Il CORONAVIRUS alza la testa: oggi 21 casi in CAMPANIA. De Luca, ora come a marzo e ad aprile, legato alla dea della “ciorta”. Rimaniamo maglia nera dei tamponi

25 Luglio 2020 - 18:58

Il governatore ha potuto tenere in piedi l’avanspettacolo della sua narrazione grazie ad un volume di contagio ben diverso rispetto a quello registratosi nelle regioni a speculare cifra demografica. Ma se la situazione precipita, l’organizzazione della prevenzione è la peggiore dell’intero stivale

 

CASERTA(Gianluigi Guarino) Abbiamo smesso da un pezzo di esprimere il nostro punto di vista su come sia stata gestita, fino ad oggi, dalla Regione Campania, l’emergenza covid. C’eravamo anche stufati di dire sempre le stesse cose e di constatare che la superficialità della gente non consentiva l’attuazione di un vero confronto delle opinioni, il cui segno era, allora, com’è ancora oggi, determinato esclusivamente dalle battute, dalle gag del presidente della Regione che servono per strappare una risata, non certo per affrontare e neanche per illustrare in maniera seria lo stato delle cose.

Dunque, nell’ultimo mese e mezzo, ci siamo limitati a fornire un’informazione nuda e cruda, ancorchè dettagliata grazie alla cognizione di causa e all’esperienza che ci siamo fatti nei lunghi mesi del lockdown in cui abbiamo espresso uno sforzo enorme, pubblicando dai 15 ai 20 articoli al giorno, dei quali due fissi nella rubrica microscopio coronavirus.

Oggi ritorniamo a scrivere qualcosa perchè non si può non ragionare un attimo su questa fiammata del virus che, attenzione, in Campania, non si configura come un semplice focolaio, visto che i 21 casi positivi, registrati nel report di oggi, si sono verificati, in questa dimensione, in questa misura, solo nelle giornate più intense della fase critica.

Scriviamo perchè bisogna sottolineare (poi i campani continuino pure ad andare appresso alla muscolarità dialettica di un governatore ormai totalmente dentro al suo personaggio teatral-cinematografico, noi, scrivendo, avremo comunque fatto il nostro dovere) che tutto sommato non è cambiato nulla nella situazione di oggi rispetto a quella dei mesi di marzo, aprile e maggio. Nel senso che allora il destino della Campania dipendeva dalla fortuna o, in onore dei luoghi in cui viviamo, della “ciorta” e non certo da un’organizzazione della prevenzione, strutturata solo nelle chiacchiere del governatore, e oggi, con la ripresa delle positività, è esattamente lo stesso.

De Luca non può far niente per i suoi corregionali e non può far niente nemmeno per se stesso. Oggi come allora, infatti, deve pregare che le cose si aggiustino da sè, grazie alla strutturalità che resta quella di una variabile indipendente, del volume del contagio. Oggi come allora, la Campania continua ad essere maglia nera in Italia per numero di tamponi processati e per numero di persone che vi si sono sottoposte o che comunque hanno effettuato i cosiddetti test rapidi, i quali, ripetiamo per l’ennesima volta, di certo esprimono solo l’allarme, l’effetto spia di una situazione che a quel punto, constatata la presenza dei due arcinoti anticorpi, necessita assolutamente di essere affrontata sottoponendosi al tampone.

Basta guardare le cifre quotidiane. Attenzione, quando il governatore si accorse che si era arrivati al livello zero di contagio, smantellò quel poco di disorganizzato che pur aveva messo in piedi. Per cui, se al tempo, almeno venivano indicati, giorno per giorno, gli ospedali e le strutture in cui i positivi erano stati rilevati, oggi neppure quello si sa.

Men che meno si conosce il numero di persone singole che al tampone si sono sottoposte, c’è solo un numero che emerge: quello dei tamponi processati, tra i quali, com’è noto, ci sono sia quelli riguardanti persone alla loro prima analisi, sia quello degli individui arrivati al secondo o terzo test di verifica.

Insomma, il solito disastro che non cambierà però le cose visto che la valutazione del popolo rimarrà superficiale, perchè così, noi campani, ci siamo mostrati in tutti questi mesi. Possa finalmente aprire gli occhi “infilati di prosciutto” e incapaci di porre finalmente qualche domanda precisa al governatore senza concedergli la possibilità di svicolare, di evitare di rispondere, “buttandola a barzelletta“.