Esplode il caso dei certificati di malattia, i medici ospedalieri e privati fanno i furbetti. Quelli di base casertani sono stufi e ricordano ai colleghi che stanno violando la legge

4 Marzo 2024 - 16:19

In calce all’articolo la breve nota giuntaci dai medici di base di Caserta.

CASERTA (g.g.) Quando capita che questo giornale incroci un documento che esprime una rivendicazione di una categoria professionale rispetto ad una condizione normativa non correttamente applicata, riusciamo ancora a stupirci del fatto – e sbagliamo, per quanto ne vediamo e ne scriviamo ogni giorno – che nel posto in cui abitiamo, la legge non esiste e purtroppo, il più delle volte, non esistono neppure le autorità, le istituzioni che dovrebbero farla rispettare, sanzionando i trasgressori e chi la viola.

Prendete questa cosa che pubblichiamo nel suo testo integrale in calce a questo breve articolo, redatta dai medici di base. Quando l’abbiamo letta la prima volta, stamattina, siamo incorsi nella nostra solita e oziosa interrogazione-esclamazione: “Ma è mai possibile?!”.

Sì, a quanto pare, è possibile. Non crediamo, infatti, che i medici di base siano tanto pazzi, o abbiano tempo da perdere per sbottare così come hanno fatto in questa breve nota. La legge, ovvero la più illustre sconosciuta di una provincia, che vive anarchicamente e con le regole (si fa per dire) del Far West (scriviamo per quello che sappiano, mentre non conosciamo la situazione degli altri luoghi della nostra regione, del Sud e del resto d’Italia), sancisce,

o meglio, sancirebbe sulla carta, che ogni medico, che sia esso dipendente, convenzionato, di pronto soccorso, libero professionista erogante prestazioni private, ha il dovere, il fatto non è, pardon, non sarebbe opzionale se la legge fosse un fatto serio qui da noi, bensì un dovere, di formulare la diagnosi e poi anche la prognosi.

Oltre ad essere un elemento di etica, di corretto rapporto tra erogatore di un servizio sanitario, pubblico o privato che sia, convenzionato o non convenzionato che sia, nei confronti del paziente (Ippocrate, questo sconosciuto…), la questione coinvolge uno che, a differenza di Ippocrate, è molto conosciuto: stiamo parlando del celeberrimo “Pantalone”, cioè la spesa pubblica che di questo Paese, di questo Sud, è la peggiore delle tare, delle malattie.

Un cittadino che ha sofferto o soffre ancora di una patologia o che è reduce da un intervento chirurgico, ha il diritto, nel caso sia un dipendente del settore pubblico o anche di un’azienda privata, di usufruire di un periodo di malattia, finanziato dall’Inps, previo rilascio di un certificato contenete una prognosi dettagliatamente argomentata, dettagliatamente motivata. Ciò vale anche per un cittadino che si è fatto refertare, ad esempio, in un pronto soccorso. E quando, per motivi tecnici, non è possibile rilasciare il certificato telematico, la certificazione va, o meglio andrebbe, se la legge fosse una cosa seria qui da noi (e sono tre) resa in forma cartacea.

Se oggi i medici di base della provincia di Caserta insorgono con questo documento, è perché, salvo che in rari casi, la patata bollente della prognosi viene passata a loro dagli ospedali, dalle cliniche, dai centri convenzionati e non convenzionati, dai pronto soccorso, ecc., i quali ti fanno solamente una diagnosi, ti rilasciano un foglietto, o al massimo un foglio di dimissioni, in cui magari scrivono anche una prognosi, che agli effetti di legge conta meno di zero, perché quel foglietto non costituisce il certificato di malattia che avrebbero, invece, il dovere di redigere. I medici ospedalieri dicono che sono pieni di lavoro e questo costituirebbe, chissà perché poi, un ulteriore aggravio dei loro compiti. I privati, non tutti, ovviamente esistono delle eccezioni, fanno i furbetti, perché magari, rilasciando la certificazione della prognosi, l’Inps “se li manda a chiamare” e gli chiede di dimostrare, in contraddittorio con un altro specialista o con una commissione che rappresentano in quel momento l’Istituto nazionale di previdenza sociale, perché ha scritto sul certificato 30, 40 o 50 giorni, con il rischio ed il pericolo accessorio poi, di essere monitorato, ricevendo magari anche la visita della Guardia di Finanza, che andrebbe a ficcare il naso in modo da capire, quante fatture vengano realmente rilasciate, su un numero ics di visite.

Quando il cittadino-paziente-convalescente va dal medico di base, gli chiede semplicemente di confermare quello che lo specialista gli ha scritto su un foglietto, quello che lo specialista non ha voluto certificare. Ma la maggior parte dei cittadini non conosce la legge e non sa che quello specialista, quel medico ospedaliero, quell’altro medico al pronto soccorso, gli ha rifilato il foglietto, ma in realtà, il certificato di malattia non gliel’ha voluto rilasciare, approfittando della sua ignoranza in materia.

Ne nascono dei conflitti, a volte anche molto duri, aspri che, in qualche circostanza, sfociano anche in liti. Della serie: “Mac ome, lo specialista ha detto che devo stare 40 giorni a riposo, e tu, che sei solo un medico di base, dici che non è così?”

Ora, stando a questo documento, i medici mutualisti si sono stancati e mettono nero su bianco una situazione che però dovrebbe essere fortemente perorata, prima di tutto al cospetto degli erogatori del Servizi sanitario regionale e nazionale, ossia Asl e Aziende ospedaliere che prendono fior di quattrini per curare i pazienti e non gli rilasciano neppure un certificato di malattia e poi, per quel che riguarda gli specialisti privati, magari anche all’autorità giudiziaria, in modo da far capire loro che, quando un paziente gli chiede di erogare una prognosi, questa non va messa solo su un inutile foglietto, ma deve essere corpo e sostanza di un certificato da trasferire all’Inps.