La Domenica di don Galeone: “Lo Spirito Santo non è il tappabuchi delle nostre miserie, non è il “deus ex machina” delle nostre impotenze; è la contestazione in radice della nostra libidine di potere, anche spirituale. Lo Spirito è l’antipotere…”

28 Maggio 2023 - 08:39

Domenica di Pentecoste (A)✶Solennità, 28 maggio 2023

Parliamo dello Spirito, meglio, allo Spirito

Pentecoste significa “cinquanta giorni”. Questa festa è di origine ebraica, e commemora la rivelazione di Dio a Mosè sul monte Sinai; ma è anche la festa del raccolto: è una delle tre feste di pellegrinaggio; gli ebrei la chiamano anche “Shavuot” (festa delle settimane), e viene celebrata nel mese di maggio-giugno; durante questa festa essi usano mangiare cibi a base di latte. Per noi cristiani, la Pentecoste viene celebrata dopo cinquanta giorni dalla Pasqua, e ricorda la discesa dello Spirito sugli apostoli nel cenacolo; oggi nasce la Chiesa, e l’episodio è stato commentato da tanti pittori e musicisti, scrittori e poeti; tra i tanti voglio qui ricordare Manzoni, che a questo evento ha dedicato forse il suo inno più bello. Parlare di Dio-Padre è difficile, ma qualcosa possiamo dirla, perché Gesù ce ne parla nel Vangelo; di Dio-Figlio è molto più facile, perché si è fatto uomo, è vissuto trenta anni in Palestina, le sue parole e azioni sono contenute nel Vangelo; di Dio-Spirito è quasi impossibile parlare, perché appunto è Spirito e noi siamo materia, è santo e noi siamo peccatori, è amore e noi siamo egoisti. Proviamo a parlare dello Spirito, ma con grande pudore: non si parla dello Spirito, come di un’inutile chiacchiera; si parla allo Spirito, come a una persona viva; soprattutto lo Spirito si prega, si adora, si ascolta! In silenzio!

Lo Spirito viene come un uragano e abbatte tutte le barriere. Lo Spirito fece cadere il tempio, la legge, e aprì la salvezza a tutti. Ma noi abbiamo nuovamente eretto i templi, le leggi, le sinagoghe, e lo Spirito deve di nuovo soffiare per restituirci l’ansia dell’universale salvezza, non quella astratta dei filosofi illuministi, ma quella concreta, che passa attraverso la partecipazione generosa e sofferta alla condizione umana. Altrimenti, anche l’universalità del Vangelo diventa un pretesto presuntuoso. Lo Spirito Santo non è il tappabuchi delle nostre miserie, non è il “deus ex machina” delle nostre impotenze; è la contestazione in radice della nostra libidine di potere, anche spirituale. Lo Spirito è l’antipotere, passa attraverso la croce del Signore: la croce va messa nella coscienza più che sugli scudi! È lo Spirito che ci ha donato il Crocifisso. Non dobbiamo allora legare lo Spirito a un partito politico, ad una cultura egemone, ad un gruppo di potere. Lo Spirito passa dall’altra parte, fuori dalle mura delle nostre teologie, può non entrare nelle nostre chiese, parla anche con la bocca dei lontani, suscita profeti che non hanno la nostra lingua o la nostra pelle o le nostre credenziali, che anzi puntano il dito contro di noi, diventati ormai gli archivisti dello Spirito. Pentecoste: una felice occasione per riflettere sullo Spirito, invisibile e necessario: “Senza lo Spirito, Dio è lontano, Gesù resta nel passato, il Vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, l’agire morale un agire da schiavi” (Atenagora). Buona vita!