad esempio, un assessore. No: Velardi ha chiesto un atto di fedeltà. Parole di sottomissione politica e di sottomissione personale. Questa non è democrazia. Anzi, Marcianise ormai è in piena deriva antidemocratica. Ecco perché diciamo che il connotato nettamente, chiaramente, antropologico delle sue manifestazioni spiazza tutti e spesso finanche noi che vorremmo essere un normale giornale di opposizione. Velardi vuole, pretende, al contrario parole che con la politica, con la sua dignità, con il suo significato non c’entrano nulla. E’ al monarca assoluto, all’imperatore, al dittatore, cioè a tutti quegli ordinamenti non regolati da una Costituzione, che si giura fedeltà personale. Ma dove siamo arrivati. Il sindaco Velardi semplicemente non accetta le regole della democrazia, non accetta l’idea di un sistema basato sul confronto politico, rispettoso di ogni ruolo degli attori che lo attivano e lo determinano, ma soprattuto rispettoso della fonte della rappresentanza che deve diventare l’unica modalità, ci scuserete il gioco di parole e la ripetizione terminologica, di rappresentazione dei ruoli di un sindaco e di un consigliere comunale.

Parliamo del popolo sovrano, sindaco Velardi, ha idea di cosa sia? Perché se il sindaco è un rappresentante del popolo sovrano, anche il consigliere comunale lo è. Questi e non è l’ultima delle “mappine”, non è l’ultimo dei burattini da muovere, se, come e quando si desidera ed eventualmente da ristorare solo dopo aver dimostrato di essere stato sempre, gesuiticamente, perinde ac cadaver, prono, steso e soprattutto fermo come un morto. Velardi, non riconoscendo una pari dignità istituzionale, non riconoscendo il diritto all’autonomia di giudizio che anche un consigliere comunale di maggioranza può, anzi, deve avere, mortifica, offende, prima di tutto i 400, 500 (non sappiamo bene quanti siano stati, ma non è importante stabilirlo nell’economia del nostro ragionamento), marcianisani i quali, piaccia o no (io, ad esempio, avrei sconsigliato di dare la preferenza al simpatico G.B.), hanno legittimamente e con pieno diritto votato Valentino o Francesca Tortora. Ciò che i due consiglieri stanno attuando negli ultimi giorni è totalmente dentro al perimetro della legalità politico-istituzionale del proprio mandato democratico. Vogliono un confronto con il sindaco e con l’altro gruppo di maggioranza, sui temi, sui contenuti, in modo da rilanciare l’azione amministrativa. Ed è questo che per problemi caratteriali, comunque, come detto, di ordine antropologico e non di ordine politico, Velardi non accetta e nega nel momento in cui minaccia, annuncia o, addirittura rassegna le dimissioni (provvisorie) usate come strumento di pressione visto che, poi puntualment, queste non vengono definite, chiuse, perfezionate.

In conclusione, i marcianisani sono di fronte, a sei anni di distanza dalla sua prima elezione, ad una persona su cui neppure l’esperienza, neppure quel sano disincanto che si acquista di solito attraversando i fatti, le situazioni, i nodi hanno attecchito, consentendogli di crescere, di avere rispetto o, quantomeno, più rispetto delle idee e delle opinioni altrui e, dunque, tenendo a freno le manifestazioni delle sue pulsioni, che ha il diritto di esprimere nelle cose di casa sua, non condizionando e paralizzando, invece, continuamente le istituzioni e una città ormai sfinita.