MONDRAGONE. Dopo 5 anni, a 2 mesi dalle elezioni, ritorna la storia delle presunte preferenze false. Ci sarebbero tante storie più importanti di questa su cui si potrebbe indagare riguardo a Zannini ma anche ad altri esponenti della Regione

16 Luglio 2020 - 13:22

L’articolo dell’ottima collega Marilù Musto è in qualche modo una sorta di “bocca della verità”

 

MONDRAGONE(g.g.) A 5 anni di distanza dalle elezioni regionali del 2015 salta fuori di nuovo la vicenda delle presunte preferenze farlocche attribuite a Giovanni Zannini nel seggio 22 di Mondragone. Ricordiamo che la vicenda fu oggetto di grandi polemiche da parte di un’altra candidata della lista del centro democratico, Filomena Letizia di Marcianise che, va detto, e noi lo dicemmo, non è che vantasse grandi elettori di primo fiore, dato che il suo sponsor principale fu “l’ottimo” Paolo Siciliano, oggi supermercati Pellicano, chiamato pesantemente in causa nell’ordinanza su latte e camorra, come riferimento stabile dei fratelli Filippo e Nicola Capaldo, nipoti prediletti di Michele Zagaria.

La Letizia propose anche un ricorso al TAR finalizzato ad invalidare l’elezione di Zannini che avrebbe permesso a lei di entrare in consiglio regionale.

Oggi, a distanza di un lustro, potremmo dire a distanza di un’elezione regionale, dato che la prossima si terrà di qui a due mesi, risultano indagate 4 persone, il che ci fa sperare che  una vicenda forse ancor più grave di questa, riguardante le firme false raccolte sotto alla lista Orgoglio Marcianisano, di Antonello Velardi, possa ancora trovare una evoluzione nonostante il significativo tempo passato dall’inizio dell’indagine.

Dovranno nominare un avvocato la presidente del seggio elettorale numero 22 Rachele Miraglia di 47 anni e le scrutatrici del seggio Michela Di Maio, Vincenza Marino e Maddalena Marano.

Nel dettaglio, Rachele Miraglia (poi candidata nel 2017 con il sindaco Virgilio Pacifico) avrebbe «formato falsamente le schede elettorali numero 107, 81, 64, 8 e 4 apponendovi di proprio punto – si legge nella chiusura indagine – il voto di preferenza del candidato Zannini nonché i relativi crocesegni sul simbolo «Centro Democratico» e dicitura «Vincenzo De Luca» per la scheda 107 e 64, sul simbolo Centro Democratico. La Di Maio formava falsamente le schede 106, 103 e 45 apponendovi di proprio pugno il voto di preferenza al candidato Zannini». Stessa contestazione mossa a Marino e a Maddalena Marano di 44 e 52 anni, per le schede 116, 72, 50 31 e 109.

La notizia è stata riportata dall’edizione odierna de “Il Mattino” e reca la firma autorevole di Marilù Musto, che mi piace ricordare come una allieva del sottoscritto ai tempi del Corriere di Caserta. Un elemento interessante emerge dallo scritto della Musto: trattandosi di una giornalista che ha costruito con impegno la propria professionalità nel settore della cronaca nera, partendo dal suo presidio complicato e coraggioso del pronto soccorso dell’ospedale Moscati, a cui il sottoscritto la assegnò, non possiede la caratteristica che per me è un difetto, tipica di tutti i giornalisti che scrivono di politica, i quali sono paludati, criptici, allusivi, bizantini, ognuno naturalmente in base alle proprie conoscenze grammaticali e sintattiche.

Marilù, invece, è andata dritta al bersaglio. Se leggete le prime righe dell’articolo, vi renderete conto che ha incrociato subito il fulcro della questione: Giovanni Zannini era a conoscenza o non era a conoscenza dell’attività svolta dalla presidente del seggio 22 e dalle tre scrutatrici? Brava Marilù, sei come la bocca della verità.

E allora, si capisce anche che alla vigilia delle elezioni regionali di oggi, nelle quali Zannini viene dato per quasi certo riconfermato, l’obiettivo vero, quantomeno del giornale che ha pubblicato la notizia, sia lui e non tanto le persone indagate, anche perchè, poi magari approfondiremo meglio il tipo di reato contestato, sono trascorsi già più di 5 anni e quindi ad occhio e croce sarà la prescrizione, a breve, a chiudere la faccenda di cui rimarrà, al netto della estinzione del possibile reato compiuto, solamente l’impatto che questa storia, riproposta dopo che 5 anni fa, almeno per quel che ci riguarda, rappresentò un argomento di cui ci occupammo scrupolosamente e dettagliatamente, avrà sullo Zannini politico e sulle sue prospettive elettorali.

Pensierino finale: chi scrive ha molto contato nell’ascesa politica di Giovanni Zannini, soprattutto nella fase in cui questi, esponendo argomentazioni mobili, ha combattuto Giovanni Schiappa, cioè il sindaco precedente a quello attuale che, in pratica, è un ventriloquo del consigliere regionale. Ma chi scrive è stato, nell’ultimo anno, il più duro censore del modo in cui Zannini, ma certamente non solo lui, ha gestito il potere, partendo dalle vicende vergognose e largamente impunite avvenute nel consorzio idrico di Terra di Lavoro, fino ad arrivare alle lucrosissime gare d’appalto vinte dal sindaco di San Marcellino Anacleto Colombiano in enti strumentali gestiti dalla Regione Campania, passando per il comportamento di Alessandro Rizzieri, altra propaggine dello Zannini, all’interno del comitato direttivo dell’Asi, che ha approvato delibere, veramente ai confini della realtà.

In mezzo a queste tre strutture di riferimento, ci sono altre storie, che avete letto, queste al pari di quelle precedenti, solo e solamente su CasetrtaCe e che solo e solamente grazie a CasertaCe conoscete, come quella per esempio dell’appalto vinto, sempre dal Colombiano, per la costruzione o il rifacimento (non ricordiamo benissimo ma non fa differenza) di una strada tra Falciano del Massico e Mondragone e come quella di un’altra gara incredibilmente revocata da quell’autentico artista che governa oggi l’ufficio tecnico del comune mondragonese e che risponde al nome di Salvatore Catanzano.

Ci sarebbero, insomma, tanti filoni riguardanti le modalità con cui Zannini, ma anche tutti i suoi colleghi consiglieri regionali di maggioranza della provincia di Caserta, si sono comportanti in questi anni.

Nel momento in cui affiora questa storia di 5 anni fa, è chiaro che l’impatto della sua incidenza finisce, per i motivi appena esposti, per investire più l’aspetto politico, proiettato verso le prossime elezioni regionali, che l’aspetto eminentemente giudiziario.