OSPEDALE CASERTA. Trionfo del Nursing Up: la Cassazione dà ragione agli infermieri e agli Oss scippati dei “superfestivi”. Ora, la Cisl di Cristiani, la Fials di Stabile e i vari Prata e compagnia si andassero a nascondere

26 Gennaio 2021 - 17:18

Gli “ermellini” romani hanno accolto le tesi esposte nei ricorsi dei lavoratori contro l’assurda decisione della corte di Appello, accogliendo le argomentazioni dell’avvocato Michela Izzo, associato allo studio Cocilovo

CASERTA (g.g.) – In quattro anni abbiamo scritto molto intorno alla vergognosa vicenda degli infermieri, degli OSS e dei tecnici appartenenti al comparto sanitario dell’Azienda ospedaliera di Caserta, vessati da una sentenza totalmente sbagliata pronunciata dalla corte di Appello di Napoli e completamente sbugiardata e ribaltata, come avevamo largamente previsto, da un’altra sentenza ben più autorevole pronunciata da una delle sezioni Lavoro, guidata dalla presidente Amelia Torrice, della Suprema Corte. Verdetto che ricostituisce un senso di giustizia verso questi lavoratori ulteriormente vessati dall’intimazione avanzata da diversi direttori generali affinché restituissero quei quattro soldi incassati a suo tempo, perché vi garantiamo che si tratta davvero di pochi spiccioli, quale corrispettivo integrativo per il lavoro svolto nei giorni festivi infrasettimanali.

Una storia tristissima, durante la quale si è assistito ad una selvaggia modalità di aggressione da parte di alcune sigle sindacali, la Cisl di Nicola Cristiani e la Fials del solito Salvatore Stabile in primis, che pur di contrastare un altro sindacato, questo sì storicamente vicino alle difficoltà dei lavoratori, parliamo del Nursing Up e della sua coordinatrice provinciale Rosa Nuzzo, sono arrivati a muoversi e a brigare affinché gli iscritti a quella sigla restituissero quei soldi, così da creare un cortocircuito nei rapporti con al citato Nursing Up e un conseguente addio allo stesso, magari con tanto di offerta di tesseramento contestuale a Cisl o Fials, con una modalità comportamentale che non possiamo non avvicinare alla pratica dello sciacallo.

A suo tempo, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere fornì piena ragione alle posizioni di questi lavoratori, sancendo la validità dell’applicazione dell’articolo 9 del Contratto collettivo nazionale del comparto 2001, che andava ad integrare quello del 1999. Non c’era dubbio, secondo i giudici sammaritani, che quella norma contrattuale brillasse di una luce propria e sviluppasse le sue conseguenze esecutive al di là di ogni altra norma già esistente, che peraltro non andava ad intersecarsi in alcun modo con il dettato dell’articolo 9, contenente alcune parole che, senza se e senza ma, certificavano la sua originalità regolatoria. E invece, inopinatamente, la corte di Appello di Napoli fece in pratica scomparire l’articolo 9, ne azzerò contenuti e conseguenze, assorbendoli in un’altra norma contrattuale di diversi anni prima, cioè quella contenuta nell’articolo 44 del Ccnl del comparto datato 1995.

Nei nostri articoli abbiamo sempre rimarcato il fatto che questi due contenuti contrattuali non andavano in rotta di collisione, ma regolavano due aspetti distinti e separati, a differenza di quello che sanciva l’Appello. Ora, non è che la categoria dei giudici, in quanto tale, sia formata solo da gente capace. Come capita in ogni altra categoria di lavatori, ci sono i giudici all’altezza che lavorano in coscienza, e ci sono i giudici-schiappa, che lavorano in maniera superficiale e raffazzonata. La Cassazione non lo dice esplicitamente, ma è chiaro che quella sezione napoletana del secondo grado di giudizio non ci ha fatto una bella figura. Ma andiamo per ordine e vediamo cosa afferma l’articolo 44 del Ccnl del 1995, nel comma 12, e cosa c’è scritto nell’articolo 9 del contratto collettivo del 2001.

Articolo 44, comma 12: “è prevista una maggiorazione per i turni di servizio ricadenti in giorno festivo”. Articolo 9: L’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente da effettuarsi entro trenta giorni, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo.“.

Ora, anche un bambino di terza elementare, valutando un punto essenziale nel confronto tra i due strumenti normativi, nota che esiste un discrimine evidente tra l’articolo 44 e l’articolo 9. E se lo capisce un bambino, figuriamoci se la corte di Cassazione non rivelava che già l’esistenza della possibilità di riposo compensativo, l’opzione di prima battuta rispetto alla possibilità di incassare un’indennità aggiuntiva nel caso in cui non si opti per il suddetto riposo, rappresentava di per sé una prova provata che non si poteva  assorbire la rivendicazione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 9, nella norma dettata dall’articolo 44, che parla di soldi e non della principale opzione del riposo compensativo. Ecco perché abbiamo scritto che i giudici dell’Appello che hanno accolto il ricorso dell’ospedale di Caserta “non si sono letti le carte”, altrimenti, in caso contrario, non potremmo che collegarci alla tesi su una loro conclamata incapacità professionale mostrata nel momento i cui hanno affermato che, siccome i dipendenti del Sant’Anna e San Sebastiano avevano già ricevuto il compenso per i giorni festivi, non avrebbero potuto usufruire dell’articolo 9 che, evidentemente, a sei di distanza dall’articolo 44, era stato messo lì per pazziare, come per pazziare era stato ribadito il suo contenuto in maniera chiara e perentoria nell’ultima versione del Contratto collettivo nazionale di lavoro riguardante il comparto sanitario risalente all’anno 2018. In pratica, le delegazioni trattanti di un Ccnl si erano rimbecillite a tal punto da scrivere un articolo che, a 6 anni di distanza dal varo del 44 del 1995, non serviva a un cazzo.

Vedete, noi siamo abituati a leggere sentenze della Cassazione, ne abbiamo commentato a centinaia, in verità, solitamente ci riferiamo a quelle relative a processi penali o su procedure penali più in generale. Però c’è un tratto comune tra le sentenze penali e quelle civili. Quando la Suprema Corte usa il termine “logica“, vuol dire che ha incrociato quella che Fantozzi avrebbe definito, parafrasandolo, una “boiata pazzesca“. E’ come dire ai colleghi dell’Appello: guardate, non è neanche una questione da discutere in punto di diritto o con una valutazione giurisprudenziale. anzi, non è neppure una questione giuridica, ci troviamo in una categoria molto più generale; quella della logica. Ragione per cui, noi di Casertace ci siamo permessi di scrivere che anche un bambino di terza elementare avrebbe capito che la disciplina trattata dall’articolo 44 del Ccnl 1995 e quella dell’articolo 9 del Ccnl 2001, attengono a questioni diverse. Tra cui magari si possono rivelare assonanze, in una dimensione parallela e mai tangenti e benché meno intersecante, come è emerso invece sciaguratamente dalla sentenza della corte di Appello.

Dunque, ricapitoliamo: l’articolo 44 del Ccnl 1995 integra solamente attraverso un compenso economico la gravosità del lavoro prestato all’interno dei turni di ogni unità di personale nei giorni festivi. Altra questione solo quelli definibili ultrafestivi, tra cui alcune date davvero importanti, tipo il Santo Natale, il 1° gennaio, per citare le due fondamentali. Per questa tipologia di feste e per questi turni, che sono un qualcosa di altro rispetto ad una disciplina di ordine generale relativa ai festivi ordinari, cioè anche alle domeniche, si riferisce l’articolo 9. Che non nasce dal nulla, ma da una legislazione pregressa molto importante da cui emerge una norma contrattuale di civiltà che, non a caso, non affronta in prima battuta la questione economica, ma il diritto al riposo compensativo. Insomma, potremmo girare, voltare e rivoltare questo argomento in mille modi per dimostrare quanto fosse evidente la ragione espressa dai dipendenti e dal sindacato Nursing Up che da solo ha combattuto affinché tutti i lavoratori dell’ospedale, anche i non iscritti alla sigla, non dovessero affrontare l’onta di una restituzione ingiusta delle piccole cifre che integravano la disponibilità espressa nei giorni di Natale, Capodanno, dell’Epifania o del Lunedì dell’Angelo, o ancora del Primo Maggio, del 2 giugno. Non lo facciamo perché ci sono le pagine della sentenza che partono dall’esposizione delle tesi dei ricorrenti, dei lavoratori brillantemente rappresentati dall’avvocato Michela Izzo, la quale ci ha tenuto a sottolineare che fino ad oggi, e fin quando la storia non finirà, non ha preteso un solo euro da chi si è rivolto a lei.

In conclusione, aggiungiamo che la Cassazione ha annullato la sentenza di Appello che aveva cancellato quella di primo grado, rimandando tutta la documentazione ai giudici territoriali napoletani, ovviamente investendo dell’onere di produrre un nuovo verdetto una sezione diversa della corte rispetto a quella che si è pronunciata contro i lavoratori del comparto.

Come potrete leggere nell’ultima pagina del dispositivo della Suprema Corte, i giudici dell’Appello non avranno stavolta molto spazio creativo, visto che la sentenza di annullamento con rinvio contiene dei punti fermi, dei vincoli da cui i giudici napoletani non possono sfuggire e che nemmeno potranno eludere.

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